Bordertown è una serie tv finlandese di grande qualità, creata nel 2016 da Miikko Oikkonen e giunta alla terza e ultima stagione, disponibile dalla seconda metà di maggio su Netflix. Ambientata a Lappeenranta, città situata tra fitti boschi e circondata da laghi a circa 200 chilometri dal confine con la Russia, la storia ruota intorno a Kari Sorjonen, un ispettore di polizia con una innata abilità a risolvere complicati casi giudiziari, che per stare più vicino alla sua famiglia decide di trasferirsi in questo piccolo centro di provincia, sperando così di dover lavorare di meno. Speranza vana, perché dopo il suo arrivo Lappeenranta diventa lo scenario di intricati casi giudiziari.



L’Unità che Sorjonen dirige si chiama “squadra per l’analisi del crimine violento”. Il suo metodo è lo stesso di quello usato sin dall’antichità dai romani ed è quello che comunemente si chiama “la casa della memoria”, un modello di ricostruzione e di memorizzazione degli eventi che consente al cervello di individuare autonomamente quei piccoli dettagli che collegano tra di loro fatti apparentemente diversi. È la stessa tecnica usata da Sherlock Holmes, ma il nostro poliziotto finlandese lo fa decisamente in modo più curioso, aiutandosi con strani movimenti del corpo che risultano spesso ridicoli, ma sicuramente efficaci.



La storia corre a due velocità. I casi giudiziari in genere sono risolti nell’arco di due episodi, mentre la vita dei protagonisti e in particolare quella della piccola famiglia di Kari e quella della squadra di polizia seguono i tempi di una normale serie tv. È proprio il contrasto tra l’adrenalina sprigionata dalle storie poliziesche e il lento trascorrere della vita in un posto freddo e sperduto dell’Europa del Nord la chiave del successo del racconto.

Colpisce decisamente, a dire il vero, il numero di crimini che la locale stazione di polizia di Lappeenranta deve affrontare. Per renderli più credibili, infatti, gli autori hanno dovuto fare ricorso alla vicina  Russia ed importare da lì un bel po’ di criminalità. Operazione decisamente semplice, se immaginiamo come per la mafia russa la vicina Finlandia può essere un comodo posto per riciclare o trovare rifugio.



La vita famigliare di Kari Sorjonen, interpretato dall’attore finlandese Ville Virtanen, non trova nella piccola cittadina l’equilibrio sperato. La moglie Pauliina, ritrovati vecchi amici e un nuovo lavoro, è minacciata dal ricomparire del tumore da cui pensava di essere guarita. Ancora più insofferente verso il padre l’adolescente Janina, personaggio che interpreta bene il malessere dei giovani del nord Europa, asfissiati dall’abbondanza di beni e opportunità, ma affetti dal male delle “zero motivazioni”.

È proprio quest’atmosfera ovattata che rende – se possibile – il racconto di crimini efferati a sfondo psicologico molto credibile. La condizione umana è così rarefatta, l’organizzazione sociale così perfetta, l’area del bisogno e della marginalità così inesistente, che il crimine in questo contesto rischia quasi sempre di apparire come una delle via d’uscita – quella più violenta – dalla tristezza dei luoghi e dalla loro monotonia.

La passione dei nordici per le storie criminali ancora una volta si conferma dopo la visione di Bordertown. Sembra essere il modo per cercare una qualche imperfezione in una società che in fin dei conti si considera perfetta. In un’epoca in cui noi europei ci stiamo dividendo tra Paesi “virtuosi” e “spendaccioni” anche una serie tv può essere un utile spunto di riflessione per capirsi meglio e prendere atto che i “punti deboli” possono essere diversi ma esistono sempre.