BORGNA E L’INSEGNAMENTO DELLA MITEZZA “È CONTAGIOSA”

L’ultimo saggio dello psichiatra e scrittore Eugenio Borgna insegna l’esatto opposto dei tempi odierni secolarizzati: la mitezza e non l’arroganza, la pacatezza e non la violenza, sono i veri “timbri” di una società che può ancora redimersi e salvarsi. Il tutto grazie ai classici letterari e canonici, da Dostoevskij fino ai Vangeli del Signore: «Beati i miti, perché la mitezza è la stella del mattino», racconta Borgna nella lunga intervista al “Corriere della Sera” presentando il suo ultimo volume “Mitezza”. «Il mondo in cui viviamo tende ad essere contrassegnato dalla violenza e dall’arroganza, dall’indifferenza e dalla mancanza di gentilezza e di tenerezza, che non consentono di ascoltare e di partecipare al dolore e alla sofferenza delle persone che la vita ci fa incontrare. Ma non solo: anche quando la violenza e l’arroganza ci sono estranee, grande è la tentazione di isolarci, di allontanarci dagli altri», è il monito lanciato dal decano delle psichiatria italiana.



La mitezza è invece l’esatto contrario di questa “diffidenza” che sconfina spesso nell’indifferenza: «La mitezza è una dote che ho conosciuto nella sua luce interiore, quando mi sono incontrato con la sofferenza psichica, con la follia come sorella infelice della poesia, ma la mitezza è contagiosa, se incontriamo persone miti, qualcosa cambia nel nostro cuore, e lo diveniamo, almeno in parte, anche noi». La mitezza non solo può essere osservata ma anche insegnata e in questo la scuola torna ad essere centrale nella vita della società: «La scuola ha una grande importanza nell’insegnare cosa sia la mitezza, e come la si possa riconoscere nella sua fragilità. La poesia ci aiuta a coglierne la presenza nella sua dimensione psicologica e umana, e anche qualche film, nel mio libro si parla di un bellissimo film di un grande regista francese, Robert Bresson, che si ispira ad uno splendido racconto di Dostoevskij: “La mite».



EUGENIO BORGNA: “DAI VANGELI A DOSTOEVSKIJ, ESEMPI DI MITEZZA”

È proprio il geniale romanziere russo a rappresentare uno degli esempi principi nella letteratura sul concetto incarnato di “mitezza”: spiega Borgna nel suo volume come il personaggio di Alëša Karamazov è forse l’esempio massimo di mitezza nella storia letteraria mondiale, non a caso a sua volta tra i principali personaggi dostoevskiani creati “ad immagine del Cristo”. «Leggendo il grande romanzo di Dostoevskij, I fratelli Karamazov, si conosce quella che è la mitezza nella sua umanità e nella sua leggerezza, nella sua delicatezza, vorrei ripeterlo e nella sua freschezza, nella sua indicibile capacità di perdonare», spiega Borgna al “Corriere”.



La persona mite, racconta ancora lo psichiatra, è chi sa tollerare le aggressioni, chi le dimentica, chi sa anche conciliare le dissonanze che di norma tengono lontane le persone: «La mitezza di una persona, giovane, o anziana, si riconosce immediatamente, basta un sorriso, e basta uno sguardo, il modo di salutare, e il modo di stringere la mano. Una atmosfera, anche familiare, di tensione, si allenta, e si illumina, nel momento in cui entra una persona mite». Da Dostoevskij ai Vangeli, gli esempi di mitezza dal passato riescono a “spiegare” e introdurre il presente: come si legge nel Nuovo Testamento, citato da Borgna nel suo saggio “Mitezza”, sono beati proprio i «miti, perché la mitezza è la stella del mattino». Come poi ha scritto Sant’Agostino – citato anch’esso nel volume di Eugenio Borgna – la speranza è «la memoria del futuro, non dimentica le cose passate, ma le apre al futuro. La persona mite non conosce la disperazione, perché è sempre accompagnata dalla speranza, che le consente di guardare alla vita nei suoi momenti felici, ma anche in quelli infelici».