Sta facendo parecchio discutere l’ordinanza firmata dal sindaco di Borgosesia contro gli “spioni”: il leghista Paolo Tiramani è sceso in campo contro i delatori, previste multe a chi segnala assembramenti. Un provvedimento nato a causa delle numerose segnalazioni che «fanno perdere tempo al corpo di Polizia municipale»: in base all’articolo 658 del Codice Penale, il finto delatore rischia una multa che va dai 10 ai 516 euro. Ma non solo: il deputato del Carroccio ha tirato una frecciatina anche al Governo, reo di aver voluto un «degrado culturale» attraverso il comma del Dpcm che darebbe il via libera a vendette private, che nulla hanno a che fare con la sanità pubblica. Intervenuto ai microfoni di Radio Radicale, il primo cittadino di Borgosesia ha spiegato: «In queste settimane abbiamo avuto decine di segnalazioni presso il corpo di Polizia municipale circa presunti assembramenti, tutte segnalazioni per cui le forze dell’ordine hanno evaso in tempi record, però aggravando le proprie tempistiche e dovendo impiegando personale».



BORGOSESIA, ORDINANZA CONTRO GLI “SPIONI”: “PROCEDEREMO PER PROCURATO ALLARME”

Nel corso dell’intervista rilasciata oggi a Radio Radicale, il sindaco di Borgosesia ha tenuto a precisare «La quasi totalità di queste segnalazioni si sono rivelate infondate, questo sdogana un concetto in questo Dpcm chiaro a tutti: il Governo ha autorizzato i delatori professionisti, i finti spioni, che per beghe di vicinato o per altre problematiche cercano di appesantire quello che è il funzionamento della macchina comunale». Le forze dell’ordine andranno a fare le verifiche del caso, ma sono previste delle sanzioni da non sottovalutare: «Se questa segnalazione si rivelerà infondata, procederemo d’ufficio con una multa per procurato allarme». Il concetto è chiaro, ha concluso Tiramani: «Devo garantire ordine e rispetto del prossimo, ma non posso permettermi di impiegare personale per correre dietro alle delazioni dei cittadini».

Leggi anche

DIARIO ARGENTINA/ Le promesse e le crisi che accomunano Milei e MeloniAUTONOMIA/ Sì al regionalismo, ma solo se solidale e non competitivo