Boris Spassky, leggenda dell’Unione Sovietica degli scacchi, è morto nella giornata di ieri. Aveva 88 anni e il suo incontro con l’americano Bobby Fischer nel 1972, in piena Guerra Fredda, divenne uno dei simboli di quel conflitto mai consumatosi fra le due potenze, gli Stati Uniti da una parte e appunto la Russia e tutte le sue nazioni satellite, dall’altra.
Boris Spassky è morto ieri in quel di Mosca, così come riferito da numerosi media internazionali, e la sua dipartita è stata annunciata dalla Federazione Scacchistica Internazionale, senza però fornire la causa del suo decesso: non si sa quindi se l’ex scacchista sia morto per una malattia, di vecchiaia o altro. Attraverso la sua pagina social via X.com, la federazione di scacchi ha definito Boris Spassky uno “dei più grandi giocatori di tutti i tempi”, un giocatore che ha “lasciato un segno indelebile nel gioco”.
BORIS SPASSKY È MORTO: LA SFIDA DEL SECOLO E LO CHOC PER L’URSS
Quel match del 1972, trasmesso anche in diretta televisiva, divenne un evento sensazionale e fu definito, visto il clima di tensione che faceva da scenografia “il match del secolo”. Quella partita venne vinta dall’americano Fischer in quel di Reykjavik, in Islanda, permettendo così agli Stati Uniti di ottenere il primo titolo della sua storia nel campo degli scacchi, e rappresentò un duro colpo per l’Unione Sovietica, una sconfitta dolorosissima che rimase indelebile, anche se Fischer alla fine si rifiutò di difendere il titolo dopo la vittoria su Spassky.
“Non ha mai disdegnato l’amicizia e il mentoring con la generazione successiva, soprattutto con coloro di noi che, come lui, non si adattavano comodamente alla macchina sovietica”, è stato invece il commento di un’altra star degli scacchi come Garry Kasparov, sempre via X.com.
BORIS SPASSKY È MORTO: COSA ACCADDE DOPO LA SFIDA DEL SECOLO
Per la federazione il match Spassky-Fischer è stata “una delle partite più iconiche” nella storia del gioco, mentre il grande maestro jugoslavo Svetozar Gligoric ha spiegato che il segreto di Spassky “risiedeva nella sua colossale abilità nell’adattarsi ai diversi stili dei suoi avversari”, così come riferito dal Washington Post. Sempre la federazione ha aggiunto che Spassky è stato “il primo giocatore veramente universale” che “non era uno specialista delle aperture, ma eccelleva nelle posizioni complesse e dinamiche del mediogioco”.
Quando si tenne nel 1972 la partita del secolo l’Unione Sovietica era la leader incontrastata negli scacchi a livello mondiale, tenendo conto che era detentrice da decenni del titolo, ma Fischer ebbe la meglio e quando Spassky tornò in patria venne accolto in maniera molto fredda dalla sua patria, che lo considerò una delusione nazionale. Di fatto quella sconfitta segnò una grave crisi nella vita dello scacchista, visto che l’Unione Sovietica gli impedì di lasciare il Paese e il suo secondo matrimonio andò a rotoli. Nel 1982 riuscì comunque ad emigrare in Francia, ottenendo anche la cittadinanza francese.