«Gli europei devono essere pronti a pagare un prezzo per sostenere l’Ucraina e mantenere l’unità». A lanciare l’avvertimento è Josep Borrell, capo della diplomazia europea. Reduce da un summit in Cambogia, durante una tappa in Spagna ha parlato a El Pais di Ucraina, Taiwan e Medio Oriente, i tre temi caldi dal punto di vista geopolitico. «Nessuno sa cosa farà Putin, ma la cosa più razionale da fare è prepararsi al peggio. Se vuole usare l’energia come arma, non aspetterà che noi riforniamo le nostre scorte in inverno», ha dichiarato in vista dell’autunno e del rischio che la Russia chiuda i rubinetti del gas. Riguardo le elezioni politiche in Italia e la posizione dell’Ungheria, sempre in chiave russa, ha chiarito: «Putin pensa che le democrazie siano sistemi vulnerabili perché hanno opinioni pubbliche che possono essere espresse. Non è questo il caso della Russia. Se, inoltre, in qualsiasi Paese si verificheranno cambiamenti politici che faranno pendere i futuri governi dalla sua parte, tanto meglio per lui».



Sollecitato però sulla crisi di governo italiana, Josep Borrell riconosce che quello caduto era un governo «guidato da qualcuno con forti credenziali pro-europee e un forte impegno nella difesa dell’Ucraina». Il rischio, dunque, per l’Italia è passare ad un leader che non abbia la stessa posizione. «Ma per il momento l’unità c’è. Non ho mai visto l’UE così unita. Sì, con dei punti deboli, ma non significativi: l’Ungheria è stata esclusa dal patto di riduzione degli acquisti di energia, ma rappresenta solo il 6% delle importazioni europee». Quel che bisogna fare per Josep Borrell, è spiegare ai cittadini che in Ucraina c’è una guerra che ci riguarda. «La posta in gioco è alta: i cittadini devono essere pronti a pagare un prezzo per mantenere il sostegno all’Ucraina e all’unità dell’UE. Siamo in guerra (..), ci riguarda direttamente, anche se i nostri soldati non muoiono».



LA GUERRA IN UCRAINA E GLI EFFETTI

L’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza nell’intervista a El Pais ha affrontato anche il delicato tema della possibile recessione in Germania: «Le nostre economie sono strettamente interconnesse. Se la Germania si comporta male, ci saranno problemi per tutti noi». Ma anziché preoccuparci dei rischi, per Josep Borrell dovremo concentrarci sulle soluzioni. A tal proposito, fa l’esempio della Spagna: «Ha presentato il suo piano di risparmio energetico, come dovrebbero fare tutti i governi». Tornando alla guerra in Ucraina, preferisce non soffermarsi sul concetto di vittoria e sconfitta: «So solo che dobbiamo aiutare. Se la Russia vincerà questa guerra e occuperà parte del territorio ucraino, noi europei avremo perso e dovremo affrontare una minaccia molto più grande». Quando gli è stato chiesto se questa non sia una guerra per procura, Borrell ha replicato: «Tutte le guerre finiscono con un negoziato. Prima arriva, meglio è. Il fatto che aiutiamo l’Ucraina militarmente non significa che non facciamo il possibile per negoziare. Ma purtroppo possiamo fare poco: Putin non vuole fermarsi. Il nostro obiettivo è che quando arriva il momento di negoziare, l’Ucraina arrivi nelle migliori condizioni possibili. E questo significa difendere il proprio territorio». Il fatto che però nessuna delle due parti mostri la capacità di imporsi sull’altra, sembra prefigurare il rischio di un conflitto cronico. Il diplomatico europeo ne è pienamente consapevole: «Noi europei dobbiamo essere pronti ad affrontare un conflitto a lungo termine, cercando soluzioni politiche. Quando qualcuno mi dice di smettere di aiutare l’Ucraina perché accorcerebbe la durata della guerra, la mia domanda immediata è se non ci interessa come finirà la guerra».



DA TAIWAN AL MEDIO ORIENTE

C’è poi la questione Taiwan, altrettanto importante. Fa ancora discutere la visita di Nancy Pelosi, considerata “scomoda” negli Stati Uniti. «La reazione della Cina è stata sproporzionata», il giudice di Josep Borrell, il quale a El Pais spiega di aver sentito dall’amministrazione Biden che la visita è stata un’iniziativa individuale di un politico che non rappresenta l’esecutivo. In ogni caso, non rappresenta un errore: «Non c’è nulla di nuovo nell’atteggiamento cinese di volere la riunificazione con Taiwan. L’importante è che ciò avvenga in modo pacifico, che questi momenti di tensione non sfocino in un incidente indesiderato che potrebbe scatenare un conflitto maggiore». Anzi, Borrell auspica collaborazione tra Usa e Cina. «I problemi globali non possono essere risolti senza la cooperazione delle due grandi potenze. Perché senza di loro, problemi come il cambiamento climatico non possono essere risolti. Ecco perché è una pessima notizia che la Cina si sia già ritirata dal tavolo dei negoziati sul clima». Si arriva al Medio Oriente. L’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza ha affrontato anche il tema del conflitto di Gaza: «Risolvere la situazione delle persone intrappolate nella prigione a cielo aperto che è Gaza non è nelle mani dell’UE. È una situazione scandalosa, una vergogna, ma non è nelle nostre mani risolverla». Deve essere la comunità internazionale a cercare una soluzione secondo Borrell, secondo cui non può esserci senza un impegno forte degli Stati Uniti.