Liquidità. L’elemento di cui i mercati internazionali – sia azionari che obbligazionari – sono alla ricerca è proprio la liquidità. Un fattore che, in altri tempi non troppo lontani, appariva come in possesso di tutti e al servizio di tutto: grazie a questa disponibilità si è provveduto (prevalentemente) a operazioni di buyback societari (vedasi i mercati Usa), mentre nel Vecchio continente l’erogazione è stata finalizzata privilegiandone l’impiego al contesto finanziario piuttosto che all’investimento nella cosiddetta economia reale. E per il bisogno di liquidità, a tale mancanza, stanno sopperendo le principali banche centrali: come noi stessi abbiamo auspicato, sia Fed che Bce hanno reintrodotto e rafforzato la precedenti forme di finanziamento che hanno contraddistinto i momenti meno favorevoli. Ampliamento del Quantitative easing, revisione di Tltro, Repo sono i principali strumenti adottati nel corso di queste ultime settimane. Un atto dovuto poiché, per il mercato, tali mezzi rappresentano delle vere e proprie rassicurazioni istituzionali della presenza, ed intenzione, nel voler salvaguardare il sistema.
È però presente una nota dolente: sembra che tutto questo possa non bastare. Nonostante alcuni acquisti accennati nell’intraday – probabilmente dettati da ricoperture (in Italia sono state sospese le operazioni al ribasso) – nell’arco della settimana trascorsa si è potuto assistere al perdurare dell’elevata volatilità e al persistere di timori in ottica di breve termine: l’indice Vix ha registrato nuovi massimi di periodo (85,47 punti) e si è riportato pericolosamente in prossimità dei massimi registrati ad ottobre 2008 (89,53 punti).
Se la mancanza di liquidità troverà il proprio soddisfacimento nel corso dei prossimi mesi, quello che invece nel brevissimo periodo, e nel quotidiano, viene a mancare, è l’ormai rarefatta fiducia del mercato rispetto alle prospettive economiche: il Covid-19, oltre ad avere un significativo impatto sulla salute della popolazione mondiale, sta compromettendo tutte le precedenti stime elaborate dai principali enti sovrannazionali e istituti di ricerca. Oggi, i mercati finanziari, navigano a vista poiché in balia di prossime pubblicazioni con dati che – al momento – non possono essere minimamente preventivati poiché oggetto di potenziali aggiustamenti dell’ultima ora.
La scarsa liquidità (soprattutto se destinata a operazioni di acquisto) e la sfiducia generalizzata sono i motivi che giustificano i frequenti forti ribassi o rialzi che hanno caratterizzato le aperture quotidiane come, nel corso della stessa giornata, il repentino capitolare in chiusura di seduta al pari di quanto accaduto venerdì sui mercati azionari statunitensi: il principale indice Usa – S&P 500 – ha concluso la propria settimana poco sopra quota 2.300 punti facendo registrare un minimo giornaliero a 2.295,56 ovvero non molto distante dal precedente (mercoledì) in corrispondenza di quota 2.280,52 punti.
L’aver violato – ben due volte nell’arco della stessa ottava – l’importante supporto statico 2.346,58 (minimo dicembre 2018) potrebbe far ipotizzare un più accentuato ritracciamento con primo obiettivo in area 2.134,72 nel brevissimo termine e quotazioni al di sotto di soglia 2.000 punti nel breve periodo.
Abbiamo soffermato la nostra attenzione ai livelli di prezzo del mercato azionario Usa poiché direttamente correlato (essendo parte prevalente) del benchmark equity internazionale da noi identificato attraverso il MSCI World Usd: come prospettato, la soglia individuata a 1.670,54 punti è stata raggiunta quale conseguenza all’avvenuta violazione di quota 1.760,17. L’attuale livello raggiunto rappresenta un buon ingresso sul mercato azionario sempre in ottica di accumulo come già indicato in precedenza. Per la componente Emerging Market il giudizio è hold per quanto finora acquistato senza ulteriori posizionamenti nell’arco delle prossime sedute.
Anche il versante obbligazionario internazionale (rif. JPM GBI Usd) ha prima violato il proprio target ribassista mensile di II livello per successivamente riportarsi oltre area 564 punti. Il ritorno verso quota 569,45 (I livello ribassista mensile) rafforzerebbe l’intero quadro tecnico con ulteriori possibili sviluppi in chiave rialzista. Attenzione a un ritorno in prossimità di soglia 558,64: la sua violazione riporterebbe l’indice a 552,78 punti. L’asset class Emerging Market Bond (rif. JPM EMBI+TR Usd) – al momento – non è oggetto di possibile posizionamento.
Sul fronte delle materie prime, attualmente, la nostra osservazione si limita al monitoraggio (in chiave rialzista) di due singoli sottostanti: gas naturale (come già indicato) e in ottica di trading di brevissimo periodo all’heating oil qualora i prezzi tornassero in prossimità di area 85 (price entry a 84,84 e take profit a 90,12).
Sul forex si evidenzia un potenziale upside sul cross Usd/Jpy: il superamento di area 111,625 agevolerebbe un veloce movimento rialzista con target a ridosso della soglia psicologica 112,50. Prima di tale livello di prezzo – è plausibile – un arresto dei corsi in prossimità di quota 112,185.
Come motivato in precedenza, e al fine di poter ottimizzare la matrice rischio (VaR) e potenziale rendimento (Expected Return) di portafoglio, anche per questa sessione settimanale privilegiamo i primari benchmark equity/bond rispetto ai singoli indici borsistici. La potenziale introduzione di alcune commodities e di una marginale quota valutaria sono invece componenti satellite e pertanto oggetto di sottoesposizione nell’intero asset patrimoniale. La maggior sovraesposizione è invece rappresentata dal verosimile “asset intangibile” cash ovvero la componente di cui il mercato è carente.
La liquidità è tutto: con essa avremo sempre tempo per comprare, mentre, senza di essa, saremo obbligati a vendere e, talvolta, con rilevanti perdite.