Il grafico a elementi mensili dell’indice Ftse Mib (ciascuna barra/candela del grafico rappresenta l’andamento dell’intero mese) mostra che marzo ha fatto registrare la chiusura più alta dal settembre del 2008. Negli ultimi 12 anni circa l’indice si è mosso seguendo un percorso sostanzialmente laterale, delimitato inferiormente dai minimi del 2009 e del 2012, collocati in area 12.300 e superiormente dai massimi dell’ottobre 2009 a 24.558 punti, resistenza già messa alla prova a maggio 2018 e a febbraio 2020 (in quella occasione i prezzi si erano spinti nel corso del mese fino a 25.483 punti ma la chiusura mensile era stata registrata molto più in basso, a 21.984 punti).



Se il Ftse Mib troverà la giusta motivazione per lasciarsi alle spalle area 24.550 per più di qualche seduta, quindi con una rottura consolidata e non solo episodica, sarà possibile iniziare a parlare di una fuoriuscita dalla precedente lunga fase laterale, un evento che si potrebbe definire quasi epocale.

Il massimo di ottobre 2009 coincide con il 38,2% di ritracciamento del ribasso dal picco del 2007, una percentuale ricavata dalla successione di Fibonacci. Senza entrare troppo nel tecnico, basta ricordare che molto spesso, al superamento di uno di questi gradini della successione di Fibonacci, i prezzi tendono a muoversi verso il livello successivo, in questo caso il 50% di ritracciamento posto in area 28.400 circa. Prudentemente, ricordando il falso segnale di rottura della resistenza inviato a febbraio 2020, sarà opportuno attendere almeno una chiusura di settimana superiore ai 24.550 punti prima di dichiarare aperta la caccia ad area 28.400, ma il mercato questa volta sembra crederci. Meglio quindi non farsi trovare impreparati nel caso il segnale rialzista trovasse effettivamente conferma.



Solo discese al di sotto di area 23.000 farebbero temere che quanto di buono fatto vedere nelle ultime sedute non sia un serio tentativo di interrompere la precedente lunghissima fase laterale, ma una nuova ennesima falsa partenza.

Ma come mai la Borsa si sta decidendo proprio adesso a lanciare il cuore oltre l’ostacolo e a iniziare una nuova fase di mercato rialzista dopo tanti anni di lateralità? E’ credibile l’ipotesi che i mercati vedano nella crisi del Covid-19 anche una opportunità di cambiamento per l’Italia?

Nel rapporto periodico sull’Italia curato dal Fondo monetario internazionale si trovano alcune motivazioni ragionevoli per l’attuale sentiment rialzista della Borsa. Innanzitutto il Fondo monetario internazionale ha promosso la risposta data alla pandemia dall’Italia: “È stata generalmente efficace nell’attenuare l’impatto della crisi sanitaria sulla popolazione e sull’economia”. Inoltre, la “tempestiva e decisa risposta delle autorità ha aiutato a fare da scudo”. E’ vero che dopo le lodi arriva anche un monito: “il ritmo delle vaccinazioni deve essere accelerato e le misure di sostegno vanno gradualmente ridotte, man mano che l’emergenza recede e la ripresa economica si consolida”, ma il governo sembra decisamente sul pezzo, intenzionato a rispettare il raggiungimento dell’obiettivo delle 500mila vaccinazioni giornaliere entro breve.



La priorità, del resto, anche per il Fmi è al momento “che il sistema sanitario e il programma di vaccinazione siano adeguatamente finanziati”. Certo, parlare di una riduzione delle misure di sostegno appare prematuro: adesso che la seconda ondata ha colpito (e quasi affondato) l’Italia, il governo ha prodotto delle nuove stime che vedono il Pil in crescita del 4,1% nel 2021 (a settembre era atteso al +6%) e del 4,3% nel 2022 (dopo il calo dell’8,9% del 2020, quindi nel biennio 2021-2022 non verrà nemmeno recuperato per intero quanto perso nel 2020).

C’è da dire che le ipotesi fatte per il 2021 ancora non includono gli effetti del nuovo scostamento di bilancio che il governo vorrebbe annunciare il prossimo mese, quindi gli obiettivi di crescita potrebbero salire un poco rispetto a quelli fissati al momento, ma in ogni caso l’economia resta in netta sofferenza se paragonata alla situazione pre-Covid. Che sia necessario tagliare gli interventi di sostegno il prima possibile lo dice comunque non solo il Fmi, ma anche il buon senso: nel 2021 il disavanzo salirà in vista del 10% del Pil dal 9,5% del 2020, più in alto della più recente stima ufficiale disponibile che era ferma all’8,8%. A causa dell’aumento del deficit, anche il rapporto debito/Pil è destinato a crescere dal 155,6% di fine 2020.

Il Fmi auspica che il recupero successivo all’uscita dalla fase di emergenza dovrebbe venire accompagnato “da un piano credibile per ancorare una significativa, anche se graduale, riduzione del debito, una volta che la ripresa si sia consolidata”. A questo scopo saranno necessarie riforme sia sul piano dell’economia sia sul sistema di imposizione fiscale. Le conclusioni preliminari del rapporto sull’Italia, che rappresentano la sintesi della missione periodica dell’Fmi nel Paese, anticipano comunque che gli sforzi del governo dovranno prolungarsi anche dopo il termine dell’emergenza per costruire “un’economia più verde, intelligente ed equa”.

A questo scopo sarà necessario che le banche, anche a fronte di una riduzione delle misure di sostegno, possano mantenere il flusso di credito alle imprese con buone prospettive per sostenere la ripresa. Purtroppo “molte imprese potrebbero dover far fronte a un eccesso di debito” e quindi essere costrette “a chiudere, causando un aumento della disoccupazione se i ricollocamenti e la nascita di nuove imprese sarà lenta”.

Il Fmi avverte anche che la velocità della ripresa dipenderà dall’utilizzo efficiente delle risorse del Next Generation Eu. Il Fondo si sbilancia anche facendo delle previsioni sul Pil: “Supponendo che il programma di vaccinazione sia in stato avanzato entro la fine dell’estate e che il sostegno economico ai più colpiti sia mantenuto per tutta la durata della crisi sanitaria, il Pil potrebbe crescere di circa il 4,25% nel 2021, con un inizio debole seguito da un’accelerazione nell’ultima parte dell’anno”.

Le previsioni precedenti, fatte a gennaio, prospettavano una crescita nel 2021 del 3%, le nuove stime quindi sono più simili a quelle di Banca d’Italia e della Commissione europea, prossime al 4% di crescita del Pil per l’anno in corso. Il Fmi sottolinea comunque che lo scenario resta “incerto” dal momento che “le prospettive dell’economia italiana sono legate all’andamento della pandemia e delle politiche di sostegno”. Un rischio aggiuntivo per l’Italia, fortemente indebitata, è che l’aumento dei rendimenti sul debito Usa, un fenomeno già evidente in queste ultime settimane, contagi anche i rendimenti sui bond europei, nonostante il livello di inflazione rimanga in Europa più bassa che negli Usa.

Grande attenzione dovrà essere dedicata quindi anche all’andamento dei bond italiani. Il future sul Btp decennale è andato incontro a un ribasso abbastanza deciso nelle ultime settimane (quindi a un rialzo dei rendimenti). I prezzi sono scesi dai massimi del 12 febbraio a 153,80 circa fino in area 148 euro, avviando poi una fase laterale. Le quotazioni sono in vista della media mobile esponenziale a 200 giorni, un indicatore che sintetizza con la sua posizione rispetto ai prezzi la condizione della tendenza di medio periodo. La violazione della media, in transito in area 148, potrebbe far temere il proseguimento della fase ribassista per il future, con il rischio di vedere le quotazioni scendere almeno fino in area 144. Il pericolo quindi che i rendimenti sulle obbligazioni possano salire non si può escludere e questo sarebbe un problema per il costo del debito.

Il Fondo menziona anche i dividendi bancari: le autorità dovranno valutare di volta in volta quando “permettere il pagamento dei dividendi per evitare di penalizzare gli istituti più capitalizzati e più in grado di generare profitti preservando allo stesso tempo il capitale delle banche più deboli”, una prospettiva sicuramente gradita al mercato che spera che presto si possa riaprire il rubinetto della distribuzione degli utili.

Il Ftse Italia banche, a differenza dell’indice Ftse Mib che ha recuperato quasi per intero il ribasso subito nella prima parte del 2020, è ancora in ritardo nella sua scalata verso il picco di febbraio 2020. La tendenza rialzista del settoriale dai minimi di marzo 2020 è stata accidentata fino al mese di ottobre, più decisa negli ultimi mesi, ma ancora mancano conferme che facciano pensare ad una situazione di crescita duratura. Un ostacolo importante è posto a 9.150 punti circa, area di transito della linea di tendenza disegnata dai massimi dell’aprile 2018. Oltre quei livelli il settoriale delle banche potrebbe tentare effettivamente di riportarsi sui massimi di febbraio 2020 a 10.477 punti, un segnale decisamente incoraggiante anche per il sentiment generale di tutta la Borsa, dato il notevole peso specifico del settore banche sull’intero mercato. Il fallimento nella rottura di area 9.150 da parte del settoriale potrebbe invece anticipare un deterioramento anche per la Borsa nel suo complesso.

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