La tanto attesa “fase di ribasso” è arrivata con tutta la sua forza. Il cosiddetto “evento scatenante per dare inizio a una prima possibile fase di ribasso generalizzato” si è concretizzato attraverso la cosiddetta trade war tra Stati Uniti e Cina. Era il 15 aprile quando iniziavamo a evidenziare la debolezza sui principali listini azionari. Nei successivi appuntamenti veniva ulteriormente sottolineata quale potesse essere la migliore soluzione in ottica di potenziali scenari negativi. A distanza di qualche settimana, il ribasso è avvenuto coinvolgendo i listini internazionali e lasciando, inoltre, uno stato di ulteriore incertezza in ottica di breve termine.



La cronaca sulla “guerra dei dazi” ha caratterizzato l’intera ottava trascorsa e, a farne le spese con pesanti flessioni, sono stati i principali mercati azionari. Lo scontro tra gli Usa e la Cina appare essere al suo primo atto, soprattutto sulla base delle informazioni giunte nel corso delle ultime ore sull’orientamento del leader della Casa Bianca, Donald Trump, che vorrebbe ulteriormente penalizzare i rapporti con il suo interlocutore estendendo i dazi (al 25%) su altri 325 miliardi di dollari di importazioni dalla Cina. Appare decisamente incerta l’evoluzione dei rapporti tra le due forze in campo, ma una prima e chiara reazione dalla controparte cinese è arrivata con la sua “mancata presenza” all’asta dei titoli di stato decennali americani. Un vero e proprio monito per il presidente americano.



Nonostante i negoziati siano in continua evoluzione, il mercato ha subìto lo disputa commerciale in essere e l’Europa ha maggiormente sofferto l’involuzione di questo scontro. L’Italia ha accusato il colpo, anche perché penalizzata dall’intensificarsi dello scontro politico in vista delle prossime elezioni europee. Lo spread ha registrato nuovi massimi di brevissimo periodo riportandosi sopra quota 270 punti e con un rendimento al 2,68%. Per Piazza Affari, la precedente analisi individuava un “primo trend ribassista” con due obiettivi decrescenti: entrambi sono stati raggiunti e violati con significativa forza per mano dei venditori.



Dai massimi fatti registrare ad aprile, i corsi hanno ripiegato di oltre cinque punti percentuali (-5,342%) avvicinandosi alla propria media mobile calcolata a 200 giorni. Quest’ultima – rispetto alla chiusura di venerdì – transita a 20.373,24 punti ovvero a un livello di prezzo corrispondente a un’ulteriore flessione pari al 2,40%. L’attuale scenario grafico evidenzia nuovamente una fase di indubbia debolezza soprattutto perché accentuata dall’evidente “sofferenza” dei principali strumenti algoritmici tutti in territorio negativo (sell signal). Solo il ritorno dei prezzi sopra area 21.554,81 punti comporterebbe un miglioramento del “palinsesto leading e lagging indicators” favorendo pertanto una potenziale inversione di tendenza (da ribassista a rialzista) in ottica di brevissimo periodo. Da temere la violazione della media mobile a 200 giorni che – di fatto – potrebbe innescare un’ulteriore fase di sell off sul mercato domestico.

Il principale indice statunitense (S&P 500) evidenzia un quadro tecnico d’insieme (grafico e algoritmico) orientato al ribasso. Il supporto in precedenza individuato a quota 2.869,40 punti ha respinto parzialmente la forza ribassista nel corso delle singole giornate di contrattazioni: una chiusura inferiore al livello individuato non si è ancora registrata, ma l’attuale impostazione algoritmica suggerisce un possibile scenario in tal senso. Con un ritorno dei prezzi sotto area 2.862,60 punti si assisterebbe a un potenziale downside con primo target a 2.785,02. Scenario positivo solo in caso di risalita dei corsi con superamento di soglia 2.923,83 punti.

È interessante inoltre valutare anche l’aspetto ciclico di mercato attraverso l’impiego del coefficiente di Hurst o più comunemente denominato “esponente di Hurst”. Analizzando la serie storica su base settimanale, si evidenzia come l’indice S&P 500 sia ormai giunto a un punto di inversione ciclica: il setup weekly – attraverso le quotazioni dei prossimi giorni – troverebbe il suo naturale completamento.

Sul fronte delle materie prime è opportuno riportare come la discesa dei prezzi del petrolio (rif. Wti) abbia registrato la prima settimana con il saldo finale positivo. Il barile – rispetto ai precedenti massimi (66,60 dollari) – nel corso della prima giornata di contrattazioni ha prima visto nuovi minimi a 60,04 dollari per successivamente procedere in trading range e capitolare l’ottava a quota 61,71 dollari. L’attuale configurazione grafica sembra anticipare un movimento rialzista con primo target a 63,27 dollari: non essendo però presenti segnali in ambito algoritmico non è pertanto auspicabile un posizionamento “anticipando” il mercato. Da porre invece particolare attenzione al valore del prezzo del lingotto: qualora si tornasse sopra area 1.290,90 si potrebbe assistere a un upside oltre quota 1.300 dollari con target a 1.317,20. Rimane fondamentale la tenuta del supporto statico a 1.274,98 dollari che – in caso di sua violazione – comprometterebbe definitivamente l’attuale fase laterale con implicazioni ribassiste fino al primo obiettivo individuabile a 1.268,87 per successivamente proseguire in corrispondenza di soglia 1.257,67 dollari.

L’ottava in corso potrebbe delineare il possibile scenario che caratterizzerà le successive settimane: attualmente, ai mercati azionari, si vorrebbe auspicare una fase di lateralità, ma purtroppo – le basi oggettive (costituite dal palinsesto algoritmico e grafico) – non motivano questo tipo di soggettiva scelta. Per il momento rimane ancora confermata la nostra precedente (ed ennesima) view orientata alla prudenza.