Dall’economia della zona euro sono arrivati timidi segnali positivi, che le Borse dimostrano di apprezzare. Ma la situazione resta da monitorare attentamente. “Alla vigilia delle elezioni europee – osserva Alessandro Magagnoli, analista tecnico e co-fondatore di Financial Trend Analysis (Ftaonline) – i mercati azionari si trovano in un’area critica: il superamento dei massimi di aprile, e dello scorso maggio per il Cac 40, sarebbe da accogliere con estremo favore, ma fino a quel momento meglio indossare l’elmetto e prepararsi a una guerra di trincea. L’attività delle imprese cinesi si è espansa per il secondo mese consecutivo in aprile, ma a un ritmo più lento rispetto alle attese, segnale che il Paese fatica ancora a trovare slancio nonostante le misure di stimolo predisposte dal governo”.



Anche dall’Europa sono arrivati in settimana i primi dati sulla crescita 2019. Come si presenta il cruscotto della congiuntura nei maggiori Paesi Ue?

La prima stima del Pil dell’Eurozona relativa al primo trimestre 2019 ha evidenziato una crescita dello 0,4%, battendo le previsioni di un +0,3% e la crescita del trimestre precedente, ferma a un +0,2%. E’ il secondo trimestre consecutivo di accelerazione, un risultato che sembra dipendere dai risultati ottenuti da Francia e Spagna.



L’Italia intanto è uscita dalla recessione tecnica…

Sì, anche l’Italia, pur a debita distanza, tenta di tenere il passo. I dati provvisori Istat mostrano infatti che nel primo trimestre il Pil ha messo a segno un rialzo congiunturale dello 0,2%, primo risultato positivo dopo due trimestri con il segno meno. Secondo l’Istat il risultato è stato raggiunto grazie a un netto recupero dell’attività industriale e a contributi positivi del settore agricolo e del terziario nel suo insieme. Le attese erano per un rialzo dello 0,1%. Su base annua invece il Pil del primo trimestre è in crescita dello 0,1%, sopra le attese di un -0,1%.



Il mercato come ha accolto questi piccoli miglioramenti?

Direi bene. Il 30 aprile il Tesoro ha venduto un miliardo di euro di CcT con scadenza 2025 e il rapporto di copertura è risultato in netto aumento a 1,89. Un incremento della domanda così marcato può essere spiegato con aspettative di calo dello spread BTp-Bund, quindi con un allentamento delle tensioni sull’Italia.

In Italia, però, si vedono all’orizzonte altri problemi, tanto che il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ha chiarito che a dettare legge non sono i burocrati di Bruxelles, ma i mercati, che possiedono il nostro debito. E’ il mercato che potrebbe a un certo punto chiedere a gran voce un incremento dell’Iva, agendo sullo spread?

Lo spread sta facendo registrare negli ultimi mesi picchi decrescenti, mentre i minimi del periodo sono allineati sugli stessi livelli. A ottobre dello scorso anno erano stati sfiorati i 350 punti, a novembre i 340, a febbraio, dopo una discesa fino a 240 circa, i 296 punti, ad aprile i 275 punti. I 240 punti sono stati avvicinati anche a marzo e ad aprile. La dinamica degli ultimi mesi sembra indicare che solo sotto area 240 verrebbe inviato un segnale di effettivo miglioramento della valutazione di rischio che il mercato abbina al debito italiano, mentre una rottura di area 270/275 dimostrerebbe un aumento delle tensioni.

E ragionando in termini di tassi d’interesse?

Potremmo dire che una discesa del rendimento dei BTp decennali al di sotto del 2,50% sarebbe da accogliere come un segnale di distensione, mentre la risalita al di sopra del 2,75% sarebbe un indizio preoccupante.

Quanto è forte il trend delle Borse europee?

Per valutare in modo oggettivo la forza della tendenza dei diversi indici si può misurare la distanza che esiste tra le quotazioni attuali e la media mobile esponenziale a 50 sedute, un indicatore che viene utilizzato per monitorare la condizione di medio periodo: quando i prezzi sono al di sopra della media, il trend viene considerato al rialzo e quanto più i prezzi “accelerano” rispetto alla propria media tanto più la tendenza si dimostra in buona salute. Attenzione, però: anche in questo caso, come per quasi tutti gli indicatori di analisi tecnica, le situazioni di eccesso, ovvero anomalie di comportamento rispetto al passato, fanno suonare un campanello di allarme. Potrebbero cioè segnalare il timore di trovarsi in una situazione di ipercomprato (eccesso di positività) o di ipervenduto.

Guardiamo i principali indici europei. Partiamo da Piazza Affari. Che segnali arrivano?

Nel caso del Ftse Mib, il grafico dei prezzi è al di sopra della media esponenziale a 50 giorni e ne è distante del 3% circa, proveniente dal 6,2% di marzo. Negli ultimi anni difficilmente la soglia del 6-7% è stata superata senza che si realizzasse o un ritorno a testare la media mobile, quindi un azzeramento della differenza, o addirittura una fase al di sotto della media, quindi una vera e propria inversione del trend di medio termine.

Passiamo al Cac 40…

L’indice francese si trova al di sopra della propria media del 4% circa e si sta mantenendo stabilmente a questa distanza ormai da più di due mesi. Anche nel caso del Cac 40 difficilmente negli ultimi anni il 4-5% di distanza dalla media è stato superato senza che si verificassero ripiegamenti verso la media mobile o, spesso, anche inversioni, ovvero passaggi al di sotto della media.

A che distanza dalla media mobile si trova invece il Dax?

Al momento è quasi al 5% di distanza, sui massimi dall’aprile 2015. Nelle precedenti sei volte, dal 2015, quando i prezzi si sono allontananti dalla media del 5%, in quattro casi si sono realizzate delle inversioni di tendenza, ovvero delle fasi in cui la media mobile è passata al di sopra dei prezzi segnalando un trend ribassista.

L’Ibex 35 sembra aver già subìto un rallentamento, e quindi un avvicinamento verso la media mobile?

L’indice della Borsa di Madrid dista attualmente solo del 2%, dopo aver raggiunto una differenza del 4% a marzo. La media transita attualmente a 9.330 punti e la sua violazione, da confermare almeno con una chiusura di seduta – o più prudentemente con almeno tre chiusure -, metterebbe temporaneamente fine al rialzo in atto da fine dicembre.

L’analisi tecnica, però, insegna che ogni tendenza, anche la più evidente, non si muove mai in modo univoco, ma procede tramite un’alternanza di avanzate e ritirate. Come ci si può orientare?

A tal proposito, per fare un confronto tra i diversi indici e valutarne al tempo stesso lo stato di salute, c’è un altro metodo: si utilizzano i ritracciamenti di Fibonacci.

In che modo?

Finché le avanzate sono di ampiezza inferiore rispetto alle ritirate è possibile affermare di essere in un trend ribassista; viceversa, quando le fasi di rialzo superano come estensione quelle di ribasso il trend viene catalogato come rialzista. Insomma, i ritracciamenti di Fibonacci permettono di applicare in misura più oggettiva questo concetto: finché una fase di “ritracciamento”, ovvero un rimbalzo dopo una discesa o una flessione dopo un rialzo, si mantengono nell’ambito del 50%-61,8%, entrambe percentuali ricavate dalla successione di Fibonacci, è possibile catalogare quel movimento come correttivo, ovvero come una fase temporanea in direzione contraria rispetto al trend principale, che non ne inverte però la rotta. Il superamento del 61,8% di ritorno è invece un forte indizio in favore di una futura inversione di trend.

Cosa dicono i ritracciamenti di Fibonacci guardando Ftse Mib, Cac 40, Dax e Ibex 35? 

Prendendo come riferimento i massimi toccati nel 2018, a gennaio dal Dax e dall’Ibex, a maggio dal Cac e dal Ftse Mib, è possibile vedere che l’indice tedesco al momento ha recuperato, con i massimi di area 12.375, proprio il 61,8% del ribasso precedente; l’Ibex una porzione compresa tra il 50% e il 61,8%, che si colloca a 9.750 punti circa; il Ftse Mib il 61,8%, posto a 22.050 punti circa e coincidente con i massimi del 17 aprile, mentre il Cac 40 ha recuperato quasi il 95%, ovvero è arrivato con i massimi di aprile a 5.601 punti, a un passo cioè dai top di maggio 2018 a 5.657 punti, e la quota del 61,8% è stata superata il 1° marzo con un evidente gap rialzista, segnale di forza confermato poi dall’andamento successivo dei prezzi.

In conclusione?

Dallo studio dei ritracciamenti è quindi possibile affermare che tutti gli indici, eccetto il Cac 40, dovranno superare i massimi di aprile per manifestare la volontà di puntare al recupero dei massimi dello scorso anno. In base alle valutazioni espresse in merito alla distanza tra prezzi e media mobile è tuttavia poco probabile che questo salto oltre i massimi di aprile possa avvenire senza che prima non si realizzi o una fase di stabilità o addirittura una flessione. Anche nel caso del Cac 40 i livelli ormai raggiunti, il picco di maggio 2018 a 5.657 punti, potrebbero non essere superati subito. Se questo dovesse avvenire da parte dell’indice francese, che negli ultimi mesi si è dimostrato la “lepre” rispetto agli altri, sarebbe invece probabile una rottura delle resistenze anche da parte degli altri tre panieri.

(Marco Biscella)