“Non mancano certo i temi che possono condizionare i mercati nel 2020: elezioni presidenziali Usa, guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, alleggerimento quantitativo, rischio recessione, curva dei rendimenti Usa, rendimenti negativi dei bond, trimestrali società americane, crescita del Pil nei paesi dell’Ocse. Un fattore, quest’ultimo, che potrebbe influire pesantemente su Piazza Affari”. E le Borse? “Molti indici, non solo quelli americani, ma anche il nostro Ftse Mib, sono prossimi a resistenze molto importanti, il cui superamento potrebbe aprire una stagione di rialzi molto interessante. In caso contrario, dobbiamo aspettarci nuovi pericolosi avvitamenti”. Non solo: dieci anni di politica monetaria accomodante, con rendimenti negativi e tassi molto bassi, potrebbero aver innescato una mina finora inesplosa, ma con la miccia già accesa: “Investitori e fondi potrebbero andare alla ricerca di asset più rischiosi, ad esempio i bond High yield, il cui trend andrà monitorato con la massima attenzione”. Parte da qui lo sguardo sui mercati di Alessandro Magagnoli, analista tecnico e co-fondatore di Financial Trend Analysis (Ftaonline), per aiutarci a scandagliare i possibili market mover del 2020. “Prima però – avverte Magagnoli – una premessa è doverosa”.
Prego.
I mercati non fanno politica, basano le loro aspettative su dati oggettivi. Questo non vuol dire che non sbaglino mai, anzi. La vendita dei prodotti finanziari è alla base dei profitti delle grandi banche.
E quindi?
Esiste, quindi, la “necessità” di inventare temi da cavalcare per macinare profitti con commissioni e capital gain. Ogni pretesto è buono per creare volatilità, dalle tensioni geopolitiche alle nuove tecnologie. Un bombardamento di informazioni da cui è molto difficile non rimanere imprigionati.
Che cosa può aiutare un investitore a non perdersi in questo labirinto?
L’analisi, tecnica o statistica, ma anche macro, può aiutare molto in questo, nel distinguere i veri motivi del cambiamento.
Tra questi un posto di rilievo spetta senz’altro al tormentone della guerra dei dazi tra Usa e Cina. Che cosa dobbiamo aspettarci?
Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un tira-e-molla che ha molto condizionato l’andamento dei mercati. Ora, dopo il tweet di Trump dello scorso 12 dicembre e la mancata applicazione dal 15 dicembre di nuove tariffe su 156 miliardi di importazioni cinesi negli Stati Uniti, le Borse hanno reagito in maniera positiva. E molte nubi si sono diradate.
E in Europa?
A novembre la Bce ha deciso di riprendere un programma di alleggerimento quantitativo al ritmo di 20 miliardi al mese. Il Qe della Bce è stato il fattore che ha condizionato le performance del settore bancario in Europa negli ultimi due anni: i tassi molto bassi hanno tolto alle banche molte munizioni per fare reddito, comprimendo il loro margine d’interesse per cercare di aiutare invece l’economia reale. Gli effetti si vedono chiaramente osservando gli andamenti divergenti dell’EuroStoxx Banks, in trend calante, e dello Stoxx Europe 600, in graduale ripresa. Teniamo conto che, da agosto 2019, il Qe è stato ripreso dalla Fed, dopo un anno, anche in America al ritmo di 60 miliardi al mese. Di questo passo già a metà 2020 il bilancio della Fed potrebbe superare il record assoluto dei 4.500 miliardi. E gli effetti si sono fatti subito sentire sull’andamento dell’S&P 500, facendo registrare nuovi massimi storici.
Bicchiere mezzo pieno?
Attenzione: la politica accomodante delle Banche centrali favorisce i profitti delle aziende e quindi le Borse, ma questo è il segnale che l’economia è stanca, ha bisogno di essere sostenuta. C’è chi dice che la medicina del denaro a basso costo alla lunga non funzionerà più e rischia più di creare problemi che di risolverli. Per ora, comunque, le Borse scommettono sul fatto che alla fine avranno ragione Fed, Bce e le altre banche centrali, ma la cautela è d’obbligo: c’è il rischio di una stagnazione secolare, cioè di un danno permanente all’economia e alle banche.
Ci sarà una recessione l’anno prossimo?
Il rischio di una recessione calcolato in base alla curva dei rendimenti, elaborato dalla Fed di Cleveland, dopo essere arrivato recentemente sopra il 40%, ora si sta riducendo rapidamente, sotto il 29%. In passato, ogni volta che ha avvicinato il 40%, la recessione si è poi puntualmente verificata, ma per la Fed di Cleveland il pericolo oggi è meno concreto, anche se potrebbe all’improvviso tornare a salire. Basterebbe solo che tornassero a galla le tensioni commerciali tra Usa e Cina. Per ora le attese di crescita del Pil Usa restano inchiodate al +2,1%. Lo stesso rialzo delle Borse nelle ultime settimane potrebbe non avere solo una motivazione emotiva, ma anche delle solide basi fondamentali.
Dopo 10 anni di politiche monetarie non convenzionali, oggi i tassi negativi o molto bassi sono una realtà consolidata. E una novità assoluta, perché in passato non si sono mai verificate queste condizioni. Quali effetti produrranno?
Non ci sono certezze, tutte le ipotesi possono essere valide, si naviga a vista. Una cosa è certa: se osserviamo gli ultimi 30 anni dell’S&P 500, negli anni Novanta c’è stato un prolungato rialzo, negli anni Duemila l’indice ha alternato rialzi e ribassi ma nell’ambito di una fase laterale, e dal 2010 in poi abbiamo assistito a un bel movimento rialzista, che potrebbe anche continuare, perché il Qe prolungato potrebbe aver cambiato la risposta dell’economia agli stimoli monetari, aprendo la porta a una nuova stagione di rialzi, diversa da quelle registrate in passato.
Al momento nel mondo ci sono 17 trilioni di dollari di prestiti obbligazionari con rendimento negativo, quasi raddoppiati rispetto al 2018. C’è da preoccuparsi?
E’ una delle mine inesplose che potrebbe guastare la festa del 2020, anche se al momento non ci sono segnali in tal senso. Però qui si dovrà prestare la massima attenzione. Soprattutto se si dovesse verificare uno spostamento su asset più rischiosi, come i bond High yield, da parte degli investitori o dei fondi, specie quelli pensione, alla costante ricerca di rendimenti per onorare i propri impegni o per attirare nuovi sottoscrittori. E se l’economia dovesse rallentare, anche meno che nel 2018, c’è il serio rischio di una bolla pronta a scoppiare.
Come si può tenere d’occhio questo potenziale pericolo?
Basta guardare il corso dell’Etf HYG, quello relativo agli High yield corporate bond. Se questo Etf continuerà a salire, non c’è da preoccuparsi; attenzione invece qualora dovesse diventare negativo. Attualmente siamo su un’importante resistenza, il 61,8% del ritracciamento di Fibonacci, tetto contro cui i prezzi da alcuni mesi stanno andando a sbattere. Dovesse essere superata area 87,50, avremmo un bel segnale liberatorio, con la possibilità di salire fino ai massimi del 2014. Attenzione invece a discese sotto 85 dollari, preludio a un avvitamento ribassista con ripercussioni negative anche sui mercati azionari.
Altri Etf sui mercati Usa da monitorare con attenzione perché vicini a resistenze importanti e quindi rivelatori di quel che potrà succedere nel 2020?
Ne segnalerei quattro: l’Etf XLF (settore finanziario), oggi sui massimi con tentativi di superamento; l’XLK (tecnologie), in una fase di pausa dal trend rialzista; l’XLI (industria), che si sta muovendo come l’Etf dei finanziari; l’XLY (consumi). In tutti questi casi siamo di fronte a possibilità potenziali molto interessanti, ma alle quali mancano ancora conferme adeguate. Quindi, grande pazienza e prudenza.
Intanto le Borse Usa corrono…
Lo S&P 500, dopo il calo del 6% nel 2018, quest’anno è salito del 24%. La spiegazione può essere molto semplice: i rendimenti sui bond Usa sono scesi del 33% nel solo 2019, anche se adesso si registrano importanti cambiamenti: siamo intorno all’1,8% dopo che ci si era mossi tra il 2,8% e l’1,4%. E non è detto che sia un fenomeno preoccupante, anzi potrebbe essere il segnale di una nuova fase espansiva delle Borse.
Le trimestrali 2019 negli Stati Uniti non sono però state brillanti. Che ne pensa?
Paradossalmente questo è un elemento positivo, perché potrebbe rendere più facile battere questi risultati nel 2020. Le stime per il prossimo anno parlano di un aumento degli utili oscillante tra il 6% e il 10%.
Ma perché le Borse oggi salgono se le economie rallentano?
Guardando il grafico annuale del Ftse Mib di Piazza Affari, il 2019 è stato un anno eccezionale: la variazione, intorno al +26%, è la migliore dopo quella del 1998, nonostante i numerosi nodi al pettine dell’Italia, dagli inciampi politici con la caduta del governo alle difficoltà internazionali.
Il 2020 cosa potrebbe riservare all’Italia?
Noi siamo un paese con una forte vocazione all’export e il fatto che le stime di crescita dei paesi Ocse stiano migliorando può essere d’aiuto.
Come andrà il Ftse Mib?
Come per i principali comparti americani, l’indice è arrivato vicino a una forte resistenza, intorno ai 25.000 punti, già toccata nel 2018. Se il Ftse Mib riuscirà a superare questo ostacolo, manderebbe un bel segnale di forza; in caso contrario, aumenterebbero i rischi di una fase di avvitamento.
Un occhio particolare merita ovviamente il comparto bancario, visto il suo peso sull’indice. Che segnali arrivano?
Se il settore dovesse superare quota 9.500, darebbe un segnale molto positivo, con obiettivo fino a 11.000, con un movimento cioè molto simile già visto quest’anno dai minimi di agosto. Viceversa, se la resistenza non dovesse essere superata, sarà possibile un ripiegamento che potrebbe andare a interessare nuovamente anche area 7.000.
(Marco Biscella)