Nel Def di aprile il Tesoro ipotizzava una crescita media del Pil del 4,5% per il 2021 e del 4,8% nel 2022, ma già a luglio il ministro Daniele Franco affermava che la crescita avrebbe potuto superare il 5%: “Il recupero del Pil pari o superiore al 5% appare oggi raggiungibile, così come il ritorno al livello del Pil pre-crisi entro il terzo trimestre del 2022”. Il costante miglioramento del quadro economico fa pensare che il governo possa decidere di alzare la stima per il 2021 vicino al 6%.
L’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), che deve convalidare le stime del Tesoro, a inizio agosto si era espresso per una crescita del 5,8% nell’intero 2021. Il governo da parte sua aggiornerà le stime ufficiali di crescita, oltre agli obiettivi di deficit e di debito, quando a fine settembre pubblicherà la NaDef, sulla quale si baserà poi la legge di Bilancio per il 2022.
L’Economist crede nel 6% di crescita
Il 6% di crescita è il valore ipotizzato anche dall’Economist per l’Italia nel 2021, che insieme ad Haver Analytics pone il nostro paese insieme agli Usa in cima alla classifica delle economie avanzate del G-20, superato solo da economie emergenti come India (+10,4%), Cina (+8,5%), Argentina (+8%) e Messico (+6,4%) e davanti alla Gran Bretagna (+5,8%). Del resto i dati appena diffusi dall’Istat mostrano un deciso rimbalzo nel secondo trimestre, e da allora il quadro macro è ulteriormente migliorato.
Nel periodo tra aprile e giugno, infatti, il Pil, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, ha messo in mostra una crescita del 2,7% sul trimestre precedente e del 17,3% su base annua, la più altra registrata dall’inizio delle attuali serie storiche, cioè dal 1995 (certo, il confronto è con il punto più basso toccato all’apice della crisi del Covid, ma mostra comunque le capacità di ripresa dell’Italia). La variazione acquisita per il 2021, ovvero la crescita del prodotto nel caso in cui nei prossimi trimestri ci fosse una variazione pari a zero, è del +4,7%. Commenta l’Istat: “Il forte recupero dell’attività produttiva riflette un aumento marcato del valore aggiunto sia nell’industria, sia nel terziario”.
A sostenere la crescita del Pil sono state le componenti interne dei consumi e degli investimenti, aumentate rispettivamente di +2,6 e +0,5 punti percentuali, la componente estera ha fornito invece un apporto di 0,3 punti. Il contributo delle scorte è stato negativo per 0,8 punti percentuali. In termini congiunturali le ore lavorate sono cresciute del 3,9%, le posizioni lavorative dell’1,9%, i redditi pro capite sono risultati sostanzialmente invariati. Il valore aggiunto di industria e servizi è aumentato in termini congiunturale rispettivamente dell’1,6% e del 2,9%, mentre risulta stabile quello dell’agricoltura.
Italia, bene la manifattura
L’Indice destagionalizzato Pmi (Purchasing Managers Index®) Ihs Markit del settore manifatturiero italiano – che con una sola cifra fornisce un quadro degli sviluppi delle condizioni generali del settore manifatturiero – ad agosto ha raggiunto 60,9, in salita da 60,3 di luglio e ha segnalato in generale un forte miglioramento, il quattordicesimo consecutivo, dello stato di salute del settore.
Tutte queste notizie sono ovviamente positive per la Borsa, che può avvantaggiarsi anche dell’andamento di alcuni fattori esterni.
La Germania segna il passo
La Germania, ad esempio, segna il passo, come dimostra l’andamento delle vendite al dettaglio. L’Ufficio federale di statistica (Destatis) ha infatti reso noto che nel mese di luglio le Vendite al dettaglio hanno fatto segnare un decremento dello 0,3% su base annua, risultando in crescita dell’1,7% in termini nominali. Su base mensile l’indice è diminuito del 5,1% dal +4,5% precedente (rivisto da +4,2%). Gli analisti avevano previsto un decremento pari allo 0,9%.
Markit Economics ha inoltre pubblicato i dati relativi all’Indice Ihs Pmi manifatturiero. Nel mese di agosto l’indice si è attestato in Germania a 62,6 punti, in calo dai 65,9 punti di luglio e inferiore al consensus pari a 62,7 punti. La produzione scende sui minimi da agosto 2020.
Il rallentamento della crescita è evidente anche nell’andamento della fiducia dei consumatori e delle imprese. Mentre le aspettative di reddito sono leggermente aumentate, le aspettative economiche e la propensione all’acquisto sono entrambe diminuite. Di conseguenza, GfK prevede un valore di -1,2 punti relativo alla fiducia dei consumatori per settembre, in calo di 0,8 punti rispetto ad agosto (a -0,4 rivisto da -0,3 punti).
L’indice Ifo sul clima di fiducia delle imprese tedesche relativo al mese di agosto si è attestato a 99,4 punti, inferiore alle attese degli analisti, pari a 100,4 punti, e in calo dalla rilevazione precedente pari a 100,7 punti. L’indice Ifo (aspettative) è risultato pari a 97,5 punti (consensus 100 punti) dai 101 punti di luglio. L’indice Ifo sulle condizioni attuali è invece salito a 101,4 punti dai 100,4 punti di luglio (consensus 100).
Il fatto che la corsa della Germania si sia fatta più affannosa in questo momento, paradossalmente, è un elemento positivo per le Borse europee.
I falchi Bce alzano la voce
All’interno della Bce stanno infatti aumentando le voci dei “falchi”, quelli che vorrebbero una riduzione degli interventi della banca centrale in favore dell’economia per ridurre il rischio di una salita eccessiva dell’inflazione.
Il governatore della Banca centrale austriaca Robert Holzmann (componente del consiglio direttivo della Bce) vorrebbe ad esempio iniziare a ridurre gli acquisti del piano Pepp già a partire dal prossimo trimestre. Parlando a Bloomberg, Holzmann ha dichiarato: “Siamo ora in una situazione in cui possiamo pensare a come ridurre i programmi speciali pandemici. Penso che sia una valutazione che condividiamo”. E ha aggiunto: “Abbiamo l’opportunità di discutere come chiudere il tema pandemia e focalizzarci sull’inflazione”, facendo riferimento all’incontro del consiglio direttivo della Bce che si riunirà giovedì 9 settembre. Un mutamento di atteggiamento della Bce sarebbe negativo per le Borse, ma difficilmente verranno prese decisioni in questo senso fino a che la Germania non tornerà a correre.
Anche Klaas Knot, governatore della Banca centrale olandese e membro della Bce, in un’intervista a Bloomberg ha dichiarato di prevedere un rallentamento degli acquisti Pepp, acquisti che si dovrebbero concludere a marzo 2022.
Area euro, fari puntati sull’inflazione
Il rischio di un inasprimento della politica monetaria resta comunque sullo sfondo e non va sottovalutato. I prezzi al consumo della zona euro rettificati dalle componenti volatili sono aumentati ad agosto dell’1,6% dal +0,7% di luglio, la variazione maggiore dal 2012, un dato che porta acqua al mulino di chi vorrebbe intervenire al più presto.
Le voci ufficiali sono comunque ancora attendiste: il numero 2 della Bce, Luis de Guindos, parlando al el Confidencial ha affermato che la banca centrale in settimana rivedrà probabilmente al rialzo le stime di crescita per l’area euro, ma ha precisato anche che eventuali modifiche della politica monetaria non sono da dare per scontate, perché dipenderanno dalla dinamica economica e inflativa dei prossimi mesi.
Bond, rendimenti all’insù
L’andamento dell’inflazione ha comunque avuto già qualche effetto sull’andamento dei rendimenti dei bond: quelli dei Btp sono in leggero rialzo – il decennale poco sopra lo 0,70% -, una tendenza che favorisce un settore molto “pesante” del mercato italiano, quello delle banche.
Comparto banche, scenario rialzista
Il Ftse Italia All-Share Financials si è in effetti portato nelle ultime sedute a ridosso di una forte resistenza, posta a 13.500 punti circa, l’88,6% di ritracciamento (percentuale di Fibonacci) del ribasso dal massimo di febbraio 2020, ostacolo già messo alla prova senza successo a giugno. Oltre quei livelli diverrebbe probabile il ritorno sul picco di inizio 2020 a 14.246 punti e i prezzi potrebbero poi avanzare ancora fino in area 15.250 nel medio termine, un margine del 14% circa dai prezzi attuali. Solo il ritorno al di sotto di area 12.900 metterebbe in discussione lo scenario rialzista.
Ftse Mib, prima resistenza a 28.500 punti
Per quello che riguarda l’indice Ftse Mib, il prossimo target del rialzo è a 28.500 punti circa, 50% di ritracciamento del ribasso dal picco del 2007. Un notevole segnale di forza l’indice lo ha già inviato quando ad agosto è salito al di sopra del lato alto del canale crescente disegnato dai minimi del 2012. La rottura della linea superiore di un canale crescente spesso apre la strada a movimenti di ampiezza proporzionale a quella del canale stesso e in questa ottica il target per l’indice si posizionerebbe a 37.000 punti circa, livello raggiungibile con la rottura prima di 28.500, poi dei 32.000 punti.