Il binomio Turchia e Argentina si ripete. La recente estromissione del Governatore della Banca centrale turca ha immediatamente avuto un impatto sui corsi della moneta di Ankara che, accusando una perdita di oltre dieci punti percentuali, ha nuovamente catalizzato l’attenzione degli operatori che ricorrono a investimenti in cosiddetti Paesi emergenti e alle loro valute. In questo genere di asset – il cosiddetto “rischio paese” – è sempre dietro l’angolo e ancor più in tutte quelle nazioni dove la leadership politica – talvolta discutibile sia nei modi che nei fatti – appare più un dogma rispetto all’implicito dovere di rappresentare l’interesse di una nazione: il recente intervento di Erdogan sull’allora banchiere centrale Naci Agbal è un chiaro esempio.
Focalizzando l’attenzione sul mero impatto finanziario di tali azioni, la Turchia, nelle ore successive all’annuncio, ha subìto un inevitabile ripercussione sulla propria moneta: vendite generalizzate ne hanno affossato i corsi in una sola giornata il tutto all’insegna di una maggior precarietà e incertezza in ottica futura.
Se la notizia di questa “forzata esclusione” ha registrato tali conseguenze, quello che invece non sembra destare clamore (non solo nelle ultime settimane, bensì negli ultimi quindici mesi), è quanto accaduto e sta accadendo (quotidianamente), oltreoceano in uno dei tanti altri Paesi considerati a rischio. Parliamo dell’agognata Argentina che, ricorrendo al debito quale unica forma di sostentamento per sopperire alle risorse già debitorie della nazione, ancora una volta, rappresenta un potenziale – l’ennesimo – rischio default per l’intero universo investibile (e investito) all’interno dei propri confini nazionali. Di particolare interesse, poiché non approfondita con il trascorre dei molti mesi, l’andamento della valuta domestica.
Comunemente accostata al consueto dollaro statunitense, il rapporto Usd/Ars (Dollaro Usa/Peso argentino) riporta nei suoi quotidiani scambi una costante crescita che lo vede ormai destinato verso la soglia psicologica 100.
Nonostante le rassicurazioni sull’evitare la svalutazione della valuta (sia da parte del precedente leader nazionale Macri che successivamente dall’attuale Presidente Fernàndez) i prezzi di mercato – oggi – riscontrano una diversa verità. Il ricorso a una valuta più forte e credibile (il dollaro Usa) per gli stessi cittadini argentini appare una delle poche certezze in capo ai loro destini. Attualmente il debito contratto con il Fondo monetario internazionale (circa 44 miliardi di dollari) rappresenta un ostacolo molto arduo e con l’avvento della pandemia il Paese si trova inevitabilmente allo sbando. La soglia di povertà della popolazione cresce e tale involuzione trova anche la sua diretta conseguenza in quella ormai poca moneta verosimilmente azzerata e prossima all’assenza di valore.
In tutto questo scoramento, bisogna dirlo, il destino era già chiaro da tempo. A settembre 2019 avevamo carpito una strana correlazione tra il presente dell’Argentina e il passato della Turchia. Entrambi accomunati dalla cosiddetta etichetta di “Paesi emergenti”, le loro valute apparivano connesse da un curioso legame: quanto accaduto (un anno prima) sulla moneta turca, successivamente, si è riversato ai danni dello stesso denaro argentino.
Questa nostra intuizione, a distanza di oltre un anno, può essere – nuovamente – verificata nelle attuali quotazioni: il rapporto Usd/Try (Dollaro Usa/Lira turca) è passato da 5,275 (novembre 2018) ad un massimo di poco superiore a 8,50 (novembre 2020). Seguendo la medesima ratio della nostra precedente analisi (ovvero la moneta turca quale driver anticipatorio nei confronti della valuta argentina), si può chiaramente osservare come il Peso argentino (cross Dollaro Usa/Peso argentino) – da novembre 2019 ai giorni nostri – abbia incrementato il proprio valore (da 59 a 92) in maniera costante e registrando verosimilmente la stessa rivalutazione del suo contrapposto benchmark (Lira turca): circa sessanta punti percentuali.
Sulla base di queste oggettive considerazioni e dei suoi (eventuali) potenziali sviluppi non è azzardato ipotizzare come il futuro del Paese sudamericano possa rivivere – ancora – la propria storia degli ultimi anni. Il rischio default è bene sia scongiurato in capo a chiunque, ma, talvolta, sembra essere l’unico mezzo per raggiungere un ambito e superiore fine: cambiare.
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