Fatevi gli affari vostri o, per evitare banali fraintendimenti, fate i vostri affari. Sui mercati finanziari questa deve essere la regola principale. Come già ricordato, l’intero panorama finanziario è solo “il mezzo” non “il fine”: quest’ultimo, invece, sono i vostri obiettivi personali. I desideri, le ambizioni, i traguardi che potenzialmente potrebbero realizzarsi mediante l’utilizzo (o sfruttamento) di questo astratto e cinico mondo costruito e idealizzato attraverso infine cifre e complicate sequenze di numeri che, se però comprese e dominate, permettono il conseguimento di risultati (positivi) per le tasche dell’astuto fruitore. Pertanto lo ripetiamo: fatevi gli affari vostri. E non solo. A partire da oggi perché molto più di ieri. Il motivo? Si ricava facilmente dalla lettura del Bollettino Bce diffuso giovedì che – al “Punto 4 Andamenti del mercato finanziario” – riporta l’evidenza (positiva per chi volesse investire) della recente dinamica dei titoli obbligazionari: «I rendimenti obbligazionari a lungo termine sono aumentati a fronte della revisione da parte dei mercati delle aspettative sulla futura traiettoria della politica monetaria».
Di quanto? «Su base netta i rendimenti obbligazionari a lungo termine dell’area dell’euro sono aumentati considerevolmente: i rendimenti medi ponderati per il Pil dei titoli di Stato decennali sono cresciuti di 48 punti base rispetto al livello registrato al momento della riunione di settembre del Consiglio direttivo, portandosi al 2,9 per cento circa. Analogamente, i rendimenti delle obbligazioni sovrane decennali di Stati Uniti, Regno Unito e Germania sono saliti di 68, 42 e 40 punti base, portandosi rispettivamente al 4,0, al 3,6 e al 2,1 per cento. Anche i rendimenti dei titoli di Stato dell’area dell’euro hanno mostrato una maggiore volatilità, in misura diversa nei vari Paesi, ma in generale il loro andamento ha sostanzialmente rispecchiato quello dei tassi privi di rischio».
Tralasciando (volutamente) ovvie argomentazioni di carattere economico a motivarne questa ritrovata “beneficienza” e prescindendo inoltre dalle più corpose e innumerevoli obiezioni riconducibili all’elevato livello di inflazione (che ne penalizza l’efficienza finanziaria), di fatto, queste soglie di rendimento non si vedevano da molto tempo: fatta eccezione per gli investimenti in titoli obbligazionari caratterizzati da maggiori e molteplici fattori di rischio (esempio Paesi emergenti, high yield, ecc.).
Guardando all’Italia e ai nostri titoli di Stato decennali, gli attuali valori (anche se inferiori rispetto ai recenti massimi di periodo) ci portano molto lontano lungo la scala del tempo: anno 2013. A quanto ammonta questo ricordo? Al 4 per cento. È poco? È tanto? È sufficiente? A voi il giudizio. Forse, ed è comprensibile, potrebbe spaventare (maggiormente) la durata rispetto al valore assoluto di remunerazione e, se tale fosse il dilemma, ecco giungere la nuova emissione (con nuovo rendimento) del più vecchio e tradizionale strumento monetario dei tempi orsono. «++ Tesoro: collocati 5,5mld Bot annuali, tasso sale al 2,69% ++ Un aumento di 16 punti base rispetto all’asta di ottobre. Il Tesoro ha collocato tutti i 5,5 miliardi di euro di Bot a un anno oggi in asta. Il rendimento è salito a 2,69%, un aumento di 16 punti base rispetto all’asta precedente di ottobre. La domanda ha raggiunto 8,26 miliardi di euro» (ANSA). Questo accadeva giovedì. Anche in questo caso: il 2,69 per cento (valore ritrovabile a luglio 2012) è poco, è tanto, è sufficiente? A questa medesima e precedente domanda, segue medesima e precedente risposta: a voi il giudizio.
Nonostante questo nostro tergiversare è indubbio come l’entità del tesoretto in dote all’emissione Bot potrebbe essere valida se contestualizzata a una valutazione di efficienza rispetto ad altre emissioni o titoli già in circolazione (v. rapporto rendimento/scadenza).
Giunti a questo iniziale punto fermo appare evidente il probabile desiderio di allungare (seppur parzialmente) la durata dell’investimento al fine di ottenere un maggior rendimento. Questa soluzione è – oggi – percorribile?
Evitando uno specifico screening su singole emissioni, come consuetudine, ci rifaremo a una valutazione oggettiva sugli attuali andamenti riscontrabili sul mercato dei bond. Prendendo in esame il benchmark JPM GBI Global Usd (oggetto di nostro monitoraggio settimanale) la perfomance degli ultimi 22 mesi è eloquente: oltre 25 punti percentuali di complessivo ribasso. È poco? È tanto? È sufficiente? Questa volta rispondiamo: sono soldi, molti soldi, che il mercato ha drenato e trasferito il relativo ammontare a favore di tasche altrui. L’entità passa in secondo piano mentre il fatto rimane: prima c’erano, ora non più.
Guardando a coloro che fossero riusciti a rimanere indenni (o parzialmente scalfiti) da questa azione predatoria è giunto il “momento (giusto) per acquistare”? Forse, anche questa volta, un indice (e pertanto altri numeri) ci possono essere d’aiuto. Analizzando i livelli finora raggiunti dall’ICE BofA MOVE Index (più comunemente identificato con MOVE o “Vix del mercato obbligazionario”) qualche interessante spunto di riflessione potrebbe sorgere.
Di certo, le attuali quotazioni del MOVE, hanno subito un significativo ritracciamento se comparati ai massimi dell’anno: quest’ultimo (piuttosto recente), infatti, riportava alla mente i valori del febbraio 2020 e della crisi finanziaria 2008-2009. Oggi, invece, il “Vix obbligazionario” ha visto un proprio ridimensionamento che, in termini assoluti, identifica “un clima più sereno” nonostante gli ancora elevati valori. È quindi giunto il momento?
Replichiamo utilizzando l’incipit: fatevi gli affari vostri. Magari, se non è troppo disturbo per l’ego, iniziando a ri-assaporare il ben ritrovato “poco” anziché il “molto”. Dopo tutto: gioielli preziosi, auto di lusso, piatti in ristoranti stellati e molto altro ancora sono quasi sempre in numero limitato. Tutto proprio tutto: in poco, in pochi, proprio come quei pochi, pochissimi titolari di patrimoni che, invece, hanno “molto”, “molto” denaro accumulato.
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