Questi sono i giorni in cui gli investitori raccolgono le idee sulle prospettive finanziarie e borsistiche per l’anno che inizia. Il primo passo è l’analisi di quello che ci ha lasciato l’anno appena concluso. Le borse, anche quella italiana, hanno chiuso un 2024 positivo. Quella di Milano ha messo ha segno un rialzo del 12% trainato dalla performance delle banche. Il principale listino americano ha chiuso con un +24%; gli incrementi degli ultimi due anni in America, complessivamente, non si vedevano dal 1997-1998, quando sulle borse andava in scena la bolla della new economy.
Questi rialzi sono avvenuti in uno scenario di economia più resiliente di quanto ci si aspettasse, soprattutto in America e in parte anche in Italia, e di inflazione in discesa che ha permesso alle Banche centrali di tagliare i tassi. La risposta in un quadro di liquidità abbondante ha generato rialzi diffusi. In America, per ora, non si vedono segnali di crisi e quindi l’attenzione rimarrà sui prezzi nella misura in cui possono far invertire la rotta della politica monetaria. Diverso è il caso europeo; in questo caso i rischi per l’inflazione sono importati perché l’andamento economico è molto peggiore. L’attenzione, in questo caso, sarà sulla crescita in particolare delle economie industriali e di quelle maggiormente colpite dalla crisi energetica.
L’Europa, Italia e Germania in primis, esce dal 2024 con prezzi dell’elettricità sensibilmente superiori a quelli di dodici mesi fa. Non solo non si intravede alcuna prospettiva di normalizzazzione, ma si rischia un ulteriore peggioramento. Le rinnovabili non sono una risposta perché la tecnologia dell’immagazzinamento di energia in eccesso non è matura; il nucleare è una risposta solo nel medio lungo termine e l’Europa si rifiuta di investire soldi e capitale politico sul gas. L’Europa è quindi particolarmente vulnerabile sia a nuove crisi energetiche, sia al peggioramento del quadro geopolitico, soprattutto in Medio Oriente e nell’Africa mediterranea.
L’altra vulnerabilità in Europa è la politica interna. Le elezioni in Germania sono vicine e nessuno può escludere il rafforzamento delle forze più anti-europee. L’altro Paese chiave dell’Unione, la Francia, arriva da una stagione di volatilità politica che non sembra conclusa; il nuovo Esecutivo è nella migliore delle ipotesi appena più stabile di quello appena caduto. L’instabilità a livello di politica interna dei Paesi membri ha un riflesso a livello di Commissione europea che emerge sulle politiche energetiche ed economiche.
La prima urgenza economica europea per il 2025 è la crisi energetica, mentre la priorità geopolitica sono i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente.
Il 2025 si aprirà con le luci puntate sulla presidenza Trump. Le promesse elettorali di stretta sull’immigrazione, dazi e protezionismo non hanno ancora una forma definita anche se gli sviluppi delle ultime settimane danno qualche elemento. Il più importante indica la prospettiva di un accordo commerciale con la Cina. Le dichiarazioni degli ultimi mesi suggeriscono poi una minore volontà degli Stati Uniti di sostenere la guerra in Ucraina; se il conflitto non si conclude sarà l’Europa a raccogliere il testimone finanziario e forse non solo. Trump proverà in ogni modo a sostenere economia e mercati; questo è positivo anche per gli europei.
Se c’è un punto di caduta tutto indica che sia sui mercati delle obbligazioni governative perché qualsiasi percezione di risalita dell’inflazione senza una stretta sul deficit pubblico si tradurrà in un rialzo dei rendimenti. Questo è vero sia per l’Europa che per gli Stati Uniti di Trump. Per il momento tutto sembra rimandato all’insediamento del nuovo Presidente americano e ai suoi primi “100 giorni”.
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