Nel corso dell’ottava in corso, a una delle tanto attese incognite che ha focalizzato l’attenzione degli osservatori internazionali, verrà data una risposta. L’esito delle elezioni politiche europee emetterà il proprio verdetto e, almeno sul fronte politico europeo, gli operatori finanziari potranno avere idee ben più chiare sul futuro del Vecchio continente. Un particolare interessamento sarà riservato al nostro Paese che, in caso di esito elettorale diverso rispetto a quello di un anno fa, potrebbe favorire moti di tensione in chiave di stabilità politica: i credit default swap a 5 anni dell’Italia hanno registrato nuovi massimi di breve periodo attestandosi sul finire della settimana a quota 217 dollari ovvero sui medesimi livelli fatti registrare lo scorso febbraio.



Discorso opposto per il differenziale tra il nostro decennale domestico rispetto al Bund tedesco: la settimana ha terminato con uno spread a 267 punti base e un rendimento al 2,55%. Relativamente allo yield attuale, è opportuno evidenziare come, nel corso dell’ultima seduta, si è registrata un significativa flessione pari a nove centesimi. Alla base di questo ritracciamento, è possibile ipotizzare la volontà degli operatori di “volersi allontanare” il più possibile dalla soglia del 3% alla vigilia dell’imminente esito elettorale.



In Europa sono state diffuse le minute dell’incontro tenuto lo scorso aprile dal direttivo della Bce: dagli stessi verbali emerge come alcuni governatori abbiano espresso timori per la crescita economica nella seconda parte dell’anno. In risposta a tale scenario, è stata comunque confermata la volontà di poter intraprendere ogni azione ritenuta opportuna per scongiurare questa eventuale ipotesi. Altra forma di preoccupazione è stata manifestata in ottica di tassi di interesse: l’attuale livello negativo sui depositi potrebbe impattare sulla redditività degli istituti di credito. Sul fronte economico dell’Eurozona è opportuno riportare il dato dell’indice Pmi manifatturiero (rif. maggio) che vede una discesa a 47,7 dal precedente 47,9. Ihs Markit ha evidenziato come la crescita sia rimasta debole e la domanda sia risultata stagnante.



Sempre di rallentamento, ma a più ampio spettro e con maggiori conseguenze, è quanto emerge dal Fmi: la guerra commerciale in atto sta avendo «un impatto negativo su consumatori e produttori in entrambi i Paesi. I dazi hanno ridotto gli scambi commerciali tra Stati Uniti e Cina, ma il deficit commerciale bilaterale e’ rimasto ampiamente invariato. Sebbene l’impatto sulla crescita globale sia al momento relativamente modesto, l’ultima escalation potrebbe significativamente minare la fiducia delle aziende e dei mercati finanziari, danneggiare la supply chain globale e mettere a repentaglio la ripresa della crescita globale prevista per il 2019». A confermare le conseguenze della war trade in atto, la Federal Reserve di New York, attraverso una propria ricerca, ha quantificato in 106 miliardi di dollari all’anno, l’incremento di spesa in capo alle famiglie americane. Cifre che potrebbero incrementarsi qualora non si raggiungesse un accordo tra le due controparti.

I mercati azionari internazionali, ormai giunti al termine di maggio, presentano uno scenario tecnico verosimilmente comune e caratterizzato dall’avvicinamento al supporto dinamico collocabile in corrispondenza di ciascuna media mobile calcolata a 200 giorni: qualora i prezzi violassero tale livello, il palinsesto algoritmico attualmente orientato alla neutralità (anche se ancora prossimo a valori negativi) potrebbe nuovamente volgere al ribasso favorendo ulteriori fasi sell off.

Piazza affari, nel corso dell’ultima giornata di scambi, ha registrato una seduta positiva rimbalzando dalla propria media mobile (calcolata a 200 giorni) prossima ad area 20.316,65 punti. Solo attraverso una fase costituita da un primo superamento di quota 20.500 punti ed un successivo traguardo a 20.909,33 punti permetterebbe un rafforzamento dell’intero scenario in ottica rialzista di breve termine. Worst case qualora il livello di prezzo raggiungesse soglia 20.009,94: un suo cedimento potrebbe essere concreto.

Oltreoceano si deve riportare all’attenzione il livello circoscrivibile ad area 2.794,44 punti: il transito della media mobile a 200 giorni diventa il principale target di riferimento per un eventuale inversione di tendenza di breve termine. Positivo il ritorno sopra quota 2.826,06 con primo target oltre area 2.900 punti. Negativo il ritorno dei corsi sotto la soglia psicologica dei 2.800 punti: il primo obiettivo è individuabile a 2.739,15.

A seguito degli esiti elettorali in corso, è auspicabile un posizionamento flat sulle principali valute soprattutto quelle caratterizzate da un cross contro euro: è fisiologico auspicare un incremento di volatilità con potenziali significative inversioni di tendenza nell’arco delle medesimi giornate. Il trade off rischio/rendimento atteso non permette (prudenzialmente) un outlook in tal senso.

Anche i mercati obbligazionari, attori di recenti e ulteriori incrementi, potrebbero subire una prima fase di realizzi a seguito di alcune prese di beneficio: di sicuro, qualora i mercati azionari violassero le proprie medie mobili, è auspicabile un monitoraggio dell’andamento del decennale statunitense. Un posizionamento tattico in ottica di brevissimo periodo potrebbe remunerare adeguatamente la componente cash.

Nel corso delle settimane, la nostra view si è caratterizzata per un approccio molto prudente e orientata alla conservazione del patrimonio. Le risultanze che man mano sono emerse hanno confermato il nostro outlook soprattutto perché giustificato da elementi (incognite economiche e politiche) oggettive. Il primo appuntamento europeo (elezioni politiche) è alle porte e successivamente ne seguirà uno solo italiano (5 giugno) in occasione del giudizio della Commissione sui nostri conti pubblici: la prudenza, quale virtù premia sempre, e finora, finanziariamente parlando ha premiato. Rimanendo in attesa dell’esito elettorale (per successivamente valutare un eventuale posizionamento) portiamo la nostra attenzione sui principali indici di rischio: Vix index e Cds internazionali. Solo una loro comune riduzione potrà contribuire a una scelta in chiave operativa.