Settimana negativa per i mercati finanziari internazionali. La scorsa ottava ha visto accumunare sotto la parità l’intero panorama investibile delle tre principali asset class equity, bond e commodities. Pur di diverso ammontare, l’epilogo finale si è contraddistinto per le sole variazioni percentuali negative che, in valori assoluti, vedono la peggior performance weekly (-1,23%) in capo al comparto obbligazionario governativo sintetizzato come da nostra consuetudine attraverso il benchmark JPM GBI Gl. Usd. Pressoché identici, invece, i saldi della componente azionaria (rif. MSCI World Usd) e delle materie prime (rif. CRB Index) che, rispettivamente, registrano una contenuta flessione dello 0,52% e dello 0,55%.
Alla base di queste generalizzate discese dei prezzi i motivi sono molteplici: la mancata intesa e il prolungato stallo nelle trattative in sede di sospensione o innalzamento del tetto del debito Usa, la presente e ancora sostenuta inflazione negli Stati Uniti che, sia su base mensile che trimestrale, ha visto gli indici Pce riportare un incremento. Inoltre, sempre oltreoceano, un altro elemento che ha contribuito a una maggiore destabilizzazione (rif. segmento obbligazionario) è stato il timore di assistere a un ulteriore rialzo dei tassi di interesse che, almeno chi scrive, concorda con tale view, ma, allo stesso tempo, è scettico in una sua attuazione già in occasione del prossimo appuntamento di giugno.
Guardando, invece, al Vecchio continente, la pubblicazione dei principali dati economici da parte di Ocse, ha confermato una diffusa e migliorata crescita (rif. precedenti stime) per alcuni Paesi con una particolare eccezione della Germania: di fatto, quest’ultima, attraverso l’Ufficio federale di statistica Destatis ha visto decretare il proprio stato di recessione tecnica.
Nulla togliendo all’ovvia importanza sul dibattito riconducibile all’innalzamento del tetto del debito Usa, la flessione avuta dai mercati azionari, appare più improntata a un anticipato test di natura tecnica sull’attuale livello delle quotazioni che, viceversa, al timore di un eventuale prossimo default statunitense. L’area di prezzo coincidente al supporto dinamico rappresentato dai recenti minimi (2.774-2.782 punti) individua il momentaneo ostacolo a una potenziale inversione di tendenza in ottica di brevissimo termine.
Certamente, la violazione di quest’ultima soglia, agevolerebbe un significativo downside con primo obiettivo inferiore a quota 2.771 punti. Conseguentemente a quest’ultimo ravvicinato traguardo, l’intero palinsesto algoritmico vedrebbe un sostanziale ripiegamento sui più sensibili e reattivi leading indicators che, oggettivamente, convertirebbero il loro attuale debole buy signal in un più concreto sell. Una possibilità per evitare questo scenario potrebbe giungere con un ritorno dei prezzi oltre area 2.853,07 punti: questa ipotesi, però, dovrebbe concretizzarsi attraverso una chiusura settimanale al fine di poter beneficiare di un più accentuato consolidamento sull’intero impianto grafico.
Come indicato, il principale rappresentante dell’asset class bond (rif. JPM GBI Gl. Usd) ha capitolato in territorio negativo anche nel corso dell’ultima tornata settimanale. Ora, rispetto ai recenti massimi di anno registrati lo scorso aprile, il saldo complessivo vede un ritracciamento di oltre quattro punti percentuali (-4,04%) di cui un -3,33% nel solo trascorrere delle ultime tre settimane.
Il margine positivo da inizio anno si ormai assottigliato a un modesto +0,107% azzerando complessivamente la precedente conseguita ripresa. Questo ennesimo ripiegamento deve imporre, ancora una volta, una più approfondita analisi in ambito di allocazione di portafoglio che, oggetto delle prossime decisioni di politica monetaria, vedrà ulteriormente penalizzare la fiducia dei suoi potenziali destinatari: gli investitori più prudenti. Complessivamente, la debolezza dell’intero comparto era stata da noi sottolineata più volte e, in occasione dell’ultimo aggiornamento, avevamo posto l’accento sull’insieme dei principali titoli di stato decennali internazionali arrivando alla malaugurata ipotesi (oggi realtà) di poter osservare una loro discesa (rif. «La ricerca di segnali dai titoli di stato. Questa settimana sarà fondamentale assistere a un segnale di forza dal comparto obbligazionario per non vanificare la sua finora positiva performance annuale»). Tecnicamente, gli attuali livelli di prezzo impongono molta prudenza in chiave tattica: nel brevissimo termine, infatti, non può essere esclusa una ennesima discesa con argine a quota 475,346 punti che, in caso di mancato supporto, vedrebbe l’approdo a 471,74 punti (minimi di anno). Un’iniziale positività potrebbe giungere con il superamento di area 482,46 che, al momento, identifica il primo target rialzista.
Il fronte delle materie prime, nonostante i suoi recenti spunti, ci vede scettici e soprattutto convinti di una vera e propria debolezza che coinvolge gran parte dei suoi fondanti constituents: sull’intero comparto energy, infatti, l’unico sottostante a dimostrare un ritrovato appeal è il future sull’RBOB Gasoline. Poco interesse, invece, per gli altri componenti energetici: primo fra tutti il principale petrolio (rif. Wti). Sempre rimanendo nelle commodities, ma, guardando al paniere metals, potrebbero sorgere alcuni debbi sulle prossime sedute del “comparto preziosi” (oro e argento), mentre, parallelamente, un eventuale ritrovato ottimismo potrebbe manifestarsi su nickel e rame.
Anche i principali cross valutari hanno vissuto una settimana all’insegna dell’incertezza. Il rapporto Eur/Usd e Gbp/Usd hanno accusato flessioni confermando la nostra precedente view ribassista. Ora, beneficiando delle recenti dinamiche ribassiste, riteniamo opportuno attendere un’eventuale momento di plausibile assestamento. Rimanendo out of the market, comunque, monitoriamo con attenzione un eventuale cedimento su Eur/Usd con potenziale ingresso qualora le quotazioni dovessero arrivare a quota 1,0634.
Mancano una manciata di sedute al termine del mese che, abitualmente, si caratterizza per il suo motto Sell in May and go away. Un cosiddetto invito a vendere che, agli attuali prezzi, vede coinvolta marginalmente l’asset class azionaria (pressoché in parità), ma, invece, penalizza significativamente sia il mercato obbligazionario che le materie prime. Un cambio di paradigma all’orizzonte? Attendiamo l’imminente conferma.
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