Ancora poche di ore di scambi sui mercati internazionali e l’anno in corso volgerà al suo termine. Un epilogo triste dal punto di vista umano rispetto invece a una fine da ricordare se il tutto viene osservato dal solo punto di vista finanziario. Da inizio 2020 a oggi si registrano performance decisamente significative: i mercati azionari rappresentati dall’indice MSCI World Usd vedono un incremento di oltre dodici punti percentuali (+12,07%), mentre l’opposta asset class obbligazionaria individuabile attraverso il benchmark JPM GBI Gl. Usd si attesta poco sotto le due cifre con un +9,14%.



Ci troviamo di fronte a due risultati che in pochi (molto pochi) avrebbero “scommesso” di poter vedere nel pieno della crisi pandemica che ha caratterizzato questi mesi. È opportuno ricordare come nel periodo di massima drammaticità da Covid-19 i mercati mondiali avevano accusato pesanti flessioni su ogni tipologia di investimento detenuto in portafoglio e, nel medesimo periodo, il solo intento di acquistare quote azionarie od obbligazionarie appariva come un azzardo piuttosto che un sensato agire. Oggi, a distanza di qualche mese, possiamo affermare come “il peggio sia passato”, ma questo solo in ottica di dinamica di prezzi registrati. Viceversa, guardando oltre, le incognite economiche appaiono ancora molte e difficili da poter essere contemplate mediante un’analisi cosiddetta tradizionale come se nulla fosse accaduto.



Con buone probabilità, analizzando la crescita dei singoli mercati, è plausibile affermare come non tutti gli investitori avranno potuto beneficiare di questa rivalutazione che, con il trascorrere delle settimane e dei mesi, si è poi potuta concretizzata sui listini. Nel momento di massimo stress (febbraio/marzo) qualcuno avrà venduto per poi ricomprare a prezzi lievemente inferiori rispetto alla liquidazione, altri invece avranno venduto e mai riacquistato, altri ancora avranno prima venduto e successivamente comprato a prezzi maggiori rispetto ai loro precedenti valori; taluni, invece, hanno mantenuto, sofferto, sperato nella risalita, e infine “festeggiato” nell’aver fatto la cosa giusta.



Ebbene, ogni tipologia di comportamento assunto avrà comportato conseguenze in ogni investitore che, nel corso delle molte settimane, avrà vissuto i diversi e molti stati d’animo che negli investimenti è facile incappare: dalla gioia alla paura, dalla sfiducia alla più sconvolgente onnipotenza di chi tutto sa e tutto prevede. Delicate situazioni al pari di quella vissuta quest’anno “segnano” inevitabilmente “l’essere” dell’investitore: un vero e proprio travaglio dell’anima. Sovente, tutti coloro che vedono oltrepassato il baratro della sofferenza, giungono alla conclusione che tale crepaccio sarà scampato negli anni a venire. Ma questo non accadrà.

La ricerca di una formula magica che risolve i problemi della gestione dei propri averi è sempre presente nell’agenda di ogni investitore e, talvolta, la soluzione a corollario del proprio patrimonio viene riassunta in “metodi” ricavati da quella moltitudine di operatori (ovviamente sempre milionari) che spopolano nel web. Noi, non possiamo permettercelo.

Crediamo invece nei numeri e in tutto quello che essi nascondono. Partendo da questo presupposto, disconosciamo l’esistenza della “formula del benessere finanziario”, ma, all’opposto, crediamo fermamente che si possa creare e seguire un metodo che possa veicolare le scelte di investimento. Ora, guardando al 2021 ma con sempre un occhio al passato, possiamo rilevare quanto segue. Dal lontano gennaio 1999 il mercato azionario (rif. MSCI World Usd) è passato dagli iniziali 1.190,77 agli odierni 2.643,07 punti. Viceversa, sempre nel medesimo periodo, la componente obbligazionaria (rif. JPM GBI Gl. Usd) ha visto crescere il proprio livello di prezzo da quota 249,851 all’attuale soglia di 614,19.

A conti fatti il mercato dei bond ha avuto la meglio nei confronti della più rischiosa asset class equity. Noi stessi nutriamo diverse perplessità sulla corretta valutazione rappresentata dai corsi in essere, ma il mercato, mediante i suoi scambi, reputa che la verità (al momento) sia questa. Ne prendiamo atto e, per tutti coloro che credono fermamente nel solo investimento azionario (linea rossa nel grafico), portiamo all’attenzione come quest’ultimo possa essere ottimizzato mediante l’affiancamento della componente obbligazionaria. L’introduzione di quest’ultima ridurrà significativamente la volatilità del portafoglio e, allo stesso tempo, non precluderà il beneficio alla partecipazione delle perfomance azionarie.

Prendendo in esame l’arco di tempo compreso tra il 1999 e il 2020 e impiegando i due soli benchmark sopracitati, si può riscontrare come la combinazione degli stessi possa generare un ottimale rapporto rischio/rendimento grazie alla strutturazione di un investimento composto (linea blu nel grafico) dall’82% in asset class obbligazionaria e il restante 18% in componente azionaria (ripartizione detenuta e mai modificata nell’intero periodo). Quantificando ex post questa possibile soluzione (oltre 20 anni) si vedrebbe un ipotetico investimento (base 100) rivalutarsi nel tempo fino a raggiungere l’attuale controvalore di 241,52.

Nulla togliendo a tutti coloro che vorranno perseverare con l’ambizioso traguardo azionario e il suo connesso lungo periodo, la nostra valutazione viene lasciata al commento di chi legge. Si tratta di una semplice opzione che suggeriamo di approfondire: il mercato farà sempre la sua parte, ma è obbligo di chi investe esser consapevole (prima) di ciò che potrebbe malauguratamente accadere (dopo). Chi ben comincia è alla metà dell’opera.