Fare il banchiere centrale è uno dei mestieri più difficili del mondo. E non ci riferiamo solo al background economico, accademico e analitico che bisogna possedere, ma anche e soprattutto perché, ciclicamente, il malcapitato si trova ad affrontare punti di svolta “storici” dell’economia globale, senza tutto sommato possedere una “cassetta degli attrezzi” particolarmente fornita, sia sul piano dello stato dell’arte teorico, che sul piano pratico del numero di strumenti concretamente utilizzabili.
Se poi il nostro è il presidente della Fed, la Banca centrale per eccellenza, il faro cui tutti gli altri banchieri guardano per “ritarare” a loro volta le politiche monetarie dei singoli paesi di appartenenza, dobbiamo ammettere che quello del banchiere centrale non rientra tra i mestieri più “sexy” e ambiti del mondo (meglio fare l’influencer…).
Inflazione Usa alle stelle
Inoltre quello che stiamo vivendo non è di certo un momento storico come tanti altri: ai disastri fatti all’economa dal Covid ora si potrebbero sommare quelli di un’inflazione fuori controllo. Il Dipartimento del Lavoro Usa ha comunicato che nel mese di novembre l’indice grezzo dei prezzi al consumo è cresciuto dello 0,8% rispetto a ottobre, risultando inferiore alla rilevazione precedente (+0,9%). Su base annuale l’indice si è attestato al +6,8%, superiore alla lettura di ottobre (+6,2%) e pari al consensus. L’indice Core (esclusi energetici e alimentari) è cresciuto dello 0,5% rispetto al mese precedente (consensus +0,5%). Su base annuale l’indice è salito del 4,9%, risultando superiore alla rilevazione precedente (+4,6%), ma in linea con le attese. E attenzione: il fenomeno non è di certo confinato agli Usa.
Anche dalla Germania arrivano indicazioni altrettanto eclatanti: l’Ufficio di Statistica Destatis ha comunicato che l’Indice dei prezzi all’ingrosso (Wholesale Price Index) nel mese di novembre è cresciuto dell’1,3% rispetto a ottobre (dal +1,6% precedente). Rispetto a novembre 2020 i prezzi sono cresciuti del 16,6%, in rialzo dal tasso di variazione annuo di ottobre del 15,2%.
Gli analisti contestano la Fed
Se ai problemi concreti e contingenti dell’economia in un dato frangente temporale, aggiungiamo che, puntualmente, in tali momenti “topici” si raggruppa una pletora di soggetti, esperti finanziari ovviamente, guru della finanza e di Wall Street (si badi bene, molto importanti e di gran nome e pedigree) che lanciano le loro frecce affermando che la Fed sta sbagliando a non intervenire, oppure è intervenuta troppo presto, il mestiere di banchiere centrale diventa frustrante: si può immaginare il povero Jerome Powell che, tornando a casa la sera dalla moglie, oppure di notte mentre cerca di dormire, pensa all’eventualità che forse quest’inflazione non è un fenomeno così transitorio (“Maledetta pandemia… proprio durante il mio mandato…”).
Le aspettative sono, come sappiamo, di una self fulfilling prophecy. Mohammed el Arian (Pimco, figuriamoci, tenuto in grandissima considerazione dalla Cnbc) gliene manda a dire di cotte e di crude, affermando che lui è da almeno 6 mesi che, parlando con i clienti, avverte il pericolo inflazionistico. Stanley Druckenmiller, che ha fatto la maggior parte dei suoi miliardi con Soros, inneggia ancora agli errori del Qe iniziato con Bernanke (tra l’altro, avremmo voluto vedere in che condizioni si sarebbe trovata l’economia americana e mondiale senza il grande esperimento del Qe…).
La Fed diventerà “falco”?
Insomma, la Fed si trova o “behind the curve” o “ahead of the curve”. Abbiamo cercato di metterla un po’ sull’ironico, non tanto per prendere le difese di Powell (o più in generale dei presidenti Fed del passato), poiché non ne hanno proprio bisogno, quanto per il fastidio che, noi miseri analisti, proviamo nell’udire l’insieme delle critiche che da più parti si levano, da Wall Street e da Main Street, contro la Fed che dovrebbe decidersi una buona volta ad attuare in tempi stretti una politica monetaria restrittiva, lasciando cadere le penne da colomba per vestire quelle da falco. Sembra di essere in Italia, quando gioca la nazionale di calcio. Tutti improvvisamente si scoprono commissari tecnici.
Tiene la fiducia dei consumatori
Per fortuna, per il momento, la fiducia dei consumatori americani, un ottimo anticipatore dell’andamento del Pil, tiene. La stima preliminare di dicembre dell’indice di fiducia dei consumatori statunitensi, calcolato dall’Università del Michigan e da Reuters, si attesta infatti a 70,4 punti, risultando superiore alle previsioni degli addetti ai lavori, pari a 67,1 punti, e alla lettura precedente, pari a 67,4 punti. L’indice sulle aspettative future è salito a 67,8 punti dai 63,5 precedenti (attese 62 punti).
Finché i consumatori Usa resteranno fiduciosi la Fed potrà contare su un’economia in espansione e avrà un po’ di margine per cercare di frenare il rialzo dei prezzi senza fare deragliare la ripresa. Nel frattempo i ben noti colli di bottiglia della supply chain dovrebbero risolversi da soli, permettendo alla crescita dei prezzi di raffreddarsi in modo autonomo. In questo caso si andrebbe incontro a un atterraggio morbido, con la Borsa che continua a rimanere su valori elevati, migliorando magari i propri massimi storici.
S&P 500, quadro grafico rialzista
Certo, il rischio di una flessione è sempre dietro l’angolo, ma al momento lo scenario più probabile è che gli indici Usa riescano ad evitare di entrare in territorio correttivo, cosa che avviene quando le quotazioni si allontanano per più del 10% dai massimi.
E se invece i mercati dovessero accorgersi di colpo che l’inflazione è sfuggita di mano e che effettivamente la Fed ha aspettato troppo per agire? Beh, allora sarà meglio allacciare le cinture. Ma perché questo accada l’indice S&P 500 dovrà scendere al di sotto dei 4.500 punti (in quel caso le oscillazioni dal picco di novembre si dimostrerebbero un “doppio massimo”, figura ribassista).
C’è quindi un discreto margine a salvaguardia dello scenario rialzista, un intervallo abbastanza ampio durante il quale avviare strategie a protezione degli investimenti in essere senza rischiare di rimanere con il classico cerino acceso in mano.
(2-fine)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.