L’inflazione aggiorna i propri record negativi. Nel Vecchio continente, la nuova diffusione dei dati dei prezzi al consumo rilevata nelle principali economie europee ha visto un aggiornamento al rialzo. La corsa generalizzata del carovita ha risentito soprattutto del forte incremento dell’energia e dei generi alimentari portando a livelli ormai dimenticati o, in taluni casi, finora mai raggiunti, l’indice complessivo di ciascun Paese. In base agli ultimi rilievi (rif. maggio), la Germania registra un’accelerazione al 7,9% annuo rivedendo i valori dell’inverno tra il 1973 e il 1974; la Spagna, con il dato preliminare pari all’8,5%, aggiorna il massimo dell’ottobre del 1995. L’Italia, invece, con il suo aumento mensile di poco inferiore all’unità (0,9%), riporta un picco annuo del 6,9% (rispetto al precedente 6,0%) che, come si legge nel consueto “Commento” a margine della rilevazione Istat, vede un’inflazione che: «torna ad accelerare salendo ad un livello che non si registrava da marzo 1986 (quando fu pari a +7,0%)». A completare questa serie e a incrementarne il sempre negativo ruolino di marcia giunge, inoltre, la sintesi di Eurostat sull’intera eurozona: 8,1% su base annua ovvero un valore mai registrato nella storia dello stesso indice partito nel gennaio 1997.
L’impennata dei prezzi, verosimilmente, sta caratterizzando ogni nuova pubblicazione. Consumatori e risparmiatori appaiono inermi a ogni dato e, tra il susseguirsi di ciascun incremento, la parola fine a questa continua e impervia salita non sembra giungere: almeno nel breve termine. A destare ulteriore apprensione (o a dir poco stupore) in ottica futura, sono arrivate nel corso delle ultime ore le dichiarazioni del segretario al Tesoro americano Janet Yellen che, sobriamente, ha ammesso nel corso di un’intervista sulla Cnn: «Penso di aver sbagliato allora sul percorso che l’inflazione avrebbe preso» quando quest’ultima – un anno fa – «rappresentava solo un “piccolo rischio”» (fonte Ansa).
Prendere atto di una tale considerazione in ambito economico non può che lasciare privi di ogni riferimento per il domani. Non solo tra i cosiddetti addetti ai lavori, ma, soprattutto, in sede di gestione dei propri risparmi. Bene errare poiché certamente nessuno è infallibile, ancor più in un campo perennemente minato come quello finanziario. Allo stesso tempo, però, si ritiene opportuno sottolineare come l’entità di questo errore riconducibile all’andamento dell’inflazione e ai suoi inaspettati livelli finora raggiunti non possa essere minimamente affiancato al citato e sminuito «piccolo rischio». I dati parlano chiaro: si stanno scrivendo nuove pagine di storia economica che, inoltre, se contestualizzate in un più ampio e intricato scenario (v. guerra Russia/Ucraina), mostrano un mosaico privo di sufficienti tessere per essere quanto meno assemblato poiché il suo completamento risulta ancora lontano.
A sottolineare il perdurare di questo stato di incertezza, anche sul fronte degli investimenti, è possibile vedere come le soluzioni maggiormente destinate a risolvere gli attuali problemi (rif. inflazione) non sembrano rappresentare la migliore via da percorrere.
Nello scorso agosto avevamo riportato come ci fosse stata una possibilità nel poter sfruttare l’allora potenziale rialzo dei prezzi al consumo mediante l’utilizzo di specifici strumenti finanziari. Successivamente, sul finire di anno, avevamo inoltre verificato quanto effettivamente capitalizzato in conto capitale qualora si fosse optato per tale opzione. Oggi, a distanza di alcuni mesi, i valori dell’inflazione sono effettivamente cresciuti e, ancora una volta, “il mercato” non ha rispettato la regola di una perfetta coincidenza tra l’economia (prezzi al consumo) e la finanza stessa (investimenti). Osservando, infatti, l’andamento del nostro precedente riferimento (Bloomberg Barclays Capital US Government Inflation-Linked Bond) è possibile riscontrare come la performance da inizio anno sia decisamente in territorio negativo: -6,58%.
Estendendo l’analisi anche ad altre simili forme di investimento comunque legate al carovita si possono effettivamente rilevare perdite (talvolta significative) in conto capitale. I motivi alla base di questa debacle? Molteplici, ma, allo stesso tempo, un unico e principale possibile fattore che il consueto circolo della finanza conosce: «Buy on the rumours, sell on the news». Ad agosto 2021 l’inflazione rappresentava un probabile colpo di sole, oggi, invece, a inizio giugno 2022, la conseguente scottatura inizia a farsi sentire: decisamente alto il pericolo di una lunga insolazione.
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