La proposta di apertura della procedura d’infrazione è stata avanzata dalla Commissione Ue e i conti italiani tornano nel mirino di istituzioni internazionali e società di rating. Eppure, come sottolinea Alessandro Magagnoli, analista tecnico e cofondatore di Financial Trend Analysis (Ftaonline), “se maggio si era chiuso con una preoccupante accelerazione al rialzo dello spread tra Btp e Bund che non lasciava presagire nulla di buono, le prime sedute di giugno hanno fatto registrare un allentamento delle tensioni. Il rendimento del Bund tedesco è sostanzialmente stabile, negativo attorno al -0,2%, a essersi ridotto è quello del Btp, che grazie ad acquisti importanti di titoli è tornato a occhieggiare il 2,5%”.
Risultato?
Lo spread si è allontanato visibilmente dai picchi di area 295 toccati a fine maggio. Anche lo scenario grafico è abbastanza confortante: la sparata in area 290/295, che si era avviata dai minimi di marzo, ha infatti ripercorso quasi esattamente la metà della discesa che si era realizzata dai massimi dello scorso ottobre di quota 345/346.
Come interpretare questo movimento all’ingiù?
Un ritorno, o “ritracciamento” per dirla con gli studiosi dei grafici, della metà di un movimento precedente permette di inquadrare la reazione come un fisiologico rimbalzo e non come un tentativo di inversione della tendenza. Finché lo spread si manterrà al di sotto di area 295, il trend dominante resterà quello ribassista in atto dall’ottobre 2018, che potrebbe anche permettere un avvicinamento dei 230 punti base, con obiettivo successivo in area 210. Certo, un valore sempre elevato, se si confronta con la media europea, ma che introdurrebbe una sorta di area cuscinetto tra le quotazioni e la soglia di guardia dei 300 punti e che permetterebbe agli investitori di adottare un atteggiamento più rilassato non solo nei confronti dei bond, ma anche delle Borse.
Perché?
E’ innegabile che in questo momento le oscillazioni dello spread e quelle dell’indice Ftse Mib abbiano una forte correlazione inversa: l’indice di correlazione, calcolato a 252 sedute, è stabilmente al di sotto del valore di -0,5 ormai da un anno circa, con picchi intorno a -0,90, valore molto vicino alla correlazione inversa perfetta che si registra a -1,0.
Che cosa potrebbe aver favorito questo inatteso ridimensionamento dello spread, tra l’altro in un momento molto complesso come l’attuale?
Giocando d’anticipo per far scendere il livello dello scontro interno il premier Giuseppe Conte ha chiesto chiarezza ai partiti di maggioranza – M5s e Lega – sul sostegno all’attuale governo. Ai mercati questa richiesta di chiarezza è piaciuta, anche se, in vista del prossimo durissimo appuntamento con la Legge di bilancio in autunno, oltre ai noti dossier che dividono i due azionisti di maggioranza – dalla Tav alla giustizia – si intravedono pericoli e tentazioni di nuove geometrie del potere. Ma l’impronta “quirinalizia” di questo esecutivo, ravvisabile non solo nel ministero dell’Economia e in quello degli Esteri, ma soprattutto nella presidenza del Consiglio, potrebbe chiaramente avere un peso.
In che senso?
Il Quirinale, data l’urgenza dei dossier che l’Italia deve affrontare in questi mesi, potrebbe cercare attivamente nuovi equilibri in Parlamento, spingendo per un nuovo esecutivo al servizio del Paese. Forse la definizione di governo tecnico, dato lo scarso favore presso gli elettori, non sarebbe la più adeguata, ma potrebbe trattarsi di un governo di scopo, appoggiato dal Quirinale, che metta in sicurezza i conti. Ed è probabilmente questo il motivo per cui nelle ultime sedute i mercati hanno graziato temporaneamente i titoli del debito pubblico italiano, nonostante un contesto internazionale molto difficile, con un governo tecnico in Austria, il protezionismo Usa sempre più d’impronta anti-Ue e la “no-deal Brexit” che rimane un’incognita per tutti.
Che segnali ha colto in anticipo la Borsa?
La Borsa sembra aver recepito il messaggio che un’alternativa allo scontro frontale con la Ue è possibile e ha interrotto la repentina discesa vista dal massimo del 17 aprile, dopo aver toccato un livello graficamente molto significativo, a conferma che spesso i mercati, che vivono di aspettative, sono in grado di anticipare il flusso delle notizie e assumere una posizione corretta già prima che le novità si manifestino.
Tradotto in livelli grafici?
I minimi del 31 maggio del Ftse Mib a 19.535 punti sono a contatto con il 61,8% di ritracciamento del rialzo dai minimi di fine dicembre, quindi il ribasso delle ultime settimane per il momento non ha invertito la precedente tendenza rialzista, quella partita il 27 dicembre da quota 17.914, ma l’ha solo temporaneamente interrotta. Certo, la reazione dovrà fare ancora strada prima di allontanarsi dal rischio di nuovi pesanti cali: solo oltre la media esponenziale a 50 giorni, passante a 20.800 circa, diverrebbe infatti probabile un tentativo di ricopertura del gap ribassista del 6 maggio con lato alto a 21.665 e un nuovo test dei massimi di aprile a 22.053 circa.
Cosa potrebbe succedere a quel punto?
Se i prezzi avvicinassero quella quota, è giusto ricordare che i massimi di aprile sono esattamente sul 61,8% di ritracciamento, ma questa volta del ribasso dai massimi di maggio 2018. Senza la rottura di area 22.050, quindi, dopo un’eventuale fase di ripresa che potrebbe tenere impegnato il Ftse Mib nelle prossime settimane, si rischierebbe una nuova discesa. E in questo caso anche al di sotto dei minimi di fine maggio.
Oltre area 22.050 invece?
Le motivazioni che potrebbero sostenere un tentativo di rimbalzo dai prezzi attuali si dimostrerebbero credibili, con l’indice che si metterebbe in caccia, se non dei massimi di maggio 2018, almeno di quelli di giugno o luglio 2018, in area 22.250/22.500.
In caso di violazione immediata dei 19.500 punti, fin dove potrebbe scivolare l’indice?
La violazione costringerebbe a una drastica revisione del quadro grafico del Ftse Mib, che sarebbe probabilmente dovuta a un precipitare del quadro politico italiano. La qual cosa verrebbe sicuramente segnalata anche da un’impennata dello spread nuovamente oltre i 290/295 punti. E sotto quei livelli per il Ftse Mib diverrebbe difficile evitare il ritorno almeno sui minimi di dicembre a 17.915 circa, con un unico supporto intermedio rilevante a 18.775 punti.
(Marco Biscella)