Il 2023 può essere ricordato come l’anno finanziario del ritrovato equilibrio. Prescindendo dalle singole performance conseguite, che comunque sono significative, il fattore che mancava da oltre due anni ha ripreso la sua più elementare e semplicistica forma di parallelismo. Facciamo esplicito riferimento al più classico e tradizionale binomio che vedeva contrapposti i mercati azionari a quelli obbligazionari: i primi in veste di veicolo portatore di rischio, ma con un potenziale rendimento elevato, mentre, i secondi in qualità di componente più consona alle esigenze di coloro che le perdite vorrebbero evitarle preferendo un risultato modesto e proteggendo il patrimonio.



Quest’ultimo assunto, per tale categoria di investimenti e investitori, gli anni 2021 e 2022 ha decisamente lasciato il segno: meno. Un meno che, per la sua stessa entità, ha accumulato una flessione complessiva di oltre 23 punti percentuali riscoprendo un’inaspettata voracità nel divorare i risparmi ritenuti “al sicuro”. Le motivazioni sono state molte ed è inutile elencarle poiché largamente commentate e, ormai, relegate alla storia finanziaria. Importante, invece, sottolineare come quanto accaduto sull’intero comparto obbligazionario nel trascorso biennio 2021-2022 possa rappresentare un record (negativo): da non dimenticare.



Arriviamo ai giorni nostri e, come anticipato, a questo ritrovato equilibrio. L’anno che si è appena concluso ha decisamente marcato il proprio tradizionale e caratteristico territorio vedendo primeggiare i mercati azionari internazionali con un rendimento a doppia cifra (MSCI World Usd +21,77%) e una percentuale molto più circoscritta (+7,04%) per la compagine dei cosiddetti Paesi emergenti (rif. MSCI Emerging Usd). A queste variazioni, il 2022 ha poi favorito (prevalentemente nell’ultima parte) una sorta di ritorno del figliol prodigo ossia l’intera componente obbligazionaria che, varcando ampiamente la soglia della parità, ha concluso a +4,13% (JPM GBI Gl. Usd) e a +10,30% con la quota emerging bond (EMBI+). A questi buoni risultati fa da contraltare la performance negativa riconducibile alle materie prime (rif. CRB Index) che, capitolando a -5,01%, interrompe l’eccellente andamento iniziato nel 2021.



Sul versante azionario, nonostante l’ottava trascorsa abbia terminato in ribasso, l’indice di sentiment Vix continua la sua collocazione in area 13 punti identificando una smaliziata tranquillità tra gli operatori non ancora presenti al cento per cento causa le festività che, solamente ieri, sono terminate. Attualmente, sul sottostante MSCI World Usd si può individuare area 3.086,91 punti quale primo supporto statico in caso di ulteriore cedimento del livello dei prezzi. Positivo, invece, il ritorno delle quotazioni a 3.124 punti con possibile rivalutazione oltre i massimi conseguiti lo scorso anno. Sempre equity, ma con sguardo rivolto all’esposizione sui cosiddetti Paesi emergenti, l’indice MSCI Emerging vede un’importante area di prezzo (supporto) confinata a ridosso della soglia psicologica dei 1.000 punti: infatti, il range compreso tra 992.479 e 1.001,23, qualora dovesse subire un cedimento, agevolerebbe un pericoloso downside con target in prossimità dei 983,16 punti.

Favorita dal recente allungo sul finire del 2023, l’intera asset class obbligazionaria, si fa forte di un indice MOVE rientrato a valori ben più ridotti se raffrontato ai massimi di ottobre. Oggi, con una soglia a quota 116 punti, un rischio sistemico di momentum non appare contemplato dal mercato. In questa nostra consueta analisi settimanale, rispetto al passato, introduciamo (sostituendo) il monitoraggio e l’analisi sul Bloomberg Global-Aggregate Total Return Index Value Unhedged USD che, essendo assimilabile al precedente JPM GBI Gl. Usd gode, però, di una maggiore visibilità e replicabilità operativa. Le attuali quotazioni (464,87 punti) potrebbero puntare all’importante livello individuabile a 459,98 punti: un suo mancato supporto comprometterebbe gran parte del recente rally con plausibili (ulteriori) implicazioni ribassiste. Un altro nuovo sottostante che affiancherà il precedente benchmark governativo è rappresentato dal Bloomberg Multiverse Total Return Index Value Unhedged USD che, comprendendo anche una quota high yield, potrà certamente interessare molti osservatori.

Quadro tecnico contrastato sulle materie prime. Il consueto CRB Index, da oltre un mese, vive di moto proprio che lo isola all’interno di un trading range delimitato nell’area di prezzo 260,50-267,62 punti: operativamente, questi ultimi valori, rappresentano gli attuali obiettivi di brevissimo termine che, se varcati, innescherebbero un significativo movimento direzionale.

Particolare attenzione, quindi, già nel corso delle prossime sedute. Nel basket energy il gas naturale si trova a ridosso di soglia 2,925 che, in caso di rottura, vedrebbe un ulteriore allungo ben oltre quota tre. Anche l’heating oil si pone tra i sottostanti più interessanti con un ambizioso target rialzista (area 300) di breve termine: quest’ultimo traguardo potrà concretizzarsi a seguito di un primo step coincidente con il sopravanzare dei prezzi oltre quota 272,50. Sul paniere metals “non preziosi” viene posto sotto la lente il rame che, in ottica di brevissimo termine, potrebbe subire la pressione dei venditori come già accaduto su nickel e alluminio. Dubbi, anche sulla tenuta del contrapposto versante dei cosiddetti “metalli preziosi” con oro e argento alle prese con l’importante tenuta dei loro attuali valori: una flessione non può essere esclusa.

In ambito valutario il principale cross Eur/Usd appare ridimensionato dal punto di vista della forza relativa e solo un fisiologico ritorno in prossimità di area 1,085 contribuirebbe alla prosecuzione dell’attuale trend rialzista. Stallo, invece, sul rapporto Gbp/Usd che da tre settimane consecutive registra sessioni weekly all’insegna dell’incertezza. Guardando a Usd/Jpy, la scorsa ottava ha visto un importante movimento caratterizzato da un significativo ATR (average true range) che, attualmente, identifica quota 140,80 e 144,95 quali price entry (short o long) per ciascuna strategia operativa (con comune take profit a +0,75pb).

Accantonati questi nostri consueti “appunti operativi” cosa potremmo aspettarci dal nuovo anno? Escludendo ogni tipologia di eventi imprevisti che, pertanto, non possono essere associabili alle molte incognite di natura economica-finanziaria, l’unica certezza che potrà contraddistinguere il 2024 risiede nella ritrovata e soddisfacente remunerazione della componente obbligazionaria. In questi ultimi anni, i primi giorni di gennaio hanno rappresentato per il risparmiatore (prudente) una sorta di approccio filosofico kierkegaardiano: un obbligato aut aut che, talvolta, ha visto favorire la componente più rischiosa quale possibile strumento per ottenere una potenziale rivalutazione. Oggi, invece, tutti coloro che non amano questo tipo di approccio possono, finalmente, pianificare il loro anno improntando le scelte al più modesto, ma, “certo” rendimento.

Ad alcuni, questa remissiva opzione potrà apparire inefficiente poiché underperforming rispetto all’inflazione. Noi, a tale obiezione, preferiamo il rendimento positivo poiché, accusare un’eventuale perdita, equivarrebbe ad avere una “nuova inflazione” di maggiore entità rispetto a quella attualmente in essere.

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