La scorsa settimana abbiamo ancora assistito a una serie di saldi positivi sui principali indici azionari internazionali. Nonostante la modesta entità delle singole variazioni percentuali, i prezzi si sono riportati in prossimità di nuovi massimi annuali. Il principale indice statunitense (S&P 500) quota a pochi punti dai propri massimi storici: già nel corso dell’ottava trascorsa si sono potuti registrare scambi interessanti sempre in prossimità dell’area psicologica dei 2.900 punti. Un dato significativo da riportare all’attenzione dell’investitore è quello derivante dall’analisi dell’Average True Range (abbreviato in Atr) su base settimanale: l’escursione complessiva ammonta a soli 26,1 punti ovvero a circa lo 0,80% rispetto la chiusura settimanale precedente. Un valore che, se comparato in termini assoluti non trasmette la sua vera forza implicita, ma, se raffrontato in ottica di analisi relativa, è un chiaro segnale anticipatore sul potenziale incremento di volatilità che si registrerà nel breve termine.



Come già indicato in precedenza, l’indice azionario statunitense appare il meglio impostato verso nuovi massimi: attraverso la più recente analisi algoritmica sembra si possa “intravvedere” un potenziale upside di brevissimo periodo caratterizzato da un successivo ritracciamento. Area 2.860,31 punti corrisponde al supporto dinamico che – in caso di sua violazione – negherebbe l’attuale impostazione rialzista con obiettivo al ribasso pari a 2.836.03 punti. Scenario rialzista con un indice che prima raggiunge e successivamente supera (in chiusura) i 2.907,41 punti: questa ipotesi agevolerebbe un ulteriore allungo con – molte probabilità – di far registrare nuovi massimi storici. Nonostante il quadro possa definirsi positivo, qualora si verificasse quest’ultima casistica, è suggeribile capitalizzare parte dei guadagni in essere (per tutti coloro che sono già posizionati), mentre per chi è “fuori dal mercato” è auspicabile attendere una prima fase di realizzi al fine di potersi posizionare in chiave rialzista.



Piazza Affari – attualmente – occupa il primato in veste di capofila in ottica di classifica delle migliori borse europee nel corso del 2019. Con un saldo positivo di quasi 20 punti percentuali distanzia tutti i principali indici. Estendendo l’orizzonte di analisi all’esterno dell’area euro, solo lo Shangai Composite Index sovrasta il nostro principale indice domestico (Ftse Mib) con un incremento di oltre il 30%. Entrambe le borse (quella italiana e quella cinese) appaiono sopravvalutate rispetto ai principali benchmark di riferimento: per l’Italia il confronto avviene con l’Indice Stoxx 600 (+15,64% da inizio anno), mentre la piazza orientale viene comparata all’indice internazionale Msci World (Val. Loc.) che vede un saldo positivo attestarsi al 14,84%. Tali scostamenti oltre le proprie medie finanziarie (indici di appartenenza) rappresentano – molto spesso – veri e propri eccessi prima di successive fasi di debolezza.



Per la Borsa italiana, valgono ancor più le indicazioni espresse per l’indice S&P 500: cogliere l’opportunità di questi valori per alleggerire il proprio portfolio investimenti per tutti coloro che sono già investiti. Monitorare l’eventuale cedimento del supporto dinamico a 21.755,08 punti: un mancato pull back favorirebbe un ulteriore indebolimento con target ribassista a 21.348,90 (primo obiettivo). Rimane confermata la soglia a 22.193,79 punti come indicazione – in caso di suo superamento – per un ritorno verso nuovi massimi dell’anno.

Sul fronte delle materie prime e con specifico riferimento al prezzo del “bene rifugio” per eccellenza (Gold Index), il nostro precedente monito ribassista “dei primi giorni della settimana” ha trovato subito riscontro con l’andamento negativo del prezzo del metallo prezioso. Graficamente il sottostante appare giunto a un vero e proprio punto di non ritorno: qualora i corsi si riportassero sopra area 1.284,38 dollari, il lingotto vivrebbe una prima fase di lateralità con successivo potenziale upside sopra la soglia psicologica dei 1.300. Caso opposto, e pertanto da monitorare attentamente, qualora i prezzi violassero (con valenza ancor più significativa se in chiusura) il supporto a 1.270: il primo target ribassista corrisponderebbe a 1.246,90 dollari con difficili probabilità di rimbalzo nel brevissimo periodo.

Nel corso della settimana assisteremo a importanti appuntamenti che interesseranno soprattutto il nostro Paese: è atteso il nuovo aggiornamento da parte dell’agenzia di rating S&P e poco prima – il 23 aprile – giungerà in Consiglio dei Ministri il Decreto Crescita con le proprie implementazioni (v. provvedimento “Salva Roma”).

Alla vigilia delle ormai imminenti elezioni politiche europee, almeno nel nostro Paese, si respira un’aria fin troppo rarefatta: auspicare una “nuova” boccata d’ossigeno sembra essere utopia soprattutto in ottica finanziaria. Anticipare i tempi del mercato – vendendo le proprie posizioni in essere – potrà apparire prematuro e sbagliato dal punto di vista accademico, ma, con le significative plusvalenze registrate finora, potrebbe invece rappresentare un sano gesto di prudenza rispetto a un atteggiamento di superbia nel mantenerle e pensare di avere ragione contro il mercato. La prudenza è virtù.