I mercati hanno brindato alla cerimonia di giuramento del neoeletto Presidente statunitense Joe Biden: gli indici azionari Usa hanno aggiornato i loro rispettivi record e, subito dopo, hanno rallentato la loro corsa rimanendo pur sempre in prossimità dei nuovi valori raggiunti. Appena insediato, l’inquilino della Casa bianca ha subito imposto un cambio di rotta con il passato e, attraverso la firma di 17 provvedimenti, ha voluto interrompere e “cancellare” l’operato del suo predecessore. Di certo, questo spiccato e iniziale input decisionale, dovrà essere confermato nel corso del proprio mandato e – il mercato – terrà monitorati gli eventuali sviluppi.
A una componente equity che capitola la propria ottava in territorio positivo ben oltre la parità (+1,51% viene registrato dal benchmark internazionale MSCI World Usd) si affianca con un risultato pressoché nullo l’asset class bond: a +0,06% termina il sottostante JPM GBI Gl. Usd. Di segno opposto, invece, l’epilogo settimanale del CRB Index che, in flessione dell’1,37%, vede confermata la violazione del supporto individuato a 174,394 punti con serie implicazioni in ottica di brevissimo periodo.
Grazie a un contesto caratterizzato da una circoscritta volatilità (indice Vix tra i 21 e 24 punti) – l’indice MSCI World Usd – ha prima oltrepassato l’area da noi in precedenza individuata a 2.699,37 punti (con un massimo weekly a 2.770,88) per poi ripiegare presso quota 2.755 punti.
Di fatto, la dinamica di prezzo riscontrata nel corso della trascorsa ottava ha fedelmente ricalcato il nostro scenario, ma, allo stesso tempo, l’aver concluso l’ultima seduta in territorio negativo può far pensare a un possibile ulteriore ripiegamento dei corsi con primo obiettivo in corrispondenza a quello già individuato (2.520,70 punti) e senza escludere la violazione dello stesso. A evitare questa ipotesi sarà favorevole il ritorno dei prezzi oltre area 2.798,52 che, se concretizzato mediante una chiusura al di sopra di tale soglia, potrebbe – fin da ora – far “pronosticare” il raggiungimento dei 3.000 punti (rif. indice S&P 500).
Se le sorti del mercato azionario appaiono ben definibili ex ante, quelle del contrapposto mercato obbligazionario (rif. JPM GBI Gl. Usd) incorporano una fase congestionata nella serie storica dei prezzi. Nonostante l’impercettibile variazione settimanale, sembra essere in gestazione la costruzione di un ristretto trading range: se così fosse (e per il quale rinnoviamo ancora una volta il nostro auspicio), il supporto a 608,43 verrebbe confermato come soglia di alert ribassista (con nuovo target a 606,53) mentre, area 611,34 si configurerebbe come resistenza che, se oltrepassata, riporterebbe gli scambi ben al di sopra di quota 613,40 punti.
Rimanendo in territorio obbligazionario, ma restringendo l’osservatorio alla sola Italia, riteniamo opportuno soffermare l’attenzione a quanto accaduto al differenziale tra Titoli di Stato decennali domestici e quelli tedeschi.
Al termine della settimana i valori dello spread hanno concluso oltre i 123 punti facendo registrare un picco massimo a 126,5; inevitabile il rialzo dei rendimenti che – dal precedente e ormai stabile 0,50% – hanno visto lievitare in poche ore lo YTM (yield to maturity) a 0,71% decretando il sorpasso dell’Italia nei confronti della Grecia. Rispetto alla prima sfida parlamentare, la ritrovata tensione sul differenziale domestico sembra preludere a un possibile “smottamento” in chiave politica nazionale. I mercati finanziari non gradiscono l’incertezza soprattutto se di natura istituzionale; inoltre, il Bel Paese è stato già attenzionato dall’agenzia di rating Moody’s. Qualora l’esecutivo, e il Premier Conte, dovessero continuare senza alcuna sostanziale modifica al loro operato, il timore di una pesante ricaduta finanziaria appare imminente. Forse, al momento, la più gradita e attesa risoluzione dell’impasse italico, potrebbe essere rappresentata dal tanto vociferato “Conte Ter” con l’implicita rassegnazione delle dimissioni dello stesso attuale Premier e la costituzione di una neonata compagine di Governo. Sicuramente l’Europa guarderà il tutto con particolare interesse.
Le commodities – rappresentate dall’indice CRB – hanno arrestato la loro corsa e i minimi settimanali a quota 172 punti hanno visto collocare i prezzi a poco più della metà dell’ipotizzato ritracciamento (-3,67% rispetto il supporto a 174,394). L’attuale impostazione grafica vede una plausibile flessione con primo target in prossimità di area 170,453 punti. Solo il ritorno delle quotazioni al di sopra di soglia 174,306 potrebbe scongiurare il pericolo di un marcato downtrend di breve termine che, certamente subordinato, sarà dipendente dalle sorti dell’andamento del petrolio (rif. WTI): per quest’ultimo, lo ribadiamo, non si può escludere (nel breve termine) un ritorno sotto i 50 dollari e più precisamente a 49,317.
Sul comparto metals (rif. preziosi) il preannunciato incremento di volatilità è arrivato e i rispettivi ATR (average true range) settimanali di oro ed argento ne confermano la presenza: benché la flessione finale («stimabile oltre i due punti percentuali») non si sia osservata per entrambi i preziosi, il nostro outlook è ancora negativo su base weekly. Restando in ottica metals, ma non preziosi, il nickel ha registrato nuovi massimi portandosi a ridosso di 18.500 per successivamente scendere sotto 18.000. Tale movimento potrebbe inficiare il trend (rialzista) in atto che, in caso di ripiegamento oltre 17.450, vedrebbe la sua naturale conclusione: particolare attenzione al monitoraggio del supporto a 17.820. Anche l’alluminio ha visto una settimana contraddistinta da un pull back iniziale (coerente con la strategia proposta) per poi allineare la propria chiusura alla precedente sessione weekly. Attualmente non viene assunta alcuna posizione poiché si rimane in attesa della conferma di quota 1.935. Iniziamo a prendere in considerazione un potenziale posizionamento short sul rame: il mancato supporto a 355,80 potrebbe innescare forti vendite con target a 348,95 (breve termine). Nel paniere energy intravvediamo possibili movimenti direzionali su heating oil (short) e natural gas (long): per entrambi, l’eventuale strategia di ingresso sarà delineata prossimamente.
Sul versante valutario, il principale cross Eur/Usd, si è riportato oltre area 1,215 confermando pertanto il relativo target (1,2271). Da temere un ritorno degli scambi inferiore a quota 1,2126 che, se realizzato, agevolerebbe una discesa con nuovi massimi mensili.
Il trascorrere di questa settimana (ultima del mese) potrà incidere sulle nostre periodiche stime di prezzo (rif. mensile) e la tenuta della componente obbligazionaria rimane il principale driver di un possibile turnover di portafoglio da bond a cash (e non equity). Il dinamismo nel gestire il proprio patrimonio è fondamentale e per l’intero arco del 2021 dovrà essere ancor più accentuato: questo potrà avvenire solamente se in possesso della liquidità che, oggi, vede noi stessi privilegiare.