Gli ultimi dati sull’economia americana hanno confermato la possibilità di un ciclo di rialzo dei tassi più veloce di quanto si potesse attendere; i dati usciti ieri fotografano un’economia in piena occupazione con un tasso di disoccupazione al 3,9% e incrementi del salario orario. È la conferma statistica di un fenomeno, “the great resignation“, ormai entrato nelle discussioni comuni con cartelli di offerte di lavoro ovunque e una cronica mancanza di personale che si traduce in disservizi e lunghe ore di attesa anche nelle principali catene “retail”.



Il corollario di questo fenomeno è l’inflazione che pesa sulle tasche della classe media e diventa uno dei temi caldi della discussione politica. I primi mesi dell’anno, da questo punto di vista, potrebbero aggiungere ulteriore benzina al fuoco perché dal primo gennaio si applicano i nuovi listini che riflettono tutti gli incrementi dei costi finora rimasti nei bilanci delle aziende. I titoli dei giornali sull’inflazione potrebbero aggiornare nuovi record. Per la Federal Reserve e l’Amministrazione Biden mantenere i livelli di stimolo in corso diventa politicamente complicato. 



Sullo sfondo rimane l’andamento della pandemia su cui però si sta assistendo a un cambio di narrazione. Giovedì il New York Times pubblicava la notizia di un cambio di strategia che i consiglieri di Biden starebbero suggerendo al Presidente. I consiglieri vorrebbero che venisse adottato un approccio completamente differente basato sulla convivenza con il virus piuttosto che sull’obiettivo di eliminarlo. Il Sindaco democratico di New York De Blasio qualche giorno fa ha dichiarato: “Mai più lockdown. Ci siamo passati. Sono devastanti. Non possiamo farne altri”. Il suo portavoce chiariva in questi termini: “Il Sindaco crede che si possano bilanciare le priorità della sanità pubblica e quella di tenere New York aperta in un modo sicuro e responsabile”. Il Sindaco super democratico di Chicago ha lasciato a casa senza stipendio gli insegnanti che si sono rifiutati di insegnare in presenza mettendosi contro uno dei sindacati più potenti del partito.



Il Covid non può più essere una “scusa” per coprire politiche monetarie ultra accomodanti perché i lockdown non vanno più di moda e prevale una visione realistica e di buon senso che include anche altre esigenze.

Lo spettro di un ciclo di rialzo dei tassi diventa più concreto in uno scenario che somma inflazione record, piena occupazione e fine delle misure emergenziali più impattanti sull’economia. Finora il mercato ha aspettato nella convinzione che si trattasse di un bluff. Non è chiaro cosa possa succedere alle quotazioni di azioni e obbligazioni se gli investitori venissero presi in contropiede. Nel breve-medio termine si potrebbe assistere a volatilità sui listini e i Paesi più deboli politicamente e finanziariamente verrebbero messi nel mirino. Allungando l’orizzonte occorre inserire altre variabili perché il debito è un multiplo di quello del 2019, prima che le economie occidentali venissero devastate da ondate di lockdown e restrizioni, e perché la Federal Reserve non può stampare lavoratori o consumatori. Se il mercato è in piena occupazione e il tasso di partecipazione al lavoro si scontra con un limite “oggettivo” non si capisce da dove dovrebbe arrivare la crescita che viene assunta da tutti gli operatori come antidoto al debito. 

Il crollo delle nascite è un fattore non secondario in questo contesto. La Federal Reserve come unico antidoto alla “mancanza strutturale di crescita” ha politiche monetarie espansive. È un circolo vizioso che viene da lontano, ma da cui non c’è uscita nello schema attuale. Sembra più semplice immaginare la conclusione rispetto agli sviluppi dei prossimi mesi e trimestri che invece potrebbero regalare volatilità e incertezza.

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