Eppur si muove e in costante decadenza. Non si tratta di un rimando a qualche galileiana considerazione, bensì all’erosione che finora è avvenuta sul comparto obbligazionario: il principale benchmark internazionale (rif. JPM GBI Gl. Usd) registra una performance negativa YTD (year to date) di oltre due punti percentuali (-2,23%) ovvero una variazione verosimilmente identica a quella raffrontata (-2,288%) ai suoi stessi massimi storici toccati quest’anno. La recente cronaca finanziaria si è concentrata su altri temi con maggiore appeal per chi legge (per esempio, la vicenda GameStop), mentre, inavvertitamente, ha tralasciato il commento (a beneficio di chi invece investe) dell’attuale débâcle dei bond governativi. La discesa – in termini assoluti – non può lasciare indifferenti poiché, se comparata alla performance annuale del 2020 (+9,68%), vede in un solo mese un sensibile ritracciamento. 



A riconfermare l’attuale (delicato) status obbligazionario è sufficiente considerare il trend ribassista del decennale statunitense che, rispetto ai massimi dello scorso agosto (140,4063 punti), vede le attuali quotazioni in prossimità di area 136,50. Il timore sul mercato dei bond era già nell’aria e la nostra «principale attenzione (e preoccupazione)» trova oggi concreto riscontro nei prezzi. È opportuno ricordare come fin da inizio anno il potenziale downside era evidente se analizzato dal punto di vista quantitativo (rapporto rischio/rendimento atteso) e quello finora registrato potrebbe non bastare in ottica di medio termine. 



Al momento i principali target sul JPM GBI Gl. Usd. sono molto semplici da individuare: resistenza a quota 609,25 e supporto a 602,08 punti che, in caso di violazione (l’una esclude l’altra), vedrà decretata la tendenza futura dell’intero comparto. 

Sul versante opposto (equity) l’ottava trascorsa ha proiettato il mercato (rif. MSCI World. Usd) su nuovi massimi aggiornandone i recenti record. La divergenza settimanale in precedenza individuata (e confermata) rimane ancora valida e l’attuale dinamica degli scambi sembra poter configurare la costruzione di un cosiddetto diamond top (figura ribassista di inversione). A conferma di quest’ultima ipotesi è necessaria una seduta weekly negativa con un proprio ATR circoscritto tra i massimi (2.777,22) e i minimi registrati (2.659,13): attendere nel corso delle prossime sedute appare consigliato. 



Confrontando i due panieri azionari (developed e emerging markets) emerge una migliore predisposizione a favore delle più “esotiche piazze finanziarie”. Un monito in funzione di quest’ultime: qualora ci fosse un significativo ripiegamento dell’intera asset class azionaria, i potenziali downside di queste borse potrebbero penalizzare il risultato di un intero investimento; viene pertanto suggerito un alleggerimento in chiave tattica. 

Come argomentato, il comparto bond sembra essere ostaggio di non positive prospettive. Anche le proiezioni rialziste (rif. Target 1 e 2) non evidenziano un trade off vantaggioso al fine di un possibile posizionamento. Le uniche piazze che si distinguersi sono quella UK e quella italiana. Per il Bel Paese, la formazione di un nuovo esecutivo potrà consolidare gli attuali corsi fino all’obiettivo mensile di secondo livello per successivamente ritracciare verso area 151,60 punti.

Le commodities, con il loro sottostante CRB Index rappresentativo delle stesse, risultano essere l’asset class meno rivalutata nel corso degli ultimi anni. In ottica strategica potrebbe rivelarsi una buona alternativa e giusto compromesso rispetto alle “rivali” equity e bond: un primo posizionamento ideale potrebbe avvenire con i corsi in prossimità di soglia 165 punti. 

Il forex presenta un possibile scenario di potenziale correlazione inversa tra i rapporti Eur/Usd e Usd/Jpy. Il principale cross mondiale (Eur/Usd) riporta una configurazione grafica ribassista (su base weekly) con obiettivo inferiore a 1,20. All’opposto, invece, il rapporto Usd/Jpy potrebbe ambire a quota 107 entro la fine del mese in corso. 

I recenti record sui mercati azionari incorporano nei loro prezzi l’ennesimo e ulteriore “eccesso” rispetto ai fondamentali societari. È innegabile come il ricorso negli ultimi anni adoperazioni di buy-back abbia sostenuto e sospinto il principale mercato borsistico mondiale (rif. S&P 500). La fragilità di un’economia (soprattutto come quella statunitense) dovrà fare presto i conti con la verità e questa è solitamente rappresentata dall’andamento del proprio debito. I titoli governativi stanno già soffrendo e il mercato ha già iniziato le proprie mosse di alleggerimento penalizzando i corsi nonostante i piani di riacquisto in essere: che l’investitore ne sia consapevole e agisca di conseguenza perché ancora in tempo. Agire “domani” potrebbe essere tardi. 

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