Il presente outlook settimanale con riportati i consueti obiettivi mensili sarà diverso rispetto ai precedenti. Questa volta i singoli target o zone di potenziale acquisto o vendita saranno rimandati direttamente a quanto esposto nelle varie tabelle, mentre, oggi, abbiamo preferito lasciare più spazio a un vero e proprio commento a quello che si sta lentamente concretizzando sull’intero panorama finanziario.
Generalmente, e in più occasioni, abbiamo sempre privilegiato argomentazioni che, di volta in volta, approfondivano e mettevano in risalto gli aspetti positivi in sede di analisi; raramente, invece, il segnalare un alert su specifiche tematiche (inflazione, mercato obbligazionari, ecc.) è stato affrontato come un tema prioritario per l’investitore soprattutto in ottica di salvaguardia del patrimonio. Ovvio che i cosiddetti “titoloni gridati” non ci appartengono, ma, allo stesso tempo, le sottolineate note dolenti su talune situazioni ritenute a rischio sono sempre state riportate con oggettività mediante la prova dei numeri.
Anche adesso, grazie ai numeri che provengono dal mercato, cercheremo di poter informare e suscitare in voi tutti un potenziale dubbio sull’attuale presente finanziario.
L’umore tra gli addetti ai lavori appare cambiato. In effetti, nel corso dell’ultima settimana, le dichiarazioni della Governatrice Lagarde hanno in qualche modo preso alla sprovvista gran parte dei mercati di riferimento in ambito monetario. Un dato su tutti: il principale cross valutario Eur/Usd, in soli cinque giorni, è passato da 1,1143 (chiusura del 28 gennaio) a quota 1,1483 (massimo della trascorsa ottava). Da riportare la sua stessa rivalutazione daily avvenuta nella giornata di giovedì: minimo a 1,1266 e massimo a 1,1451. Una progressione come quella registrata non è consueta e neppure rara, bensì si può etichettare come unica nel suo genere.
Al pari di questa dinamica di prezzo, anche tutto quello che “sottotraccia” sta accadendo sul medesimo versante monetario (poiché ampiamente correlato al mercato valutario) è riconducibile al tanto temuto e più volte sottolineato ribasso dell’asset class obbligazionaria. Come per il già citato cross Eur/Usd, anche i singoli futures governativi a dieci anni hanno risentito degli intenti rialzisti della Bce. Osservando il Bund decennale tedesco, nell’arco dell’ultima ottava, si è registrata una minusvalenza del 2,352%, ossia con quotazioni che sono passate da 170,02 punti agli attuali 166,02.
Parallelamente, restando comunque nel Vecchio Continente ma soffermandosi al nostro Btp domestico, i livelli finora raggiunti (141,06 punti) calcano le medesime orme di quello tedesco, ma ne amplificano l’ampiezza: -3,297% è stato il saldo finale settimanale. Unica nota di modesta positività, è quella concernente il Treasury Usa che, giunto a ridosso dei 126,5 punti (chiusura weekly a 126,7656) ha subito una perdita (settimanale) più contenuta rispetto ai suoi competitors citati: -0,928%.
A confermare, invece, il suo stato di grazia, arriva ancora una volta il comparto commodities che, ormai giunto oltre i 260 punti (rif. CRB Index), vede confermare il nostro recente outlook al pari di quello di inizio anno.
Quest’ultima conferma avuta dai prezzi delle materie prime deve far riflettere come, nel loro insieme, appaiono abbastanza forti nel poter assorbire la forza delle vendite intercorse sul mercato dei bond e, allo stesso tempo, anche parte di quella proveniente dalla più esigente (perché maggiormente volatile) asset class azionaria.
Nonostante la funzione da “salvagente” incarnata dalle commodities, come tutto questo possa continuare in maniera concreta per i prossimi mesi rappresenta un dubbio esistenziale e operativo. Materie prime come nuova asset class da privilegiare in ottica di medio termine? Troppo semplice e riduttivo. I deflussi monetari dalla più classiche classi di investimento (equity e bond) non potranno mai essere sostenuti dalle sole materie prime e, di fatto, il concretizzarsi di una bolla di breve/medio termine sugli stessi basket preziosi, non preziosi ed energetici, è un fattore da tenere in considerazione.
Pertanto, sulla base di queste oggetti considerazioni, non è sbagliato affermare – e lo diciamo con fatica e con rammarico nei confronti di tutti (gli investitori) e di tutto (le economie) – come si siano create le basi per un’ormai prossima deriva finanziaria dagli ampi contorni negativi ancora non chiari a tutti i principali attori del mercato.
In molti, oggi, iniziano a decantare gli eccessi finora raggiunti: dai multipli troppo elevati di alcuni titoli azionari, della reale performance dell’indice tecnologico statunitense (dipendente in larga parte dalle sorti di una manciata di titoli in esso contenuti), dall’alto livello dell’inflazione e del suo stesso perdurare non più per poco, ma, invece, per qualche tempo, delle significative perdite (non ancora finite) della principale asset class in dote ai portafogli (componente obbligazionaria), e molto altro altro ancora.
È doveroso ripeterlo a noi stessi e a tutti voi. È tangibile, è plausibile, è giustificabile dover ammettere di poter assistere a una deriva finanziaria che potrebbe caratterizzare la storia finanziaria come già accaduto in passato. Troppe le coincidenze, troppe le spiegazioni, troppe le perdite che si potranno registrare.
Come consuetudine, attendiamo ogni giorno i prezzi di chiusura dei mercati finanziari per aggiornare le nostre analisi, ma, da domani, gli stessi prezzi saranno ancora più importanti al fine di confutare questa possibile sciagura.
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