La settimana trascorsa si caratterizza per la coincidenza di numerose notizie di natura politico-economico-finanziario. Mai come nel corso di quest’ultima ottava si è potuto assistere a un susseguirsi di fatti in qualche modo “decorrelati” l’uno dall’altro. Nonostante le potenziali tensioni derivanti, i mercati finanziari internazionali hanno reagito positivamente accumulando ulteriori rialzi rispetto a quelli fatti registrare da inizio giugno.
In Europa, il governatore della Bce, Mario Draghi, ha evidenziato come sia disposto – se necessario – ad avviare una fase di riduzione dei tassi di interessi e/o apertura di un nuovo Quantitative easing: il tutto riconfermando – e dando seguito – allo storico monito “whatever it takes” già avviato in precedenza. Queste ipotesi hanno favorito il posizionamento sui mercati obbligazionari del vecchio continente facendo registrare nuovi massimi di brevissimo periodo e – al tempo stesso – deprezzando il dollaro statunitense nei confronti dell’euro. Quest’ultima “conseguenza” alla nuova indicazione del leader della Bce, ha subito innescato la dura replica da parte del Presidente degli Stati Uniti che, sottolineando come sia voluta “la manipolazione” della moneta unica europea, si è perentoriamente schierato contro lo stesso Draghi.
L’inquilino della Casa Bianca, oltre ai dossier già aperti in materia di commercio internazionale, si è trovato ad affrontare anche la più temibile delle questioni: quella di un possibile scontro bellico con l’Iran. All’indomani dell’abbattimento di un drone Usa per mano di Teheran nei pressi dello Stretto di Hormuz, Donald Trump ha annullato il proprio attacco solo pochi minuti prima della vera e propria esecuzione. La conseguenza a questa “non reazione”, è arrivata attraverso l’annuncio di nuove «pesanti» sanzioni all’Iran in ambito di armamenti nucleari: il Consiglio di Sicurezza dell’Onu affronterà quest’oggi l’intera situazione, ma le tensioni rimangono in essere. Questa situazione – finanziariamente – ha favorito la rincorsa al bene rifugio per eccellenza (l’oro ha raggiunto i valori del 2013) e, allo stesso modo, ha comportato rialzi significativi per il petrolio (come spesso accade in caso di “venti di guerra”).
Sul fronte italiano è giunta la risposta del nostro Premier Conte alla Commissione Ue: l’esecutivo ha dichiarato la propria volontà nel dialogare al fine di poter evitare la tanto (e temuta) procedura di infrazione. Al momento, quanto emerge dal mercato, viene rappresentato dal deciso intento di “fare cassa” in tempi brevi: la richiesta di poter beneficiare di un extra dividendo dalla Cassa depositi e prestiti rappresenta la prima di possibili ed ulteriori strategie che il Mef potrebbe utilizzare. Anche sul fronte dei titoli di stato si è potuto assistere a un “minor costo” mediante il ripiegamento dello spread, ma, sempre in ottica finanziaria”, è da rilevare l’operazione per 2,5 miliardi che ha coinvolto il concambio di cinque titoli di Stato in circolazione (con scadenze comprese tra il 2020 e il 2025) sostituiti da un nuovo Btp 2028.
Operativamente: l’attuale scenario grafico che si presenta sui principali listini azionari appare ormai prossimi a livelli massimi di ipercomprato. Analizzando il nostro indice domestico (Ftse Mib), le ultime due sedute evidenziano – di fatto – come si sia concretizzato questa ipotesi e pertanto si suggerisce un approccio prudente a tutti coloro che sono orientati alla sola strategia long: solo il superamento (in chiusura) della resistenza posta a 21.551,40 punti potrà favorire un potenziale allungo fino a quota 21.898,03. Da monitorare l’eventuale cedimento del supporto in prossimità di area 21.172,5 punti: il primo target è individuabile in corrispondenza di soglia 20.928,90 punti.
L’indice S&P 500 registra nuovi massimi e si conferma il listino con maggior forza relativa rispetto ai suoi concorrenti (in Asia ed Europa). Nonostante gli indicatori siano orientati all’acquisto, con molta probabilità, i loro valori subiranno un fisiologico deterioramento nell’arco della prossima ottava: la soglia dei 3.000 punti appare più come un traguardo psicologico rispetto ai multipli delle società appartenenti allo stesso paniere. Un’ipotesi per uno scenario grafico potrebbe consistere in una prima fase rialzista (con il superamento dei 3.000 punti) per poi essere seguita da un ripiegamento dei corsi con target in area 2.870. Nell’attesa di assistere alla prima parte di questa ipotetica view, rimane fondamentale la tenuta dei 2.930,79 punti: l’eventuale ritorno dei prezzi sotto quest’ultima area favorirebbe un potenziale downside fino a quota 2.861,30.
Il mercato delle materie prime – come indicato – ha beneficiato delle attuali tensioni che si registrano tra Usa e Iran: il nostro precedente outlook riconferma il posizionamento sul petrolio (rif. Wti) con take profit in corrispondenza del superamento di area 58 dollari anche se consapevoli di un potenziale upside esteso fino a 60,64. L’andamento positivo fatto registrare finora dai mercati azionari conferma quanto avevamo indicato in precedenza: appare plausibile – dopo il rally registrato – una fisiologica pausa di arresto e pertanto viene indicato l’alleggerimento totale (in chiave tattica) della precedente posizione sull’indice DJ Stoxx 600.
Le prossime ore potrebbero essere decisive sul fronte Usa-Iran, ma, nonostante un’auspicata risoluzione, il quadro complessivo dei mercati azionari appare sempre più ostaggio di numerose incognite, soprattutto in ottica di brevissimo periodo: liquidare posizioni nel corso d’ottava può rappresentare la scelta migliore.