Nvidia non è il mercato. Nell’ottava che si è conclusa, il menzionato titolo azionario statunitense ha indiscutibilmente catalizzato l’attenzione degli osservatori, anzi, potremmo sostenere che abbia rappresentato il principale market mover dell’intera settimana. Paradossalmente, i verbali della Fed e le minute della Bce sono passati sottotraccia e, tralasciando le motivazioni a questo tipo di approccio ai mercati finanziari internazionali, vorremmo sottolineare, invece, come sia importante una sorta di atteggiamento diverso. Al mercato si deve portare rispetto. Sempre.



Un rispetto che, in caso di assenza, comporterà un’inevitabile sottovalutazione sia del momentum che delle presunte certezze apprese. Pertanto, nulla togliendo all’indiscutibile società tech a stelle e strisce e all'”immensità” dei suoi dati trimestrali, riteniamo, invece, più significativo quanto emerso in sede di politica monetaria. Da entrambe le contrapposte sponde geografiche, di fatto, le risultanze dei banchieri sono pressoché le medesime: è ancora presto per agire con il tanto atteso taglio dei tassi di interesse, ci sono ancora incognite da risolvere e, causa questa impasse, un intervento “troppo veloce” potrebbe far più male che bene.



Per l’intera comunità finanziaria, tali conclusioni, erano state metabolizzate da tempo e, a conferma di questa considerazione, si può tranquillamente prendere come riferimento l’intero e interrotto trend rialzista del mercato azionario (rif. MSCI World Usd) che, rispetto ai minimi registrati a novembre, ha inanellato una serie settimanale verosimilmente impensabile se contestualizzata alla stessa asset class e all’attuale momento storico: sedici variazioni percentuali positive su di un totale di diciassette. Nove sedute positive consecutive interrotte da una sola variazione weekly negativa (-1,53%) per poi proseguire con ulteriori sette saldi contraddistinti dal segno più. Una performance complessiva di poco superiore ai ventidue punti percentuali in soli quattro mesi. Un rendimento medio monthly del 5,5%. Il tutto, messo a segno né da un settore specifico, né da una moda del momento, ma, unicamente dall’intera componente azionaria.



Questo, oggi, è il mercato e, noi, consapevoli delle numerose e conosciute variabili in gioco, oggettivamente, riteniamo possa esserci un potenziale cortocircuito cognitivo in coloro che (magari) per eccesso di confidenza sottovalutano il rischio implicito sottostante.

Non è una novità il nostro prudenziale approccio al mondo degli investimenti e, anche recentemente, osservando il comparto azionario e al suo benchmark MSCI World Usd abbiamo voluto sottolineare come ci possano essere «alcuni interrogativi in ottica di brevissimo termine con possibili ripercussioni (short) qualora il livello dei prezzi dovesse giungere in prossimità di area 3.350 punti». A tal proposito, anticipatamente e senza alcuna presunzione di verità, abbiamo optato per un dimezzamento (almeno) della posizione detenuta in equity lasciandoci, inoltre, una cosiddetta porta aperta al fine di poter implementare una prudenziale strategia di hedging (rif. «conseguimento di soglia 3.337,59 punti») sulla restante parte.

Successivamente, sempre facendo riferimento al nostro precedente commento settimanale, l’implementazione di un posizionamento net short avrebbe preso forma «in caso di ulteriore upside con definitiva liquidazione della componente long detenuta». Nella trascorsa ottava, l’andamento del mercato azionario ha potuto contribuire a questo intero e paventato scenario e, probabilmente (anzi quasi certamente) contro tutto e tutti, la nostra view ribassista di brevissimo termine si è concretizzata. Complessivamente, trattandosi di un soggettivo e, pertanto, anticipato sentiment negativo, lo short si caratterizza per una sua stessa parzialità ovvero mediante una quota iniziale pari al 25% dell’intero potenziale con la restante parte (rif. quota destinata all’asset class equity), al momento, mantenuta cash. Possibili ulteriori ingressi (short) potrebbero giungere in caso di violazione del supporto dinamico individuato in prossimità di soglia 3.283,40 punti. Rimaniamo in attesa.

Una nota di natura tattica: i preannunciati nuovi massimi sull’indice Nikkei 225 sono stati conseguiti e, fisiologicamente, si potrebbe assistere a una prima fase di prese di profitto. Come per la scorsa settimana, carpe diem.

Sulla contrapposta componente obbligazionaria, il paniere internazionale dei bond governativi rappresentato dall’indice Bloomberg Global-Aggregate Total Return Index Value Unhedged Usd continua a rappresentare un interessante approdo non solo alle attuali quotazioni, bensì in una più ampia ottica strategica. Coerentemente al già noto giudizio, come ovvio, l’accumulate è riconfermato.

Sulle materie prime, invece, l’intero quadro potrebbe subire un mutamento rispetto alle precedenti indicazioni e, non si può escludere, una significativa inversione di tendenza ancor più se contestualizzata al brevissimo termine.

Il consueto CRB Index, dopo aver superato il livello indicato in corrispondenza di quota 273,568, non è riuscito ad avanzare oltre il successivo traguardo di soglia 274,632 punti (massimo weekly a 274,109) e l’epilogo settimanale a 270,825 sembra poter indebolire l’intero palinsesto algoritmico soprattutto sui più reattivi leading indicators.

Osserviamo con particolare attenzione il supporto a 270,187 punti che, in caso di cedimento, potrebbe agevolare un downside con primo target in corrispondenza di area 266,953: se ciò dovesse accadere avremmo a disposizione due possibili ipotesi caratterizzate da prospettive opposte. La prima: un rimbalzo tecnico con i prezzi che, riprendendo forza, traguardano la loro corsa oltre i massimi di anno. La seconda casistica, invece, causa l’eventuale cedimento di area 266,953 punti, vedrebbe una completa inversione algoritmica con inevitabile inversione sull’intero palinsesto (leading e lagging indicators) in sell signal e un’unica conseguenza: nuovi minimi di anno. Tenuto conto di questa incertezza di fondo e dei recenti andamenti (soddisfacenti) dei singoli constituents appartenenti ai basket energy e metals, per l’ottava in corso preferiamo osservare astenendoci dall’operatività. Un attento monitoraggio, però, viene riservato all’andamento dell’oro che, in sede tattica, potrebbe diventare interessante se contestualizzato a un’eventuale correlazione inversa all’andamento della componente azionaria.

L’ambito valutario ha confermato i due scenari che ci vedono interessati. La lateralità sul principale cross Eur/Usd sta perdurando e tale continuità consentirà la costruzione di un più definito e concreto trading range sul quale poter meglio definire ciascun punto di ingresso sia in ambito short che long. A tal fine, è necessario attendere ulteriori sedute al pari del rapporto Gbp/Usd che, nonostante la recente reazione dei compratori deve, comunque, dimostrare una maggiore solidità se inquadrato in ottica rialzista.

L’intero universo investibile sembra poter essere giunto a un punto di svolta. Probabilmente, l’unica asset class che vede un suo già segnato destino è quella obbligazionaria che, seppur in balia delle prossime decisioni di politica monetaria, gode sia di una sua implicita redditività (quella cedolare) che di un potenziale incremento (quello dei prezzi). Dubbi, molti dubbi, invece, sulla tenuta dell’opposta componente azionaria. Come detto all’inizio un solo titolo non è il mercato e, pur essendone una parte rilevante, non può essere considerato genuino questo tipo di approccio. Di casi e mode analoghe se ne contano moltissime e non vorremmo riviverne altre, nonostante, purtroppo, tutto questo accadrà.

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