Il 2021 verrà ricordato come l’anno dei record per gran parte dei mercati azionari con un epilogo in significativo territorio positivo (oltre venti punti percentuali) per la maggioranza degli stessi indici borsistici internazionali. Fatta eccezione per la piazza asiatica di Hong Kong (Hang Seng a -14,077%) e per l’esotico Brasile (Bovespa -12,06%) anche i restanti listini vedono un loro incremento annuale. Nonostante questa diffusa crescita delle quotazioni si caratterizzi per un abbondante e talvolta sorprendente (Argentina +63%) doppia cifra, sia nell’area Pacifico (devoleped markets) che nell’Asia (emerging markets) si registrano i più “contenuti” rialzi: Giappone +4,91%, Singapore +9,841%, Cina +4,80%, Corea +3,626%. Anche nel Vecchio continente la sola Spagna vede il proprio bilancio annuale concludere al di sotto dei dieci punti percentuali (+7,928%) mentre le restanti Borse ricalcano mediamente le stesse performance (a partire dal +10% della Grecia fino al 29% della Svezia) con la nostra Piazza Affari (rif. Ftse Mib) a quota ventitre punti. Pressoché univoco l’andamento di Wall Street: oltre il 26% per S&P 500 e Nasdaq 100.
A sintetizzare il complessivo upside dell’asset class azionaria giungono le performance dei rispettivi benchmark: MSCI World Usd a +20,137% e MSCI Frontier a +20,227%. Unica nota negativa quella riconducibile ai mercati emergenti in territorio negativo (rif. MSCI Emerging a -4,589%).
Per l’anno in corso, focalizzando l’attenzione sulle sole proiezioni di prezzo (target annuali), emerge chiaramente una diversità tra i singoli rapporto rischio/rendimento di ciascuna area geografica presa in esame. Da una mera comparazione appare evidente una potenziale rotazione a favore delle piazze che hanno meno brillato nel trascorso 2021 con l’intero paniere degli emerging markets favorito da un migliore trade off.
Tra i listini azionari developed sembra ancora far ben sperare il comparto tecnologico Usa mentre in Europa non vi è alcuna rilevante distinzione tra i vari Paesi.
Come indicato, invece, la componente emerging markets nel suo segmento Europe, Middle East & Africa presenta la miglior performance media poiché maggiormente diversificata.
A contrastare gli ottimi rialzi dell’asset class equity sono i ribassi del contrapposto mercato dei bond: a oltre sei punti percentuali (-6,497%) ammonta la perfomance negativa dell’indice JPM GBI Gl. Usd, mentre a -4,519% arresta il suo ribasso il benchmark emerging JPM EMBI+TR. Tra i futures sui titoli di Stato decennali oggetto delle nostre analisi, nel paniere europeo il Btp registra la “migliore performance” (-3,289%) rispetto al Bund (-3,53%) e al britannico Gilt (-7,85%); significativa la minusvalenza riportata dal Treasury Usa (-5,511%), mentre risulta verosimilmente invariato il sottostante nipponico (-0,105%).
A porre rimedio alla deludente performance dell’obbligazionario giunge la plusvalenza (su queste nostre pagine “intuita” nella prima parte dell’anno) messa a segno dalle materie prime: +38,485% (rif. CRB Index) il risultato acquisito al termine del 2021 che – favorito dal paniere energy con una performance media di oltre i cinquanta punti percentuali – rivede i livelli di prezzo dell’anno 2014. Gli unici ribassi tra le commodities sono quelli dell’oro (-3,509%) e dell’argento (-11,586%), mentre appaiono ottimi i guadagni del basket metalli non preziosi: alluminio +41,883%, rame +26,84% e nickel +24,947%. Per il 2022 viene posta particolare attenzione all’andamento del gas naturale: un significativo incremento di volatilità potrebbe caratterizzarne l’instabilità durante l’intero anno.
Sul versante valutario, tra i cross selezionati quello principale (Eur/Usd) ha registrato la peggior performance del 2021: -6,919% rispetto al -1,053% del rapporto Gbp/Usd. Positivo, invece, il cambio Usd/Jpy con un incremento pari all’11,468%.
Il 2022 rappresenterà l’anno della maturità per il mercato azionario poiché la conferma degli attuali livelli di prezzo appare poco sostenibile senza gli acquisti riconducibili alle operazioni di buyback che hanno scandito il trascorrere dei mesi. Allo stesso tempo, il contrapposto comparto obbligazionario dovrà superare la cosiddetta prova del nove: tenuto conto dei timori sull’inflazione e delle inevitabili conseguenze sulle prospettive di un intervento sui tassi di interesse i corsi dei bond potrebbero subire un ulteriore indebolimento. A corollario di tale contesto le materie prime potrebbero beneficiare di un’allocazione tattica di breve termine, ma non agli attuali corsi: un’eventuale pressione ribassista di brevissimo periodo ne agevolerebbe il posizionamento. Per queste prime sedute dell’anno la liquidità è la scelta preferita.
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