La storia si ripete. Uno dei principi alla base dell’analisi tecnica è proprio questo, ma, al giorno d’oggi, sarebbe opportuno aggiornarlo con un’ulteriore prosecuzione anche se apparentemente inutile: la storia si ripete purché si conosca e bene. E proprio di questo “conoscere” o meglio dire del “ben riconoscere”, attualmente, sembra esserci una grossa mancanza. Alla vigilia dell’inaspettato vertice di emergenza indetto dalla Bce e del tanto atteso rialzo dei tassi di interesse da parte della Fed, quanto si è potuto leggere (verosimilmente ovunque) in merito all’opportunità di poter investire (ora) lascia qualche dubbio. 



Nonostante le variabili in gioco siano molte e soprattutto l’insieme di quest’ultime sia ancora tutto in fase di evoluzione, gli immancabili sostenitori dell’essere “investiti sempre e comunque” hanno aggiornato il loro modus operandi rispolverando grafici assimilabili a vere e proprie reliquie. Dopo i recenti ribassi generalizzati sia sulla componente azionaria che su quella obbligazionaria, l’attuale contendere tra i “proponenti del comprare” vede in primo luogo l’aumento dei tassi di interesse con il loro impatto sui futuri corsi dei listini prevalentemente azionari. 



Pur di giustificare e sostenere il loro intento di acquirenti semper fidelis, questa volta viene adottata una motivazione oggettiva mediante la ricerca nel corso della storia di casi simili a quanto stiamo vivendo. 

Il parallelismo proposto è presto fatto: andamento del mercato azionario (generalmente rappresentato dall’indice statunitense S&P 500) contrapposto alle dinamiche rialziste sugli stessi tassi di interesse (rif. Federal Funds Effective Rate o comunemente abbreviati in Fed Funds). Il “mantra comprare” che viene rappresentato è semplice: a ogni rialzo dei tassi è seguito anche quello sul mercato. 



Senza nulla togliere a questo imperativo assioma, risulta opportuno e doveroso identificare un principale elemento che molti sottovalutano tralasciandone la sua invisibile traccia, ovvero: il contesto. Ed è proprio “il contesto” a discernere le scelte di coloro che vorrebbero agire e, guardando alla storia, l’odierno contesto è difficilmente scovabile. Pertanto, l’ovvia e inevitabile conseguenza, è pressoché ricavata: in mancanza di elementi simili che configurano il medesimo tratto storico, ogni tipo di comparazione con ricorso al passato, incorpora implicitamente elementi di inesattezza non solo concettuali, ma, ancor più, di natura operativa. 

In questo nostro caso riportato (mercato vs Fed Funds) le condizioni oggetto di ricerca e potenziale comparazione sono molto semplici: tassi di interesse inferiori all’1% (seguiti da un rialzo) e livello medio dell’inflazione rilevata superiore al 2% (stima prudenziale); a entrambi, inoltre, si devono aggiungere i cosiddetti fattori esogeni che, quotidianamente, purtroppo, trovano una principale ed esclusiva individuazione nel conflitto tra Russia e Ucraina. Forzando (e semplificando) l’analisi attraverso l’impiego di due sole variabili, vogliamo escludere da questo nostro approfondimento la guerra in essere concentrandoci, di fatto, unicamente su una mera ricerca dei due sopracitati elementi: tassi di interesse e inflazione.

Le risultanze emerse sono molto semplici. A partire dal 1947 (data iniziale della serie storica del U.S. CPI for All Urban Consumers) fino a giungere ai giorni nostri, gli unici periodi che si caratterizzano per i criteri da noi adottati, sono essenzialmente cinque: dal luglio 1954 al febbraio 1957, dal maggio 1958 al novembre 1959, dal dicembre 2003 al febbraio 2007, dal novembre 2008 all’aprile 2019 e, infine, dal recente aprile 2020 a oggi. Ebbene, nonostante la circoscrizione di questi archi temporali, negli stessi i fattori oggetto di comparazione rimangono comunque molto ampi. Osservando, infatti, la sola inflazione media registrata durante i singoli periodi è facilmente riscontabile un’escursione molto accentuata: dall’1,5% (1954-1959) al 3% (2003-2007) ritornando all’1,7% (2008-2019) per poi decollare al 4% di questi ultimi anni (2020-2022).

La conclusione alla quale si può tendere già appariva scontata: «Possiamo iniziare a parlare di una nuova fase economica-finanziaria mai vissuta nel corso degli ultimi 30 anni: un territorio inesplorato e privo di approdi sicuri all’orizzonte». Adesso, a seguito di queste ulteriori rilevazioni, si può parlare di vero e proprio unicum. Un unicum senza storia. Una storia che non si ripete. Una storia mai scritta. Una storia che si sta scrivendo: oggi. 

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