Consob ha pubblicato il suo periodico “rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane” relativo all’anno 2021. Si tratta di un’indagine realizzata su un campione di 2.695 individui rappresentativo della popolazione dei decisori finanziari italiani che, anche per i non addetti ai lavori, possiamo ritenere assai utile al fine di poter meglio illustrare quanto si cela dietro il mondo finanziario domestico. L’intero paper conta di oltre 150 pagine che, attraverso l’approfondimento su molteplici aspetti, riesce a delineare una carta d’identità dell’investitore e del suo modo di investire.
Consigliando la lettura dell’intero studio, in questo odierno approfondimento verranno ripresi alcuni temi dove noi italiani abbiamo ribadito la nostra indole finanziaria: la prudenza e l’attitudine al risparmio. Dal rapporto, infatti, emergono chiaramente entrambi gli elementi confermando, di fatto, una vera e propria gestione del buon padre di famiglia. Allo stesso tempo, però, un dato significativamente non positivo è quello riconducibile alla conoscenza (o cosiddetta educazione) finanziaria che, se non colmata, potrebbe creare difficoltà non solo allo stesso risparmiatore ma all’intero sistema.
Sulla prudenza: il 76% dei decisori finanziari è avverso al rischio e il 77% alle perdite. Da riportare, però, quanti (il 51% del campione) siano comunque tolleranti alle perdite nel breve periodo «purchè vi siano buone prospettive nel lungo termine». Su queste ultime, appare evidente e spontanea la considerazione (di chi scrive) che se “Del doman non v’è certezza” anche tale tipologia di investitori prediligerà per il proprio patrimonio un approccio conservativo in momenti di crisi: ad avvalorare questa plausibile ipotesi il dato sulla propensione (alta o molto alta) all’ansia finanziaria pari al 10% degli intervistati.
Sul risparmio: più del 70% degli individui dichiara di risparmiare e «Nel 2021 il tasso di risparmio rimane su livelli superiori a quelli pre-crisi, sia nell’area euro sia in Italia, dopo aver registrato un incremento di circa sette punti percentuali rispetto all’anno precedente. In tutta l’Eurozona persiste una forte preferenza per la liquidità, che nell’ultimo quinquennio ha visto accrescere il suo peso nel portafoglio delle famiglie raggiungendo a giugno 2021 il 34% delle attività finanziarie totali (32% in Italia)».
Da sottolineare come, «a prescindere dell’impatto sulla ricchezza accantonata, a seguito della crisi le scelte di risparmio risultano associate soprattutto alla riduzione delle spese (in particolare tra coloro che hanno registrato un incremento nel livello dei risparmi)». A conti fatti: il 36% degli intervistati non sa come impiegare le proprie disponibilità alla luce dell’attuale contesto economico; il 19% predilige la liquidità, il 17% si dirotta sull’investimento immobiliare e solo l’11% verso quello finanziario. Una voce specifica quella relativa al tanto discusso Bitcoin: solo il 3% lo acquista.
E ora il tema più delicato: le conoscenze finanziarie. Quelle «di base risultano ancora poco diffuse tra i decisori finanziari italiani» con una quota di risposte corrette in media attorno al 50% (rif. relazione rischio rendimento, tasso di interesse composto, inflazione, mutuo, diversificazione del rischio). Anche se “l’esame” non si può considerare superato, l’insieme degli indicatori riferiti alle conoscenze di base è aumentato di tre punti percentuali nel periodo 2019-2021. Nonostante questo, come detto, lo scarso bagaglio informativo non può lasciare tranquilli sia in ambito personale (in qualità di investitore) che all’intero sistema finanziario. E con riferimento a questo rischio in capo “al sistema” giunge il severo monito del Presidente della Consob, Paolo Savona, attraverso il proprio intervento a presentazione del rapporto: «Non è certo una novità che il risparmio sia da me considerato, con le esportazioni, uno dei due pilastri su cui poggia il nostro benessere materiale e sociale e la sua protezione il fine ultimo da perseguire, che la Consob raggiunge fornendo agli operatori le migliori conoscenze; l’ipotesi che regge la nostra attività è che buone informazioni migliorino le performance del mercato e, quindi, lo sviluppo del Paese. Se però le asimmetrie informative si accentuano al crescere delle complessità dei mercati, come quelle venutesi a creare con le politiche monetarie di intervento sul mercato finanziario e la diffusione delle cryptocurrency, il raggiungimento dell’obiettivo diventa sempre più difficile e al persistere dell’ignoranza in materia finanziaria». Il tutto con una stretta e correlata conseguenza ovvero (sempre le parole di Savona): «Da questo spaccato di sintesi emergono due fattori di rischio o, meglio, due elementi che lo trasferiscono sulle autorità di governo, al quale rivolgono richieste di compensare le perdite quando si realizzano, e sulle autorità di controllo finanziario, alle quali chiedono in ogni caso protezione: il primo, che la metà del campione non ha fiducia in nessun intermediario dei risparmi; il secondo, che una larga maggioranza di investitori considera la garanzia di rimborso la principale variabile che influenza le loro scelte».
Dall’intero rapporto può emergere un’estrema e provocatoria sintesi: l’investitore italiano (che non sa) comunque agisce e, qualora tutto dovesse andare per il verso giusto il merito sarà solo suo, mentre, nel caso malaugurato, la risposta sarà ancor più semplice e univoca: non sapeva perché non gli era stato detto. Ma leggere e informarsi prima? Decisamente sconsigliato poiché uno spreco, un costo, una fatica.
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