Da inizio anno, le performance negative dei mercati azionari internazionali amplificano le loro perdite oltrepassando abbondantemente la soglia della doppia cifra: -12,12% è l’attuale saldo del benchmark MSCI World Usd che, nonostante gli occasionali rimbalzi nel corso di alcuni giornate, non sembra presentare una struttura abbastanza robusta al fine di contrastare la forza dei venditori. Anche l’opposta asset class obbligazionaria rappresentata dal JPM GBI Gl. Usd capitola in territorio negativo (-4,72% YTD) così come, ma di ovvia diversa entità, la componente bond riconducibile ai Paesi emergenti (rif. JPM EMBI+TR Usd): quest’ultima, con le proprie quotazioni giunte ai livelli del marzo 2016, vede una flessione nel corso dell’anno pari a -17,50%. A marcare una netta differenza in termini di rivalutazione annua (rif. 2022) sono le materie prime che, attraverso la sintesi del rappresentativo CRB Index, archiviano finora una performance pari al 26,99%. 



Osservando l’intera panoramica dei listini azionari, con l’ormai catalizzante scenario bellico tra Russia e Ucraina, le prospettive di brevissimo periodo sono orientate all’unisono in territorio negativo sia dal punto di vista grafico che algoritmico. In quest’ultimo palinsesto di analisi, i singoli indicatori e strumenti utilizzati presentano un quadro deteriorato anche in ottica di breve termine: solo un forte e successivo stabile rialzo potrà riportare a una view positiva sull’equity. Di certo, un primo traguardo che coinciderà con un iniziale mutamento del sentiment generale arriverà mediante il raggiungimento (e superamento) della media mobile a 50 osservazioni settimanali (area 3.059,07) sull’indice MSCI World Usd: è pertanto opportuno ricordare come, rispetto alle attuali quotazioni (2.840,04 punti), si parla di vedere un rimbalzo di circa otto punti percentuali. Scenario opposto, invece, qualora il livello delle quotazioni dovesse scivolare ulteriormente e raggiungere il supporto statico a quota 2.770,88 punti: una sua violazione caratterizzata da una sessione settimanale in abbondante territorio negativo, agevolerebbe la prosecuzione del trend ribassista in essere, con serie implicazioni verso soglia 2.500 punti.



Nel segmento azionario dei cosiddetti Paesi sviluppati, parte di essi vede i propri listini borsistici ormai in fase di correzione: come alcuni osservatori hanno riportato, rispetto ai massimi di periodo, le attuali quotazioni hanno raggiunto una flessione di almeno venti punti percentuali rientrando – di fatto – nell’accademica classificazione sopra riportata. 

Un posizionamento agli odierni prezzi, anche se a sconto rispetto a poche settimana fa, troverebbe una motivazione puramente istintiva e dettata da un errato bias comportamentale legato a una mancata e sufficiente educazione finanziaria; preso atto di questo, la cosiddetta “corsa agli acquisti a prezzi di saldo” è certamente sconsigliata. 



A replicare gli stessi scenari (negativi), ma con potenziali e maggiori ripercussioni, sono anche i mercati azionari emergenti che, gravitando all’ombra dello spettro di un possibile rischio default della Russia, potrebbero subire l’inevitabile effetto domino come già accaduto e ricordato nella storia finanziaria in simili casi. Come ovvio, un ingresso – ora – su questa tipologia di investimenti, anche se in ottica di lungo periodo, non troverebbe un nostro giudizio positivo.

Nel comparto obbligazionario, i rispettivi saldi negativi da inizio anno calcano senz’ombra di dubbio le orme lasciate dai precedenti mesi che, purtroppo, stanno caratterizzando da lungo tempo l’intera asset class. Un dato che primeggia su tutti: la sola componente governativa (rif. JPM GBI Gl. Usd) – da fine dicembre 2020 a oggi – vede una performance negativa del 10,91% con quotazioni al pari di quelle registrate nell’agosto 2016. Un vero e proprio ritorno al passato, ma, rispetto a quest’ultimo, con numerosi elementi di incertezza che potrebbero inficiare ancor di più gli attuali prezzi.

Il destino dei bond sarà oggetto – nel brevissimo termine – delle conseguenze di un eventuale default della Russia mentre – nel breve termine – delle inevitabili e ormai definite scelte di politica monetaria per mano delle banche centrali (rif. Fed e Bce). Con il trascorrere delle settimane il quadro tecnico dei rispettivi indici obbligazionari potrebbe vivere momenti di eccessiva tensione con conseguenti ripercussioni sui valori delle singole quotazioni.

A dettare il passo sono, invece, le materie prime. L’intero basket delle commodities ha beneficiato finora delle tensioni geopolitiche in sede di conflitto Russia-Ucraina e, sul paniere energy, il petrolio ha trainato al rialzo i suoi rispettivi “competitors” ovvero il gas naturale e l’heating oil portandoli a livelli record di periodo; sul contrapposto insieme ovvero quello dei metalli, l’argento ha beneficiato di un miglior rapporto rischio/rendimento rispetto al più blasonato oro. Tale beneficio, al pari delle attuali condizioni, viene nuovamente riconfermato anche in chiave strategica. 

Estendendo invece l’approfondimento sui metalli ma cosiddetti “non preziosi”, un elemento che – attualmente – non sembra essere sufficientemente premiato dalle scelte dei compratori è il palladio: un metallo che, in dote soprattutto alla Russia, potrebbe vivere un ritrovato interesse fatto salvo l’inasprimento di sanzioni a esso anche indirettamente riconducibili. 

Nonostante la funzione di verosimile “salvagente” agli investimenti, le stesse materie prime appaiono eccessivamente rivalutate soprattutto se tale analisi viene contestualizzata in un rapporto unità temporale/rendimento conseguito: rivedere il CRB Index a quota 269 rispetto agli attuali 295 punti non può essere escluso.

Le numerose variabili in gioco, al momento, precludono la costruzione di una robusta strategia sul versante valutario: soprattutto in chiave strategica. Da una mera e semplicistica analisi grafica, i cross Eur/Usd e Gbp/Usd, potrebbero estendere i loro trend ribassisti in direzione di nuovi minimi mentre, scenario opposto, invece, per il rapporto Usd/Jpy che, in caso di riposizionamento generalizzato, potrebbe beneficiare del raggiungimento di area 124 (valori del lontano agosto 2015).

Se a inizio anno la liquidità rappresentava «la scelta preferita», oggi, a distanza di poco tempo, tale soluzione si è rivelata la migliore: non solo per coloro che hanno una bassa propensione al rischio, bensì per i patrimoni dei risparmiatori più accorti. Fatta eccezione per alcune opportunità tattiche di brevissimo termine finora sfruttate, le incertezze sono ancora molte e non tutte manifeste: consapevoli di questo, purtroppo, temiamo che tale “non investimento” sia ancora il migliore nonostante la momentanea perdita di potere di acquisto rispetto al carovita. Paradossalmente, riteniamo sia meglio questo che incappare in una maggior sconfitta: la riduzione significativa del capitale.  

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