La settimana finanziaria che si è conclusa ha visto archiviare un’ulteriore tessera mancante al complesso mosaico rappresentativo dell’inflazione di Oltreoceano. Il dato diffuso sull’inflazione Usa a febbraio ha confermato una crescita (seppur modesta) rispetto al consensus della vigilia: 3,2% l’ammontare dell’indice dei prezzi al consumo a stelle e strisce che, registrando un +0,1%, supera sia le attese che il precedente valore di gennaio (3,1%). A destare qualche possibile preoccupazione rimane la rilevazione del dato core che, attestandosi al 3,8%, vede un incremento inatteso pari allo 0,1%.
Nonostante le sottili variazioni percentuali (+0,1%) siano state diverse a quanto si aspettava il mercato, quello che, invece, fa sicuramente pensare risiede nell’ancora elevato ammontare dei rispettivi indici Usa: la violazione della soglia psicologica dei tre punti percentuali appare vicina, ma, con il passare del tempo, ancora inarrivabile soprattutto se contestualizzata all’importante e più marcata componente core (di poco inferiore al 4%). Inoltre, anche la diffusione del dato Usa sulla produzione industriale a febbraio ha incrementato il suo indice di un ulteriore 0,1% che, se paragonato alle attese (+0,2%), evidenzia l’ennesimo gap con il volere del mercato. Tali divergenze, nel loro insieme, saranno certamente utili anche alla stessa Fed che, seppur potenzialmente intenzionata a intervenire, dovrà valutare le successive mosse nel corso dell’anno. Come indicato, la difformità tra le attese e i dati diffusi è stata pressoché irrilevante e, pertanto, la reazione dei principali listini azionari è stata marginale.
Da segnalare, però, come in territorio statunitense si sia assistito alla seconda seduta settimanale consecutiva in negativo per gli indici S&P 500 e Nasdaq 100: a dispetto di entrambi, riteniamo opportuno richiamare una nostra precedente nota di fine febbraio dove, evidenziando l’errato mood che si stava vivendo in quelle giornate sulle performance conseguite dal titolo azionario Nvidia, avevamo sottolineato come «Un solo titolo non è il mercato. Quindi, investire sull’onda dei risultati record di una singola azione può portare a scelte di cui poi pentirsi». Oggi, a tale nostra avventata presunzione si può, purtroppo, accostare la perdita (di oltre dieci punti percentuali) finora realizzata dal titolo tecnologico Usa. Altro richiamo sempre per l’asset class azionaria è quello relativo al ritracciamento dell’indice nipponico Nikkey 225 che, rispetto ai recenti massimi storici, ha poi subìto un arresto superiore al 5% nell’arco delle successive sedute.
Coerentemente a questi recenti andamenti borsistici negativi, anche il benchmark MSCI World Usd, registra la sua prima ottava all’insegna del ribasso. Nonostante la marginalità della flessione (-0,51%), quello che, invece, più preoccupa è l’intera dinamica dei prezzi nelle ultime due ottave. Tecnicamente si sta delineano un trading range molto circoscritto poiché delimitato in un’area di prezzo compresa tra i 3.360 e i 3.380 punti. In apparenza può rappresentare uno spettro poco significativo, ma se contestualizzato all’intero palinsesto algoritmico in essere (molti oscillatori in territorio neutrale ed alcuni in lieve segnale di vendita) e al recente trend rialzista dell’indice Vix (minimi crescenti a partire dai minimi dello scorso dicembre), il tutto farebbe pensare a un pressoché “certo” movimento ribassista nel brevissimo termine. Se ciò dovesse trovare confermare in queste prime sedute, la nostra view ribassista potrebbe concretizzare l’ulteriore posizionamento short (pari a 1/4 del potenziale) in caso di violazione di soglia 3.345 punti. Scenario positivo, invece, con il ritorno delle quotazioni oltre soglia 3.406.5 punti con successivi nuovi record.
Sul versante obbligazionario, la precedente ipotesi di poter assistere a una flessione dell’indice MOVE non si è fatta attendere: quota 97,82 punti è l’ultimo valore del “Vix obbligazionario” che, di fatto, si posiziona a ridosso dei minimi dello scorso anno (96,61). Qualora si dovesse osservare la violazione di quest’ultima, per il mercato un eventuale rischio default in capo all’asset class obbligazionaria sarebbe ridimensionato.
Complice la diffusione dei dati sull’inflazione Usa e le possibili conseguenze in sede di politica monetaria, l’intero comparto bond ha accusato una significativa flessione settimanale: -1,289% per il Bloomberg Global-Aggregate Total Return Index Value Unhedged Usd che, andando ben oltre i 464,24 punti, ha favorito un ennesimo posizionamento long in chiave strategica.
Reazione degna di nota quella messa a segno dalle materie prime qui rappresentate dal consueto CRB index: il target (over monthly) individuato in precedenza con soglia 284,55 punti è stato, invece, raggiunto nel corso dell’ottava che si è conclusa.
Attualmente, i principali leading indicators riportano uno stato di ipercomprato su alcuni oscillatori e, tali evidenze, possono coincidere con una fisiologica prima fase di prese di profitto nel brevissimo termine: particolare attenzione, quindi, all’eventuale cedimento di area 279,091 che, qualora fosse realizzata mediante una chiusura weekly inferiore, vedrebbe un potenziale cambio di rotta (inversione ribassista). Al rialzo, invece, un primo obiettivo può essere identificato con la resistenza statica posta a 286,336 punti. Sui singoli panieri energy e metals l’unico posizionamento è stato quello sull’heating oil che, al momento, rimane confermato con target oltre area 280. Sul paniere metals (non preziosi), per le prossime sedute valutiamo un eventuale ingresso sull’alluminio (price entry in violazione di soglia 2.278). Guardando alle valute viene suggerito un monitoraggio attento sul principale cross Eur/Usd che, in caso di quotazioni inferiori a quota 1,0865, potrebbe registrare un incremento di volatilità caratterizzata da plausibili risvolti ribassisti.
Le attuali evidenze economiche sembrano traghettare in là nel tempo (passivamente) i mercati azionari internazionali, mentre le metriche a nostra disposizione rilevano un concreto indebolimento strutturale sui principali listini. Preso atto di questa distonia, in base ai livello di prezzo finora raggiunti, se non si vuole ricorrere alla prudenza ci si affidi, allora, a un più sano e razionale buon senso.
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