Siamo ripetitivi e ne siamo consapevoli. Talvolta, ribadire il medesimo concetto non basta e, come spesso accade, l’eventuale monito – se ignorato – nasconde una delle più grandi verità in colui che non vuole ammettere pur sapendo: l’aver commesso un grosso errore. Non siamo detentori della verità, ma ci sforziamo giorno dopo giorno nel completare il puzzle della finanza e dei suoi infiniti numeri. Anche questa settimana ci troviamo a ri-commentare il pesante ribasso avvenuto sui listini obbligazionari. Non era inaspettato e i recenti avvertimenti su queste pagine non presagivano a rosee aspettative. 



Già a inizio anno l’analisi quantitativa mostrava una componente obbligazionaria (rif. JPM GBI Gl. Usd) come «maggiormente penalizzata sulla base del rapporto rischio/rendimento associato». Successivamente, con il trascorrere delle settimane, l’intero quadro tecnico andava via via peggiorando fino all’attuale significativo epilogo (momentaneo) che evidenzia saldi da inizio anno in pesante flessione. Un dato su tutti: -6,678% la variazione YTD (year to date) dall’indice JPM EMBI+ Usd rappresentativo dell’asset class obbligazionaria dei Paesi emergenti. Di diversa entità – ma pur sempre rilevante – la minusvalenza in corso di 2021 sull’indice JPM GBI Gl. Usd che vede una flessione di oltre quattro punti percentuali. 



Oggi – a posteriori – il ribasso viene commentato quale diretta conseguenza di un possibile aumento dell’inflazione come dichiarato dallo stesso presidente della Fed Jerome Powell, ma, osservando le quotazioni finora raggiunte, questa motivazione potrebbe non essere sufficiente. L’ingente liquidità presente sul sistema finanziario mondiale era ed è ancora moltissima: una parte di questa è giunta nelle casse delle società quotate attraverso buyback, mentre la restante “fetta” è stata reinvestita in titoli obbligazionari di nuova emissione e in gran parte nell’acquisto di bond già presenti: quest’ultima decisione ha – di fatto – contribuito a far lievitare i corsi fino a livelli difficilmente ipotizzabili qualche mese fa. Poi, come ovvio, il mercato ha deciso che fosse troppo: troppo rialzo in poco tempo, troppe performance nei soli prezzi, troppo semplice per tutti coloro che si affacciavano sul mercato senza una solida preparazione. La finanza non è democratica.



Per poter rappresentare l’attuale “eccesso” abbiamo cercato un possibile riscontro oggettivo nella storia (arco temporale 1982-2021). Comparando la serie dei prezzi del decennale Usa e il più comune indicatore di forza relativa RSI (a 14 rilevazioni) si può osservare – con timeframe weekly – come l’attuale ipervenduto (area 20 punti) si sia verificato solo in tre occasioni: nel maggio 1984, nell’ottobre 1987 e nel bimestre dicembre 1999 e gennaio 2000. 

Una bolla obbligazionaria? Dal punto di vista prevalentemente accademico la risposta è un «no», mentre, andando ad analizzare i prezzi e la dinamica che ha accompagnato la loro discesa, qualche dubbio potrebbe sorgere: sicuramente ci troviamo in presenza di un concreto sell off ben poco presente nella storia (se si prende in considerazione il circoscritto arco temporale e l’entità del downside) e tutto questo deve imporre una maggior attenzione in vista delle prossime settimane. 

Pertanto, in ottica di brevissimo periodo, il “sorvegliato speciale” sarà il decennale statunitense: attualmente vede la propria quotazioni in area 132 con primo obiettivo ribassista (over weekly) in corrispondenza a soglia 130,094 punti. Solo qualora i prezzi dovessero riportarsi oltre la resistenza dinamica collocata a 133,656 potremmo ipotizzare una possibile fase di lateralità; in mancanza dell’ipotizzato spunto rialzista, il trend rimane ancora short. 

Sempre rimanendo in territorio bond, ma con sguardo rivolto al principale benchmark JPM GBI Gl. Usd, si possono individuare il supporto e i suoi obiettivi in chiave ribassista: area 589,28 punti che se violata agevolerebbe il raggiungimento del primo target a 588,027 e successivo downside a 586,081 punti. Sul versante rialzista, quota 595,41 può invece delineare un possibile ritorno alla neutralità in ambito algoritmico (almeno sui principali leading indicators), mentre il solo superamento della soglia psicologica dei 600 (599,72) punti potrà decretare la ripresa di un trend rialzista di breve termine. 

Anche l’opposta asset class equity con il suo benchmark MSCI World Usd conferma il proprio stato di incertezza: l’andamento settimanale è stato pressoché invariato attorno alla parità e la rappresentazione grafica mediante candlestick evidenzia un cosiddetto long legged Dojy ovvero una figura di forte indecisione. L’attuale supporto gravita in prossimità di quota 2.659,13 con potenziale ribasso (target) fino a soglia 2.546,87 punti. Positivo il ritorno degli scambi oltre area 2.777,22 che, se confermato mediante una chiusura superiore a quest’ultima, potrebbe beneficiare di un ulteriore allungo (oltre i 2.820 punti). 

Le materie prime confermano il loro momento di continua positività. Dopo un inizio di ottava caratterizzato dal ritorno dei prezzi a 190 punti si è potuto assistere al successivo upside con chiusura settimanale a poco sotto soglia 194. L’attuale impostazione potrebbe facilitare una prima fase di ritorno oltre 194,60 punti per poi ripiegare in direzione del target a 190,81. Sul comparto metals sono stati raggiunti entrambi gli obiettivi sull’alluminio e sul rame; sul comparto preziosi viene confermato un primo posizionamento long a seguito del raggiungimento di soglia 1.720 dollari. Un eventuale ribasso rappresenterà un’ulteriore opportunità di acquisto mentre, qualora il livello dei prezzi dovesse raggiungere area 1.767,30 dollari, si provvederà alla liquidazione dell’intera posizione.

Sul forex l’auspicato profitto – sia sul cross Gbp/Usd che su Usd/Jpy – è stato conseguito soprattutto in capo al secondo dei rapporti valutari scelti. Al momento, il timore di possibili falsi segnali sul nostro paniere valutario, preclude la definizione di strategie operative per la settimana in corso.

Il trascorrere delle prossime giornate sarà fondamentale: un eventuale ribasso sulla componente bond – con buone probabilità – potrebbe impattare anche sull’opposta asset class azionaria. Un potenziale sell off su quest’ultima non può essere comunque escluso anche senza implicazioni provenienti dall’obbligazionario. Da ricordare: sui mercati finanziari è importante sbagliare meno rispetto a coloro che invece pretendono di aver ragione (sempre a parole). Alla fine ciò che conta sono i numeri: e questi saranno sempre imposti dal mercato e da un disciplinato approccio all’investimento.