Inflazione. Anzi, no. L’inflazione. Così è molto meglio. Più forte, marcato, maestoso. Riconosciamo l’importanza che merita. Effettivamente, il problema del vivere con “l’inflazione” al nostro fianco sembra essere scemato con il trascorrere delle settimane e dei mesi. Solo quarantotto ore fa, la consueta pubblicazione periodica di Istat ha illustrato i cosiddetti dati definitivi riconducibili a maggio e, come indicato nel “Commento”, si apprende che «l’inflazione si mantiene sullo stesso livello di aprile (+0,8%)». Un valore, quest’ultimo, che ci riporta a quello standard che negli scorsi anni vedeva oscillare il livello dei nostri prezzi al consumo a una sua stessa naturale tendenza caratterizzata da una navigazione (seppur a vista) attorno alla media dello “zero virgola”.
Guardando agli ultimi dieci anni, infatti, le variazioni annuali dell’abitudinario “Indice generale nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC)” hanno inizialmente oscillato tra un massimo del +1,2% (2013) e un minimo del -0,1% (2016) per, poi, riattestarsi a quota +1,2% negli anni 2017 e 2018, ripiegare a +0,6% (2019) e, successivamente, segnare un nuovo livello inferiore alla parità (-0,2%) al termine dell’anno pandemico.
Nell’ultimo biennio (2022-2023), invece, le singole rilevazioni hanno subìto il picco massimo che difficilmente trova riscontri nella recente storia inflattiva italiana e, con il massimo di oltre otto punti percentuali (2022) e a seguire l’incremento del +5,7% (2023), hanno complessivamente archiviato un +19,9% quale mera sommatoria delle variazioni annuali registrate nell’ultimo decennio. Metaforicamente, se fosse stato un investimento, gli accademici 100 euro “investiti sull’inflazione” a inizio 2013 sarebbero diventati 121,40 al termine dello scorso anno.
Ovviamente si tratta di una provocazione, ma, oggettivamente, questo nostro semplice esercizio algebrico corrisponde a quanto effettivamente i numeri potrebbero destinare. Come evidenziato, nel tempo, i valori dell’inflazione domestica hanno verosimilmente oscillato attorno a una media dello 0,5% (rif. 2013-2020), mentre, solo nel corso dell’ultimo triennio, si è giunti a un rialzo esponenziale a seguito delle ormai note cause che, volutamente, ovviamo nel riportare.
Oggi, però, “beneficiando” di quel +0,8% (rif. maggio) ci riponiamo tra i più morbidi e sereni guanciali della confort zone tricolore di cui, sinceramente, sentivamo la nostalgia. Ben ritrovata normalità. Se tale può essere definita.
Archiviato, per ora, questo costoso dossier sulla storia (recente) della nostra inflazione quello che, inevitabilmente, potrebbe suscitare curiosità e interesse viene da noi ricondotto alla necessità di protezione dallo stesso incremento dei prezzi al consumo. In tal senso, in Italia si è provveduto attraverso la creazione di appositi strumenti finanziari obbligazionari (rif. Btp Italia) che, tralasciando la loro effettiva e successiva efficienza, hanno certamente catalizzato l’attenzione e l’interesse di moltissimi investitori e risparmiatori. Nel frattempo, però, le casse dello Stato italiano hanno continuato a drenare liquidità mediante i più consueti e tradizionali collocamenti con oggetto titoli a diverse scadenze.
In questo odierno approfondimento il nostro intento è quello di riprendere una sola categoria (rappresentata dal cosiddetto “Btp decennale benchmark”) al fine di poter simulare un investimento parallelo a copertura dell’inflazione nel corso degli ultimi dieci anni.
Attingendo al database di Banca d’Italia (fonte infostat.bancaditalia.it), e recuperando lo storico dei rendimenti lordi del sopracitato Btp, le risultanze che abbiamo potuto riscontrare sono decisamente evidenti: fatta la doverosa media per ciascun anno (rif. periodo 2013-2023), e completata la somma di quest’ultima, i ritorni finali ammontano a un significativo +26,5% che, se contestualizzato a un ipotetico investimento iniziale di 100 euro concretizza una successiva rivalutazione con approdo a quota 129,85 euro (fine 2023). Di fatto, sulla base dei numeri riportati, il ricorso al tradizionale Btp decennale si è rilevato una soluzione efficiente con una over performance di tutto rispetto senza, nota da non sottovalutare, alcun ricorso al meccanismo dell’interesse composto. Prescindendo dalla simulazione fine a se stessa i numeri (ovvero ciò che conta) sono questi e, soffermandoci agli attori coinvolti, potremmo concludere molto semplicemente così: inflazione sconfitta, Stato italiano difensore dei risparmi, investitori soddisfatti. Nulla di più semplice.
Quanto potrà durare tutto questo? Godiamoci il momento, poiché, al resto ci penserà “Mamma Bce“. Una mamma, ormai, rara, di stampo antico, tradizionale, senza mezzi termini. Quella di una volta. Certamente di buone maniere, sì, ma pur sempre rigida e talvolta autoritaria.
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