Est modus in rebus. Una celebre locuzione latina che in finanza trova generalmente il proprio senso, ma, talvolta, non riesce a motivare la fantasia possibilista di chi si trova davanti al monitor a operare nel mercato. Questo è quanto accaduto nella tarda sera di lunedì al titolo quotato americano Avis Budget Group Inc. Alle ore 19:48 (ore italiane) l’agenzia Il Sole 24 Ore Radiocor Plus riporta: «La società di autonoleggio americana Avis in poche ore raddoppia il proprio valore a Wall Street dopo i numeri di bilancio in forte crescita che riflettono la ripartenza del gruppo grazie al ritorno alla normalità nella mobilità. Il titolo Avis è in rialzo del 110% a 357 dollari dopo avere toccato, a inizio seduta, anche i 500 dollari e dopo essere stata sospeso più volte per eccesso di volatilità».



In molti potrebbero obiettare per questo nostro stupore a tale notizia, poiché, nel corso degli anni, soprattutto in questi ultimi, azioni quotate che hanno registrato performance giornaliere di tale portata (in alcuni casi ben oltre) se ne sono viste. Forse fin troppe. È pur vero che il dato riconducibile a questo titolo ha comunque smosso l’attenzione degli operatori più accorti. In termini assoluti il range registrato nell’arco dell’intera seduta è stato molto ampio con un minimo a 173 e un massimo a 545,11 dollari. Rispetto alla chiusura del giorno precedente (171,46) la variazione percentuale (rispetto agli oltre 500 dollari raggiunti) è presto calcolata: +217,92%. L’epilogo delle contrattazioni, invece, ha visto arginare il guadagno a un più “modesto” +108,31% con un prezzo finale a 357,17 dollari. Non male per un solo giorno di negoziazione soprattutto per chi, conti alla mano, avesse avuto il titolo nel proprio portafoglio già da qualche tempo. 



Senza nulla togliere a questa straordinaria performance borsistica, quello che invece ha attirato l’attenzione osservando i monitor è riconducibile all’andamento dell’indice Dow Jones Transportation Average (DJTA). 

Quest’ultimo, comprendendo nel proprio paniere il sopracitato titolo, ha visto prima balzare le proprie quotazioni – in parallelo al massimo di Avis – con un incremento di oltre quattordici punti percentuali (+14,45% ovvero la maggior variazione percentuale intraday dal gennaio 1970 a oggi) per, successivamente, ridimensionare le quotazioni a un livello poco superiore ad area 17.000 punti (chiusura a 17.039,38 con una variazione daily pari a +6,88%). Tale andamento è alquanto ovvio: il titolo schizza alle stelle (causa) e lo stesso indice che ne detiene la quota “replica” la performance monstre (effetto). Nulla di più. 



In questa semplificata cronaca finanziaria, come spesso accade, si cela una verità: da non trascurare.

Grazie a questo significativo movimento, il Dow Jones Transportation Average ha recuperato ampiamente terreno rispetto al suo parallelo e “antagonista” indice Dow Jones Industrial Average (DJIA) con il quale viene condiviso uno storico postulato alla base della teoria di Dow che vede entrambi «sempre esaminati insieme, e cioè che essi devono reciprocamente confermarsi»; questo perché «se il mercato è veramente un barometro delle future condizioni dell’economia, in un’economia in espansione gli investitori devono offrire prezzi crescenti sia per le società che producono merci, sia per quelle che le trasportano. Non è possibile che esista un’economia sana nella quale le merci vengono prodotte ma non sono vendute (cioè spedite al mercato)» (rif. Analisi tecnica dei mercati finanziari – Martin J. Pring). 

A seguito dell’avvenuta rivalutazione del Dow Jones Transportation Average, i due indici vedono certamente confermato il precedente assunto ma non completamente. Nello specifico, escludendo il rally giornaliero di queste ultime ore, la tendenza degli stessi sottostanti (pur con prezzi sui rispettivi massimi di periodo) evidenzia una divergenza dal punto di vista grafico: massimi e minimi crescenti per il DJIA, mentre minimi decrescenti e massimi in linea con i precedenti per il contrapposto DJTA. Inoltre, per quest’ultimo, se si sofferma l’osservazione al recente canale ribassista (poi violato al rialzo) appare ancor più disarmonica e marcata la citata divergenza attraverso massimi e minimi decrescenti.

In tali caotiche situazioni la sintesi è presto fatta: l’attenzione sui mercati deve essere massima. A confermare e allo stesso tempo rafforzare questo status è inoltre doveroso riportare l’andamento di un altro fattore di potenziale allerta. Come già menzionato a novembre 2019, oggi il Cape (Cyclically adjusted price-to-earnings) ratio o Shiller P/E ideato dallo statunitense Robert Shiller (Nobel per l’economia nel 2013) vede le proprie quotazioni (area 39,43) su valori massimi di periodo ed ormai in direzione dei valori riscontrabili in occasione della bolla speculativa degli anni 1999/2000 (quota 43 punti). 

Da quanto evidenziato c’è “un qualcosa” che non torna. Troppe le anomalie, troppi i punti interrogativi che, purtroppo, trovano una sola risposta: prudenza. 

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