Doveva esserci una causa, una spiegazione, o un qualsiasi elemento per poter innescare la discesa dei mercati azionari internazionali. Questo evento, che per molti ha le sembianze del cosiddetto “cigno nero”, si diffondeva in maniera celata nel tessuto sociale fino ad arrivare a colpire, facendo anche vittime umane, l’intera economia di città e di numerose nazioni. Chi ha rovinato l’apparente imperturbabile festa dei mercati finanziari caratterizzata da ripetuti massimi storici ha un nome: “COVID-19” o più comunemente identificato come il nuovo Coronavirus. È lui l’artefice, è sua la colpa.
Nel corso di questi ultimi giorni, mentre il virus prendeva sempre più forma, sulle piazze internazionali si registravano andamenti che imponevano una doverosa prudenza. Noi stessi, attraverso i nostri consueti focus, nell’arco delle ultime due settimane abbiamo sottolineato – ben due volte – come «tutto questo non potrà durare all’infinito». Ovviamente non potevamo sapere “il motivo scatenante”, ma, analizzando l’intero panel oggetto di costante monitoraggio, le avvisaglie erano presenti.
Osservando l’andamento giornaliero di alcuni sottostanti (T-Note future, Gold future) assimilabili a pseudo “funzioni di rifugio” in casi di imminenti tensioni, le loro stesse dinamiche di prezzo, erano la perfetta conferma in una medesima direzione ovvero il particolare interessamento dei compratori. Chi comprava voleva proteggere – o massimizzare – il proprio bilancio patrimoniale. Guardando ai numeri di tali elementi possiamo ricostruire il loro apprezzamento nel corso dell’anno. Mentre il principale indice azionario mondiale (rif. S&P 500) registrava nuovi massimi (febbraio 2020), la performance YTD del lingotto superava i dieci punti percentuali e quella del decennale Usa si attestava in prossimità della soglia psicologica del 3,50%. L’andamento di entrambi i sottostanti è verosimilmente identico.
A margine di tale rialzo, è importante soffermare l’attenzione al recente passato (gennaio) dove, nonostante ci fossero state avvisaglie di un imminente e potenziale conflitto tra Usa e Iran, entrambi gli strumenti finanziari non avevano pressoché riportato significative soglie di allerta. Oggi, invece, a distanza di qualche settimana, i livelli di prezzo sono nettamente mutati al pari di quanto è accaduto, e sta accadendo, in ambito sanitario mondiale. Di fatto, nell’arco degli ultimi dieci giorni, si è potuto assistere a nuovi massimi di periodo sia per oro che per i titoli di stato americani.
Focalizzando l’analisi alle ultime sedute, l’indice azionario Usa, ha ripiegato da 3.393,52 punti fino alle attuali quotazioni di area 3.100: molti osservatori vedono ormai vicina la fatidica media mobile a 200 giorni che gravita in prossimità dei 3.050 punti; in caso di sua violazione, si decreterebbe l’inversione sul mercato Usa. Senza nulla togliere a questa view, ciò che invece deve ulteriormente far riflettere, è l’attuale livello raggiunto dall’indice Vix passato dai precedenti 14,50 punti agli attuali 30.
Si tratta di una soglia molto elevata e inusuale sia rispetto ai consueti livelli calcolati su base mensile (range compreso tra i 12,5 e 14,35), sia rispetto al suo andamento storico: dal 2011 a oggi – gli attuali 30 punti – sono stati raggiunti a dicembre 2011, a ottobre 2014, ad agosto 2015, a gennaio e febbraio 2016 e infine a dicembre 2018.
Giunti a tale evidenze, il quesito che in molti pongono è ragionevolmente riconducibile al quando, e al come, si potrà assistere a un rallentamento o ridimensionamento di tale situazione. È ovvio che – in ottica futura – nessuno sia dotato di infallibilità, ma, appare ancor più ovvio come, al perdurare di tale attuale scenario (livelli di T-Note future, Gold future, Vix index) con l’aggiunta di un’eventuale violazione della propria media mobile a 200 giorni da parte dell’indice S&P500, il futuro diverrà certo, ossia, di segno opposto rispetto al passato.