L’agosto finanziario si sta caratterizzando per le perdite finora registrate sui principali listini azionari internazionali. Nel corso della settimana trascorsa, i già presenti e persistenti timori in ambito commerciale tra Usa e Cina si sono ulteriormente intensificati. La super potenza orientale ha deciso – attraverso la propria Banca centrale (Pboc) – di voler portare il proprio yuan al tasso pivot inferiore a 7 (rif. 6,9996) per dollaro (non accadeva dal 2008). Tale scelta è stata motivata dallo stesso istituto centrale come «dovuto agli effetti delle misure unilaterali e protezioniste degli Stati Uniti e all’attesa di dazi contro la Cina». Come ovvio, tale argine operativo, è stato subito oggetto di contestazioni: prima dal Presidente statunitense Trump mediante un proprio tweet «La Cina ha abbassato il prezzo della sua valuta a un livello basso quasi senza precedenti. Questa si chiama manipolazione valutaria»; successivamente – e per la prima volta dal 1994 – l’azione intrapresa in ambito valutario è stato ripresa dal segretario Steven Mnuchin (Dipartimento americano del Tesoro) additando il Paese orientale come vero e proprio “manipolatore di valute” e pertanto in netto contrasto con gli accordi intercorsi in sede internazionale (v. G20).
La continua tensione tra le due controparti viene ormai vista da molti operatori come l’elemento che segnerà definitivamente l’inizio di una fase recessiva. Si apprende – di fatto – che Morgan Stanley intravede uno tale scenario nell’arco dei prossimi nove mesi con un proprio outlook globale «decisamente al ribasso». Anche l’altra major tra le banche d’affari a livello mondiale, Goldman Sachs, non si aspetta grandi sviluppi sul fronte di un possibile accordo: «Le notizie giunte dall’annuncio di giovedì scorso del presidente Donald Trump indicano che Usa e Cina stanno scegliendo una linea dura e non ci aspettiamo più un accordo commerciale prima delle elezioni del 2020».
Un’ipotesi decisamente pessimistica arriva da Nomura: «A questo punto pensiamo che sarebbe sbagliato escludere la possibilità che uno shock in stile Lehman sia un rischio minore». Il sentiment sul mercato azionario viene visto dallo strategist Masanari Takada, come «arrivato al punto da sembrare sempre di più come quello alla vigilia del collasso del 2008 di Lehman Brothers che segnò l’inizio della crisi finanziaria globale». Ai player finanziari si affianca anche l’Ocse evidenziando preoccupazione sull’andamento dell’economia: attraverso il proprio superindice, viene “anticipata” una prospettiva di rallentamento per gli Usa e l’area euro (in quest’ultima viene fatto specifico riferimento alla Germania).
Le continue e numerose incognite sul fronte commerciale, assieme alle loro potenziali ripercussioni che potrebbero innescare, hanno subito trovato un netto riscontro nei prezzi dei beni rifugio: l’oro – oltrepassando i 1.500 dollari – è balzato a valori che ci riportano al 2013. Anche il mercato obbligazionario statunitense vede registrare un nuovo “record”: l’andamento del T-Bond è arrivato a riconoscere un rendimento inferiore all’1,6% ossia a nuovi minimi di tre anni.
Dal punto di vista prevalentemente operativo, il solo indice americano S&P 500, appare come il meglio impostato nell’attuale fase di negatività che accomuna le principali piazze borsistiche internazionali. Ciò non vuole significare che sia immune da ribassi, ma semplicemente rappresenta il sottostante con maggiore capacità di reazione in chiave rialzista una volta superato l’attuale momento di mercato caratterizzato da un palinsesto sia grafico che algoritmico impostato al ribasso. Il superamento di area 2.943,98 agevolerebbe un primo allungo fino al target posto a 2.984,62 punti. Negativo invece il ritorno dei prezzi sotto quota 2.894,47: la possibilità di poter testare i minimi mensili sarebbe molto concreta.
Il focus per il Vecchio continente è subordinato a quanto sta vivendo il nostro Paese. La crisi di governo (ancora non ufficializzata ma ormai presente) ha definitivamente completato il proprio corso. In un nostro precedente intervento sottolineavamo come l’elezione di von der Leyen abbia «consumato un primo strappo tra i nostri alleati di governo: il “sì” del Movimento 5 Stelle opposto al “no” della Lega ha concretamente innescato uno scontro tra i vari protagonisti presenti all’interno dell’esecutivo». A tale nostra interpretazione seguiva uno scenario: «Il possibile esito dello scontro/incontro potrebbe consumarsi nel corso delle prossime ore: gli operatori finanziari sembrano privilegiare un approccio prudenziale in vista di questo importante esito». Nonostante il tempo trascorso (non ore ma pochi giorni) l’effettiva rottura è arrivata.
Il mercato dei nostri titoli di Stato è stato subito oggetto di diffuse vendite: il future sul Btp – nell’arco di sole due sedute – ha ritracciato dai propri massimi (141,71) di oltre tre punti percentuali (minimo intraday a 136,91). Il sell off ha ovviamente impattato sullo spread domestico riportandolo oltre quota 240 punti e rivedendo il proprio rendimento sopra area 1,80%.
Appare molto delicata l’attuale impostazione grafica per Piazza Affari: i prezzi gravitano sia in prossimità della media mobile a 200 giorni (area 20.366,67 punti) che del supporto dinamico rappresentato dalla trend line inferiore del Raff Regression Channel tracciato in corrispondenza di inizio anno. Qualora nel corso delle prossime sedute non si registri un pronto ritorno in prossimità di 21.500 punti, l’eventuale scenario al quale si potrebbe assistere, vedrebbe il suo primo target verso soglia 19.535.
L’attento monitoraggio di quanto avverrà in Italia nel corso di questa ottava è prioritario: l’effetto domino che si potrebbe avere sulle altre piazze europee è sicuramente da prendere in considerazione. Per tale motivo viene nuovamente confermata la nostra precedente view (assenza di posizionamento sulla componente equity). Per tutti coloro che invece volessero approfittare di un possibile incremento di volatilità è auspicabile l’adozione di una strategia hedged composta da due contestuali posizionamenti: long sull’indice europeo Stoxx 600 (o in alternativa il più volatile DJ Euro Stoxx 50) e paritetico (per controvalore investito) short sul Ftse Mib.
Da molti anni non si assisteva a un periodo estivo caratterizzato da numerose incognite che vivono una vera e propria “sincronicità” tra loro. Sui mercati finanziari non si respira “aria di vacanza” e, gli operatori, ne sono consapevoli.