Strage via D’Amelio, Paolo Borsellino voleva denunciare i fatti della Procura di Palermo
: questo quanto campeggia sulla prima pagina di oggi de Il Dubbio. Il magistrato, ucciso il 19 luglio di ventinove anni fa, avrebbe infatti voluto raccontare alcuni passaggi fondamentali, «cose terribili», alla procura di Caltanissetta in merito alla morte di Giovanni Falcone. Ma, come sappiamo, non ne ha mai avuto la possibilità…
Borsellino confidò alla sorella di Falcone di essere a conoscenza di «questioni terribili» riguardanti al Procura palermitana legate alla strage di Capaci. E il magistrato non ne aveva fatto mistero, basti pensare a un intervento pubblico fatto alla biblioteca comunale di Casa Professa: «Falcone approdò alla procura della Repubblica di Palermo dove, a un certo punto ritenne, e le motivazioni le riservo a quella parte di espressione delle mie convinzioni che deve in questo momento essere indirizzata verso altri ascoltatori, di non poter più continuare ad operare al meglio».
“Borsellino voleva denunciare fatti Procura Palermo”
Tra i diversi passaggi fondamentali, ce n’è uno incontrovertibile: per Borsellino i diari di Falcone erano veri, genuini, perché li «aveva letti in vita». Ebbene, in uno dei verbali spunta una testimonianza che svela il fatto che Borsellino avrebbe denunciato tutti i malesseri interni alla Procura di Palermo. Secondo il magistrato Consiglio, Ingroia confermò che Borsellino era «determinato in questa sua intenzione di tirar fuori, in qualche modo non so come, i malesseri di quella procura ed ero completamente allo scuro di tutti i fatti che poi ho sentito e tutto sommato cercava, appunto, il momento opportuno, poi.. è finita». Borsellino, come confidato dal fratello Salvatore nel 1995 durante il processo, era pronto a smettere di fare il magistrato una volta denunciata la verità sulla strage di Capaci. E il magistrato aveva trovato «delle cose terribili, che avrebbero fatto saltare parecchie cose», come confermato dalla sorella di Falcone.