Uno dei nomi legati a Cosa Nostra è quello di Filippo Graviano, boss condannato all’ergastolo per le stragi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, per le bombe del 1993 a Roma, Milano e Firenze, per l’omicidio del sacerdote don Pino Puglisi. Di recente il suo nome era tornato agli onori della cronaca per via di un articolo di Lirio Abbate sul settimanale l’Espresso in cui sosteneva che il noto boss mafioso avesse chiesto un giorno di permesso premio dopo aver sostenuto di essersi dissociato da Cosa Nostra. In altri termini, avrebbe voluto uscire dal carcere senza accusare nessuno. La richiesta sarebbe stata avanzata al giudice di sorveglianza dell’Aquila. Filippo Graviano è anche il fratello di Giuseppe, superboss di Brancaccio che nei mesi scorsi, come rammenta Fatto Quotidiano, aveva parlato dei suoi presunti rapporti con Silvio Berlusconi davanti ai giudici della corte d’Assise di Reggio Calabria. Al contrario, Filippo non ha mai parlato preferendo il silenzio.
Quando di recente i magistrati si sarebbero recati da lui per interrogarlo, nell’ambito delle indagini sulle stragi del nord Italia, Graviano avrebbe ufficializzato la sua intenzione di dissociarsi senza accusare nessuno e per tale ragione vorrebbe usufruire dei permessi premio a cui potrebbe avere accesso dopo la modifica dell’ergastolo ostativo.
BOSS FILIPPO GRAVIANO, MINACCE A MASSIMO GILETTI
Il nome di Filippo Graviano però si collega anche a quello del giornalista Massimo Giletti, protagonista questa sera dello speciale di La7 dal titolo “Abbattiamoli”. Da fine luglio 2020, il popolare conduttore vive sotto scorta a causa delle minacce ricevute dal boss Filippo Graviano, in seguito all’inchiesta di Non è l’Arena sui boss scarcerati per l’emergenza Covid. Intercettato in carcere, Graviano diceva: “Quell’uomo… di Giletti e quel… Di Matteo stanno scassando la minchi*”, parlando ad alta voce nel carcere de L’Aquila durante l’ora d’aria con lo ‘ndranghetista Maurizio Barillari. La sera prima aveva visto la trasmissione di Giletti che commentava la scarcerazione e la mancata nomina del magistrato Nino Di Matteo alla guida del Dap da parte del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede nel giugno del 2018. Di quelle minacce Giletti ne era venuto a conoscenza solo mesi dopo, esattamente la scorsa estate, ed in una intervista al Corriere aveva dichiarato: “Non mi pare proprio normale che io non ne abbia saputo nulla. In questa storia quello che pesa è per l’ennesima volta il silenzio delle istituzioni competenti”.