Nuovo colpo di scena nel caso di Yara Gambirasio. Massimo Bossetti, l’ex carpentiere condannato all’ergastolo nei tre gradi di giudizio poiché considerato il solo responsabile dell’omicidio della 13enne di Brembate, ha denunciato per depistaggio i magistrati di Bergamo. Ad annunciarlo è stato il settimanale Oggi nel nuovo numero che precisa come sulla grave accusa sollevata da Bossetti starebbe indagando la procura di Venezia. Il depistaggio di cui parla l’uomo condannato al carcere a vita ma che continua a definirsi innocente, riguarderebbe presunte anomalie relative ai reperti e ai campioni di Dna. Nel caso in cui dovessero venire dimostrate chiaramente si tratterebbe di una situazione estremamente grave.
Per tre volte la Cassazione ha dato ragione a Massimo Bossetti scrivendo che i giudici di Bergamo devono mettere a disposizione dei suoi legali difensori i reperti con il Dna serviti per condannarlo all’ergastolo. Tuttavia, lo scorso 3 giugno è arrivata per Bossetti l’ennesima doccia fredda dopo che la Corte d’Assise di Bergamo ha opposto l’ennesimo “no” alla richiesta della sua difesa di accedere ai campioni. L’avvocato Claudio Salvagni ha già fatto sapere: “Presenteremo il quarto ricorso in Cassazione”.
BOSSETTI DENUNCIA MAGISTRATI PER DEPISTAGGIO: LE PAROLE DEL SUO AVVOCATO
Proprio Salvagni, uno degli avvocati di Massimo Bossetti, in un lungo post su Facebook si era scagliato contro il sistema giudiziario che ha condannato il suo assistito. In seguito al “no” della Corte di Bergamo, il legale ha gridato l’innocenza del suo assistito: “Massimo Bossetti è innocente, se mai avessi avuto dei dubbi, ora ne ho la certezza. Il non risultato ottenuto con la nuova pronuncia della Assise di Bergamo è, nuovamente, la dimostrazione della piena innocenza di Bossetti e che è semplicemente, al pari di tanti e tanti altri ingiustamente condannati, vittima di un sistema sordo e cieco”, aveva tuonato. Eppure all’uomo ad oggi non sarebbe mai stata data la possibilità di dimostrarlo. “Cosa nascondono quei reperti e campioni di così tremendo? Cosa si vuole celare alla difesa? Perché negare pervicacemente qualcosa a cui eravamo già stati autorizzati?”, aveva chiesto ancora Salvagni insistendo con la necessità di avere dietro le sbarre il “vero responsabile” della morte di Yara Gambirasio, “non un responsabile di comodo”.