Le analisi sul Dna di Ignoto 1 che ha inchiodato Bossetti si sarebbero potute rifare immediatamente, tanto era il materiale genetico a disposizione della Procura all’epoca della repertazione. Lo ha dichiarato la difesa del muratore di Mapello, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, a margine dell’udienza per la ricognizione dei reperti del delitto nella quale ha scoperto la presenza di “ulteriori 23 provette” di diluizione oltre ai 54 campioni già oggetto di acceso scontro con l’accusa (che mai concesse accertamenti in contraddittorio).



I legali Claudio Salvagni e Paolo Camporini, insieme a due consulenti di parte, hanno così potuto constatare lo stato di conservazione di indumenti della vittima e Dna arrivando a una prima conclusione lampante (oltre alla clamorosa evidenza di un surplus di materiale che invece era stato indicato da pm e giudici come “esaurito” nel motivare il rigetto delle istanze difensive di una superperizia): la “prova regina” a carico di Massimo Bossetti è andata distrutta per via dell’interruzione della catena del freddo che ne avrebbe invece garantito la corretta preservazione per eventuali verifiche future. Gli avvocati difensori hanno appurato che i campioni di Dna sono stati tenuti a temperatura ambiente dopo il trasferimento inspiegabile dal laboratorio del San Raffaele di Milano (dove erano stati conservati, come da protocollo, a 80 gradi sottozero) ad uno scatolone dell’Ufficio Corpi di reato di Bergamo. Un pasticcio che avrebbe compromesso in modo irreversibile la possibilità di esaminarli. L’interrogativo ora è su quelle diluizioni: Salvagni precisa che occorrerà capire cosa “potranno dire” in sede di analisi.



Salvagni: “Analisi Dna erano ripetibili dal primo giorno, ora abbiamo prova del falso storico”

Le analisi sul Dna del caso di Yara, ha dichiarato la difesa dopo aver visionato per la prima volta i reperti, “erano ripetibili dal primo giorno” e lo proverebbe la presenza di 54 campioni più 23 provette di diluizione. Una constazione che fa storcere ulteriormente il naso all’avvocato Salvagni, come ha dichiarato lui stesso ai giornalisti all’esito dell’udienza nella quale legali e consulenti hanno potuto vedere, cosa mai accaduta prima, tutti gli elementi che restano della repertazione fatta all’epoca.



Per il legale e il suo collega Paolo Camporini ci sarebbe da scrivere un libro, alla luce del rimpallo di versioni tra procura e giudici sulla quantità di materiale genetico a disposizione: “All’inizio era tanto – ha commentato Claudio Salvagni, poi è diventato poco, poi è ritornato un’altra volta tanto, effettivamente sembrerebbe tanto perché ci sono addirittura 23 provette di diluizione. Il processo è stato pesantemente condizionato dal fatto che si è sempre detto che le analisi erano irripetibili, invece il materiale c’era ed erano ripetibili, cosa che ci è sempre stata negata. La sentenza della Corte d’Assise d’appello e quella della Suprema Corte dicono che i campioni sono completamente esauriti, oggi abbiamo avuto la prova provata che questa affermazione è un falso storico“.