Giunge da un gruppo di studiosi, per mezzo del portale d’informazione scientifica nature.com, la notizia della scoperta di una nuova modalità di recupero del polietilene tereftalato, meglio noto con l’acronimo PET. Si tratta, in altre parole, della plastica poliestere più abbondante, con quasi 70 milioni di tonnellate prodotti ogni anno in tutto il mondo per l’uso nei tessuti e negli imballaggi. Tuttavia, per quanto sia largamente utilizzata, è altrettanto difficile da idrolizzare e spesso e volentieri, a fine ciclo, la si abbandona nelle discariche e si predilige produrne di nuova. Ora, le cose potrebbero cambiare, grazie alle intuizioni di alcuni ricercatori che hanno descritto una migliore idrolasi del PET che in definitiva raggiunge, in 10 ore, “un minimo del 90% di depolimerizzazione del PET in monomeri, con una produttività di 16,7 grammi di tereftalato per litro all’ora (200 grammi per chilogrammo di sospensione PET, con una concentrazione di enzimi di 3 milligrammi per grammo di PET). Questo enzima altamente efficiente e ottimizzato supera tutte le idrolasi di PET riportate finora, compreso un enzima del ceppo 201-F6 del batterio Ideonella sakaiensis (anche assistito da un enzima secondario) e le relative varianti migliorate che hanno suscitato un recente interesse”. Una scoperta sensazionale, che dimostra anche che il PET biologicamente riciclato presenta le stesse proprietà del PET petrolchimico e può essere prodotto a partire da rifiuti di PET depolimerizzati enzimaticamente, prima di essere trasformato in bottiglie, contribuendo così al concetto di economia circolare del PET.