La formazione si potrebbe dividere in due categorie: obbligatoria e libera. Nella prima sono compresi non solo i corsi la cui partecipazione è prevista dalla legge, ma anche quelli stabiliti dai propri responsabili che, di conseguenza, è obbligatorio frequentare. Confesso che raramente mi capita di insegnare in questa circostanza, mentre ho una maggiore esperienza nella seconda categoria, quella che abbiamo definito “formazione libera”.
Voglio condividere con voi una domanda che, da studioso, consulente e formatore mi sono più volte posto sotto diverse sfaccettature: chi sono le persone che decidono di formarsi liberamente? La risposta è senza discussione una sola: i migliori. È indubbio che ci si forma per diventare più bravi in una determinata competenza, ma è altrettanto vero che, nonostante una consolidata abilità, occorre avere una sana dose di coscienza e umiltà per intuire che gli argomenti a cui ci si approccia sono potenzialmente più vasti e complessi rispetto a quanto possiamo pensare.
Recentemente ho avuto modo di eseguire un esperimento concreto sul tema in oggetto. Abbiamo avviato all’interno di un’azienda un percorso di change management che prevedeva diversi incontri di formazione e coaching per tutti i membri del board. In aggiunta l’azienda ha dato la possibilità di effettuare della formazione specifica con me tramite incontri one to one. Era stato specificato che questa tipologia di formazione sarebbe stata particolarmente impegnativa perché, come disse lo stesso general manager, “l’incontro one to one, diversamente dalla classe, non permette di nascondersi e sapete bene quanto Brambilla possa essere sfidante nella gestione di alcuni temi”. Dopo una presentazione così diretta soltanto due persone su dieci accettarono di fare il percorso di one to one.
Un anno dopo il percorso, nelle sue diverse tipologie, si concluse e fui chiamato dallo stesso general manager citato poc’anzi il quale desiderava condividere con me una sorta di sondaggio interno che aveva effettuato e che aveva coinvolto tutti i dipendenti dell’azienda a esclusione dei partecipanti al percorso di change management. Il documento che mi fece leggere con attenzione riportava tra gli altri il giudizio della popolazione aziendale sulle due persone che avevano partecipato ai one to one: erano considerate quelle con maggiore autorevolezza, capacità di comunicazione e problem solving dell’organizzazione. Il general manager mi chiese di commentare questo risultato e mi limitai a dire quanto ho già anticipato poco sopra: “Quelli bravi si formano per diventare migliori, mentre i mediocri non si formano pensando di essere già bravi”.
Ricordo che il general manager mi sorrise nel mostrarmi un’altra survey identica datata un anno prima e in cui figurava la medesima classifica in termini di autorevolezza secondo il giudizio delle persone che lavorano in quell’azienda. Il risultato era lo stesso: gli stessi due manager che avevano partecipato al one to one erano nelle prime posizioni. Ci tenne però a farmi notare che il punteggio in leadership, problem solving e comunicazione era comunque inferiore rispetto a quello rilevato dopo il percorso e quindi confermo quanto avevo già asserito: “I più bravi si formano per diventare migliori”.
Questo aneddoto spero possa far riflettere sull’importanza di formarsi per chiunque e a tutti i livelli. Se non ti stai formando occorre farlo per passare dalla mediocrità alla bravura; se invece ti stai già formando significa che sei bravo e non serve che io ti ricordi l’importanza di continuare a farlo per esserlo sempre di più.
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