INCIDENTE FERROVIARIO A BRANDIZZO: IL POST SU TIKTOK PRIMA DI ESSERE TRAVOLTO

«Mentre saldo la rotaia mi è uscito il crocifisso»: un post come tanti su TikTok con un’immagine oggettivamente particolare e surreale, una croce quasi da film horror in stile esorcista. Ma cattura l’attenzione stamattina dopo la tragedia dell’incidente ferroviaria di Brandizzo, stazione nel Torinese colpita dalla strage di 5 operai morti investiti dal treno Torino-Milano. Uno di loro, Michael Zanera, poche ore prima dello schianto drammatico nella notte tra il 30 e il 31 agosto, posta sui social l’immagine di una croce apparsa durante la saldatura della rotaia a cui stava lavorando con gli altri 6 compagni di lavoro (in tutto 5 morti, 2 salvi per miracolo).



«È la prima volta che mi succede mentre saldo la rotaia. Mi è uscito il crocifisso. Dio mi vuole dire qualcosa sicuramente. Nonostante lo richiamo tutti i giorni ultimamente perché non è un bel periodo per me»: scriveva così Michael, operaio dipendente della Sigifer di Borgo Vercelli, azienda specializzata nei lavori di manutenzione e armamento ferroviario. Una scritta che letta dopo la tragedia dà il senso pieno della estrema “fragilità” in cui versa la condizione umana davanti al mistero imponderabile della vita.



“DIO VUOLE DIRMI QUALCOSA”: LA CROCE SULLA ROTAIA NOTATA DALL’OPERAIO VITTIMA SOTTO IL TRENO

Dal Governatorio del Piemonte Cirio alla Premier Meloni fino a tutti i rappresentanti della politica e dei sindacati sono intervenuti sulla tragedia di Brandizzo, un incidente ferroviario che forse poteva essere evitato o forse no: in tutto questo ci sono i drammi di 5 vite spezzate per sempre, con la vicenda di Zanera che colpisce ancora di più per quello che alcuni chiamerebbero “presagio di morte” o sventura.

In quel «Dio vuole dirmi qualcosa» si può leggere ora a posteriori qualsiasi cosa: essere religiosi o no chiaramente fa tutta la differenza del caso nel “tradurre” un’esperienza così surreale come quella capitata al povero operaio travolto senza colpe da un treno a 160 km orari. «Era un ragazzo sveglio, intelligente, gli piaceva troppo quel lavoro», racconta Marco Faraci, zio di Zanera, all’ANSA, «Ci siamo sentiti recentemente, mi ha detto che doveva fare la notte. A volte faceva anche il doppio turno, così mi diceva, glielo fanno fare perché doveva recuperare». Quando la sorella lavorava era di fatto lo zio ad averlo cresciuto, conclude con dolore l’uomo: «è stato il primo nipote per cui gli volevo un sacco di bene. Siamo sempre usciti insieme era molto attaccato al lavoro. Un ragazzo in gamba, volenteroso, anche se sapeva che certe cose non andavano bene faceva finta di nulla, si sforzava e andava avanti sul lavoro». Una preghiera in silenzio è quella che oggi merita tanto Michael quanto gli altri sventurati operai: una preghiera a quel Dio che in maniera misteriosa ha chiamato a sé queste 5 esistenze.