RIO DE JANEIRO – Di costante rimane il numero di morti, ma la distribuzione dell’epidemia in Brasile cambia. Avanza in 8 stati, è stabile in 7 e cala negli altri 11. Gli shopping stanno riaprendo, si può andare a Messa, prenotandosi. C’è una nuova malata celebre: la moglie di Bolsonaro è risultata positiva. Non stupisce, vedendo come il marito (non) rispetta le indicazioni.



Il presidente si è però calmato molto. Sia stata l’alleanza politica con il “Centrão”, la maggioranza silenziosa del Parlamento brasiliano, o l’arresto dell’ex assistente del figlio per frode, ora siamo alla versione “Bolsonaro paz e amor”. Non alimenta polemiche, si adopera per spegnere i battibecchi tra i suoi e gli avversari, non organizza manifestazioni di piazza.



Chi è entrato nelle polemiche è invece la Chiesa cattolica, o meglio 150 dei suoi quasi 500 vescovi, o meglio chi ha passato alla stampa la lettera di critica a Bolsonaro firmata dai 150. Pare che il Nunzio ne avesse sconsigliato la pubblicazione, ma evidentemente qualcuno ci teneva proprio… avrebbero fatto meglio a dar retta all’ambasciatore vaticano. La lettera è lunghetta, tipica di quei preti per i quali nell’omelia più si parla più si comunica, il tono ha molto della “teologia della liberazione” dove il Regno di Dio coincide con la giustizia sociale.

Molte critiche sono condivisibili, soprattutto sulla gestione della pandemia. Quello che la squalifica è l’identificazione di Bolsonaro come l’unica causa di tutti i problemi del Brasile, dalla disuguaglianza economica alla riduzione degli autovelox.



Nel frattempo il governo presentava la sua prima proposta di riforma tributaria.

Il tema è cruciale, perché rispetto al Brasile l’Italia è un paradiso fiscale. Un fiscalista ha tentato di riunire in un unico volume tutta la legislazione tributaria. Dopo 23 anni ha rinunciato e ha stampato quello che era riuscito a raccogliere. Ne è uscito un volume di 7 tonnellate e mezzo.

Osservandolo si capisce che il Brasile non è appena disuguale, è una fabbrica di disuguaglianze. In questo labirinto di norme ogni corporazione con un po’ di potere conquista esenzioni, spesso pagando il politico di turno. Le tasse le pagano i poveri (fessi), insomma. Lo fanno soprattutto con quelle sui consumi, che sono il doppio di quelle sul reddito. La tassa di successione è la minore al mondo, l’aliquota massima dell’imposta sul reddito – che scatta al di sopra di 9.100 euro l’anno – è del 27%, i dividendi sono esenti.

Normalmente le tasse riducono le disuguaglianze, ma come prelievo fiscale il Brasile è al livello della Germania, come disuguaglianza è appaiato con il Botswana e il Belize, nella ottava posizione tra i peggiori al mondo. E questo dopo che per metà della sua storia post-dittatura ha avuto un governo di sinistra-sinistra…

La proposta governativa è minima: l’unificazione di due imposte federali sulla vendite. La semplificazione del sistema però è radicale, soprattutto se venisse imitata a livello statale. Il governo ha poi annunciato l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie e l’aumento dell’imposta sul reddito. Le nuove entrate servirebbero ad abbattere le tasse sul lavoro dipendente.

Si dice che solo i governi di sinistra possono fare politiche di destra. Passassero queste riforme avremmo un esempio del contrario.

Nota finale: grazie agli aiuti economici straordinari per il Covid, la percentuale dei brasiliani in estrema povertà è ai minimi storici. Se le elezioni fossero oggi, secondo i sondaggi, Bolsonaro vincerebbe contro qualunque avversario.