Sentenza storica in Brasile dopo l’ennesima udienza, svolta di fronte alla Corte Suprema a Brasile. Al termine di un processo durato due anni, il più alto tribunale ha riconosciuto che le terre sottratte nel corso della colonizzazione, durata secoli, appartengono di diritto agli indigeni. Il processo, accelerato dall’ultima dittatura militare tra il 1964 e il 1985, ha visto sottrarre 1.300 appezzamenti agli indigeni. La Costituzione democratica ha fissato anche un limite stringente per la restituzione: cinque anni.



Adesso ne sono trascorsi 35 e agli indios sono tornati poco più di 400 appezzamenti spettanti su un totale di quasi 1.300. Negli ultimi tempi, inoltre, i grandi latifondisti hanno esercitato pressione sulla magistratura per far passare un’interpretazione restrittiva del dettato costituzionale. Insistevano infatti sulla norma del limite temporale o “marco temporal”. Secondo i proprietari, i territori da rendere ai nativi sarebbero stati solo quelli realmente occupati al momento dell’entrata in vigore della Carta, il 5 ottobre 1988. Dunque, poco più del 5 per cento del totale, come spiega Avvenire.



La sentenza storica

La tesi dei latifondisti in Brasile è stata respinta al mittente dai giudici. Solamente i due fedelissimi di Jair Bolsonaro, Nunes Marques e André Mendoça, l’hanno sostenuta. La sentenza è nata da un ricorso concreto. Nel 2009, un giudice locale ha sottratto al popolo Xokleng due territori strategici: la Terra Ibirama-Laklãnõ e della Reserva biológica do sassafrás, nello Stato meridionale di Santa Caterina, facendo riferimento al “marco temporal”: quelle terre, infatti, gli indigeni non le avevano in loro possesso nel 1988. Il precedente ha mobilitato immediatamente la comunità e l’Agenzia deputata a proteggerli, la Fondazione nazionale dell’indio (Funai).



La Funai, rappresentata dalla storica attivista Joenia Wapichana, ha esultato dopo la decisione del Tribunale: “Ci sono voluti dodici anni per portare la questione di fronte alla Corte e altri due per arrivare alla sentenza. Ma ne è valsa la pena, finalmente è stata invalidata questa interpretazione assurda della Costituzione“, si legge in una nota ufficiale. Il “marco temporal” (quadro temporale), affermava che i popoli indigeni non hanno diritto all’istituzione di riserve protette su terre dove non erano presenti nel 1988, anno in cui fu ratificata l’attuale costituzione del Paese. Il voto della Corte ha dunque definitivamente fatto naufragare l’ipotesi che le terre non venissero restituite.