Rony Brauman, volontario di Medici senza frontiere e vincitore del “Premio Nonino” per il suo impegno umanitario in tutto il mondo, in occasione della consegna del riconoscimento ha parlato di diritto internazionale, ponendo sotto la lente ciò che sta accadendo a Gaza. Avvenire riporta le sue parole. “Potrei raccontarvi diversi episodi significativi di questa storia ricca di avvenimenti, ma ho deciso di concentrarmi su una situazione particolarmente tragica, quella che ci preoccupa tutti da mesi. Mi riferisco alla guerra a Gaza, naturalmente. In questo momento ci sono altri luoghi di violenza nel mondo, penso in particolare al Sudan, alla Birmania, al Congo, all’Ucraina e a molti altri ancora. Ma nessuno è un tale concentrato di strumentalizzazioni e contraddizioni di retorica umanitaria da parte dei governi occidentali ed è di questo che vi voglio parlare” inizia.
“Mi riferisco agli appelli dei governi europei a «rispettare il diritto umanitario», alla «necessità di limitare i danni collaterali» pur sottolineando con insistenza il diritto irrecusabile di Israele a difendersi. In altre parole, la punizione inflitta all’insieme della popolazione di Gaza è accettabile e legittima purché non vengano uccisi troppi civili. E si fa finta di ignorare, da una parte, che il diritto umanitario vieta la punizione collettiva, e dall’altra, soprattutto, che Israele è una potenza occupante che si scontra con una milizia nata dalla popolazione occupata, a Gaza come in Cisgiordania. E si dimentica che il diritto di difendersi spetta agli occupati e non agli occupanti. Tengo a precisare qui che considero crimini ingiustificabili le atrocità perpetrate dai miliziani di Hamas il 7 ottobre. La colonizzazione e le sue violenze non giustificano l’uccisione di civili, gli stupri, le prese di ostaggi. Come gli orrori perpetrati il 7 ottobre non giustificano la carneficina alla quale stiamo assistendo apparentemente impotenti” prosegue Brauman.
Brauman: “L’Occidente ricompensa gli israeliani”
Brauman, volontario di Medici senza frontiere, nel suo discorso per la vittoria del “Premio Nonino” prosegue così: “Tutti i Paesi del mondo sono tenuti al rispetto e alla difesa delle Convenzioni di Ginevra. (…) Ma questo conflitto non è cominciato il 7 ottobre, bensì settantacinque anni fa. E sono più di cinquant’anni che Israele insedia popolazioni civili nei territori presi con la forza, il che è formalmente proibito dal diritto umanitario. Anziché essere richiamati all’ordine o sanzionati, gli israeliani sono ricompensati, sostenuti politicamente in quanto democrazia, economicamente come quasi-membri dell’Europa. L’apartheid, l’espropriazione delle terre palestinesi, le espulsioni e gli sfollamenti forzati, la tortura, la detenzione arbitraria di migliaia di persone sono il regime quotidiano della vita di milioni di palestinesi. Quegli abusi quotidiani che naturalmente non sono cominciati il 7 ottobre scorso, sono tutti condannabili dal diritto umanitario, eppure vengono citati solo en passant dalle diplomazie occidentali”.
Il medico francese, ancora, ricorda: Io sono nato in Israele in una famiglia sionista. Il mio luogo di nascita non mi dà alcun diritto particolare di pronunciarmi su questo conflitto, però provoca in me una particolare inquietudine nel vedere come è diventato il mio Paese di origine. Non solo perché vedo una condotta suicida, un nichilismo che si traducono in un’escalation di violenza e di odio, ma anche perché fa irradiare quella violenza e quell’odio ben oltre i confini della Palestina storica. (…) Il diritto umanitario dovrebbe permettere la creazione di «oasi di umanità» e garantire uno statuto di protezione ai non combattenti e agli organismi umanitari. Per quanto fragile sia quella promessa, essa ci esorta alla sua difesa e deve essere mantenuta. Ma la guerra di Gaza ci ricorda che questo diritto è opera innanzitutto di chi fa la guerra. Ed è per questo che autorizza tutto ciò che rientra nella «necessità militare»”.
Brauman: “Il diritto umanitario veicola il mito della guerra pulita”
Rony Brauman conclude il suo discorso così: “Il diritto umanitario funziona tanto come strumento di protezione della vita quanto come licenza di uccidere. E poiché veicola il mito della «guerra pulita», si può definire necro-etico, ovvero un’etica che legittima l’uccisione di un numero di innocenti considerato ragionevole. Chi definisce le «necessità militari», chi traccia la linea di demarcazione fra le crudeltà eccessive e quelle necessarie? I vincitori, ovviamente. I procedimenti della Corte penale internazionale e della Corte internazionale di giustizia cambieranno quest’ordine imperniato sulla legge del più forte? Possiamo sperarlo, possiamo dubitarne, ma è con questo fragile barlume di speranza che mi fermo”.