Dodici anni dopo l’omicidio di massa, Breivik perseguita ancora la Norvegia. Dopo l’uccisione di 77 persone, il 22 luglio 2011, per l’esplosione di una bomba davanti alla sede del governo a Oslo e sull’isoletta Utoya, Behring Breivik, 44 anni, rimane ancora “pericoloso”. Condannato nel 2012 a ventuno anni di carcere con possibilità di proroga – il massimo di pena previsto nel Paese – il terrorista accusa lo Stato norvegese per la seconda volta di aver violato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo tenendolo in isolamento. Durante un processo nel 2016, un tribunale di primo grado gli diede parzialmente ragione. Ma, un anno dopo, il suo ricorso è stato respinto da un tribunale che ha ritenuto che le sue condizioni di reclusione fossero del tutto giustificate.



Per due anni, Anders Behring Breivik è incarcerato al Prigione di Ringerike, proprio di fronte del fiordo dove bagna l’isola di Utoya. Gli è assegnata un’intera sezione dell’istituto penitenziario disposta su due piani, comprendente una camera da letto, un bagno, una cucina, ma anche una palestra, una sala televisione, dove può anche giocare al computer, e un cortile esterno, attrezzato con un canestro da basket. Per spezzare la sua solitudine gli è stato permesso di adottare anche tre pappagalli. Breivik, tuttavia, sostiene che il suo trattamento sia “disumano”. Le sue relazioni con il mondo esterno sono limitate il più possibile e non ha contatti con i suoi compagni di prigionia, non riceve quasi nessuna visita, tranne quella del suo avvocato o degli psichiatri, e la sua posta è strettamente controllata.



Breivik: “Il governo vuole spingermi al suicidio”

Breivik, il secondo giorno del processo, ha raccontato: “Sento che l’intenzione del governo è cercare di spingermi al suicidio”. “È possibile pronunciare una condanna all’ergastolo e, allo stesso tempo, interrompere ogni contatto umano durante l’esecuzione della pena?” ha chiesto il suo avvocato Oystein Storrvik, secondo cui il suo cliente ha “pensieri suicidari” e “soffre di depressione”. Secondo la psichiatra Janne Gudim Hermansen, che lo ha incontrato ventuno volte, non è così: la professionista dubita della loro “credibilità”. Per quanto riguarda i suoi tre tentativi di suicidio nel 2018, “questo non dà l’impressione che avesse un reale desiderio di morire” ha reagito la psicologa Inni Rein, come spiega il Daily Mail.



La Norvegia, che ha perso 77 persone il 22 luglio 2011, si chiede ora come comportarsi con la persona che ha commesso sul suo territorio il peggior omicidio dalla Seconda Guerra Mondiale. In nome di un’ideologia di estrema destra, l’uomo ha compiuto un terribile attentato: per il difensore dello Stato Andreas Hjetland, Breivik non è cambiato. “La sua ideologia rimane la stessa, la sua attitudine alla violenza senza limiti è evidente e la sua personalità rafforza ulteriormente tutti questi fattori”, ha sostenuto l’avvocato all’inizio del processo. Della stessa opinione sono i servizi segreti norvegesi (PST). In un rapporto presentato lunedì alla corte, si afferma che il terrorista resta pericoloso come nel 2011. Su richiesta delle famiglie delle vittime e dell’organizzazione giovanile AUF, la trasmissione televisiva delle udienze è stata vietata.