Il nuovo colore politico di Beppe Sala è ufficialmente il verde europeo. Ma la sua ricandidatura a sindaco di Milano è già anche un po’ arancione: come suggerisce l’instant book che ha appena confermato l’iscrizione al “partito di Sala” del predecessore Giuliano Pisapia. L’uno e l’altro votati a Palazzo Marino dal centrosinistra, cioè essenzialmente dal Pd: cioè da una miscela di bianco e di rosso, che di per sé tende al rosa. Senza dimenticare il giallo: il colore mediatico di M5s, deciso a non rinunciare al proprio ruolo di primo partito italiano in Parlamento, anche se storicamente poco rilevante nella capitale del Nord. Quante tonalità avrà, in campagna elettorale, il Sala 2? E quali saranno i riflessi dominanti? Ci sono rischi di inattesi effetti-patchwork?
Per il verde il fatto che il pantone politico italiano lo assegni alla Lega appare un problema minore: anche se non è di poco significato che l’Italia faccia eccezione all’Europa, dove green è consolidato sinonimo di ecologismo di governo (anzitutto in Germania e Austria). E forse non è casuale neppure che Milano, dopo la svolta green di Sala, assista a un proliferare di liste variamente ecologiste, non tutte palesemente in affiancamento di Sala. Segno (insidioso) che il nuovo brand del sindaco è tutt’altro che registrato. Né può essere considerato una coincidenza che sulle comunali di Milano mostri di affacciarsi, proprio in questi giorni, M5s.
Il partito “giallo” ha riportato tre anni fa una vittoria storica presentandosi come depositario italiano di ogni istanza ambientalista: anche se più di quelle antagoniste che di quelle oggi proprie della transizione-Pnrr. Il rapido declino elettorale dei grillini è sembrato mandare in frantumi anzitutto questa radice ecologista: la quale si collocava agli antipodi del Sala 1 e soprattutto del Sala 0 (il top manager dell’Expo 2015: dedicato alla sostenibilità alimentare, ma fatto di parecchio sviluppo urbanistico). E poi: è noto il rapporto di Sala con Beppe Grillo, ma è ancor più agli atti la quasi–incompatibilità fra Milano e il leader designato di M5s, l’ex premier Giuseppe Conte (praticamente mai affacciatosi sotto la Madonnina durante l’anno di pandemia). Chi parlerà per M5s sulle comunali di Milano? E cosa potrà dirsi con Sala?
Prima o poi anche il Pd dovrà pronunciarsi sulla candidatura. Pare scontato e in parte lo è, ma non del tutto. Sala è stato “adottato” dal centrosinistra milanese nel 2016, provenendo dal ruolo originario di city manager dell’amministrazione di centrodestra guidata da Letizia Moratti; e poi da quello di tecnocrate dell’Expo. Cinque anni dopo non solo Sala non ha in tasca la tessera Pd, ma si propone come il pioniere in Italia della forza politica più competitiva in Europa con la socialdemocrazia classica. I Verdi sono stati il partito che ha più eroso S&D all’europarlamento e che sta estromettendo la Spd dalla maggioranza di governo in Germania. Andrà tutto bene per Enrico Letta, alle prese con un “risiko dei grandi sindaci” problematico ovunque da Torino a Napoli passando per Bologna e Roma?
L’arancione Pisapia ha Benedetto Sala come suo erede legittimo. Ma era per l’appunto “arancione” l’attuale eurodeputato nelle file del Pd (eletto da indipendente: come leader di un “Campo democratico”più rosso che bianco). Ammiccava cromaticamente, Pisapia, al sindaco di Napoli Luigi de Magistris: magistrato d’assalto nel Sud (uscito con le insegne politiche di Italia dei Valori) laddove Pisapia è stato avvocato protagonista di Mani Pulite a Milano, uscendone in corsa come parlamentare di Rifondazione comunista. Il copione 2021 vede al momento Pisapia al fianco di Sala, ma la domanda resta: i suoi elettori “arancioni” del 2011 in autunno voteranno il “neo-verde” Sala?
In attesa che Sala pennelli visibilmente di rosa il suo arcobaleno (finora non sta accadendo, come non è accaduto nel Pd neolettiano), rimane da capire quale convinto appoggio riceverà Sala dal suo vero elettorato d’elezione: quello spregiato dagli avversari come “partito della Ztl”, a Milano comunque forte e decisivo. Nel 2016 non ha fatto mancare un appoggio importante a Sala, senza tuttavia concedergli una vittoria schiacciante contro Stefano Parisi (e anche Pisapia aveva vinto di misura contro Moratti). Oggi il composito establishment milanese appare “incolore”: “draghiano” nell’estrema attenzione alle strategie di uscita dalla crisi Covid. È probabile che questo pezzo di Milano continuerà a preferire Sala a ogni candidato “azzurro” privo di adeguato curriculum ambrosiano. Ma la prima mossa del sindaco è stata appunto quella di scegliere un colore preciso: verniciandosi di verde. E contando probabilmente sul fatto che le urne si apriranno a Milano sulla probabile scia di un successo green in Germania (forse coronato da una cancelleria rosa) e sulla – meno probabile – dissoluzione definitiva di M5s.
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